Alcuni dei Paesi che fanno parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite hanno deciso di non partecipare alla riunione sulla crisi in Venezuela. Secondo l’ambasciatore venezuelano all’Onu, Rafael Ramírez, erano assenti “Russia, Cina, Bolivia ed Egitto perché capiscono che il Venezuela non fa parte dell’agenda del Consiglio di sicurezza semplicemente perché non costituisce una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale”. Per Ramírez, ex ministro dell’Energia in Venezuela, la sessione è una “farsa” e una “manipolazione politica” orchestrata da Washington. Il governo americano, invece, ha accusato il Venezuela di violare i diritti umani nel Paese e ha emesso numerose sanzioni contro funzionari del governo venezuelano.
Eppure, Russia e Cina sono molto presenti in un altro tavolo: quello del finanziamento dell’economia venezuelana. Il governo di Vladimir Putin e quello di Xi Jinping hanno contribuito all’operazione di salvataggio del Venezuela, dopo l’annuncio del default per il mancato pagamento del debito, di circa 150 miliardi di dollari.
I PRESTITI DELL’AMICO PUTIN
La prima mossa per la ristrutturazione del debito venezuelano è arrivata oggi da Mosca. Il ministro delle Finanze russo, Sergei Storchak, ha confermato l’impegno di pagare circa 3,1 miliardi di dollari nei prossimi 10 anni a favore dell’alleato Nicolás Maduro. Secondo il New York Times, il viceministro russo delle Finanze, Anton Siluanov, ha annunciato il prestito di 3 miliardi di dollari dal Cremlino.
Il ministro dell’Economia venezuelano, Simón Zerpa, (incluso nella lista di sanzionati dagli Stati Uniti), ha ammesso che il capitale stanziato dalla Russia alla petrolifera statale Petróleos de Venezuela (Pdvsa) non era destinata al rifinanziamento del debito. Il Venezuela ha mancato il pago di circa 350 milioni di dollari da ottobre e il periodo di grazia scade questa settimana.
Risa Grais-Targow, analista di rischio di Eurasia Group, sostiene che “i venezuelani hanno cercato aiuto da per tutto e in questo momento la Russia è la fonte più viabile di finanziamento […] I venezuelani stanno facendo molta pressione sui russi”.
LA STRATEGIA GEOPOLITICA DI ROSNEFT
Questa è la terza volta in un anno che la Russia accetta di tendere una mano al Venezuela. Negli ultimi tre anni, all’economia venezuelana sono arrivati circa 10 miliardi di dollari da Mosca. Il finanziamento al governo di Maduro fa parte di una strategia internazionale della società statale petrolifera russa Rosneft per sostenere la politica estera del governo di Putin.
Rosneft sta per cambiare la sua partecipazione nell’impresa di commercializzazione e trasporto di greggio Citgo in cambio di giacimenti petroliferi venezuelani. La società russa sta cercando di aumentare gli investimenti in Cuba, Cina, Egitto e Vietnam. “L’uso della compagnia petrolifera come strumento geopolitico – si legge sul New York Times – ha dato alla Russia più spazio per operare in un momento nel quale le sanzioni occidentali pesano fortemente sull’economia”.
IL FINANZIAMENTO DI PECHINO
Un altro alleato economico di Maduro è lo Stato cinese. Il ministro degli Affari esteri della Cina, Geng Shuang, ha dichiarato che Pechino crede nella capacità del governo e del popolo venezuelano di “gestire adeguatamente i propri affari, anche il tema del debito”. Fino ad oggi Pechino ha prestato circa 23 miliardi di dollari al Venezuela; al contempo i due governi hanno firmato diversi accordi energetici per i prossimi 10 anni.
A giugno Caracas è diventata membro del Banco Asiatico di Investimento in Infrastruttura. L’organizzazione è stata creata con un investimento iniziale di 100 miliardi di dollari per fare da contrappeso al Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. L’obiettivo principale: assegnare prestiti a Paesi emergenti in settori chiavi come energia e infrastruttura.
DUBBI SUL PAGAMENTO PER EVITARE IL DEFAULT
“C’è una differenza gigante tra non pagare un debito e pagarlo tardi – spiega Luis Vicente León, presidente di Datanalisis -. Entrambi rappresentano una rottura delle condizioni previste, ma non si ipoteca per un pago che alla fine è stato fatto. La dichiarazione di default per ritardo difficilmente attiverà un’accelerazione del pagamento perché si anticiperebbe un default reale che potrebbe colpirli negativamente”.
Nonostante i prestiti russi e cinesi, altri analisti sono diffidenti che il Venezuela riesca a pagare 60 miliardi di titoli. Lo Stato venezuelano deve fare i conti con il debito pubblico, l’inflazione interna e gli investimenti della campagna elettorale per le municipali e le presidenziali del 2018.
Il presidente Maduro ha detto: “Hanno giocato pensando che il Venezuela si dichiari in default. Mai. Il default non arriverà mai in Venezuela. Il Venezuela sempre avrà una strategia chiara e adesso la nostra strategia è rinegoziare e rifinanziare tutto il debito […] Deve essere chiaro per agenti finanziari e creditori”.