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Perché secondo l’Osservatore Romano sul fine vita il Papa innova

Affannarsi a tener bordone alle strumentalizzazioni politiche spremute dalle parole che Papa Francesco ha consegnato al convegno ospitato in Vaticano sul fine-vita? Il netto del discorso di Jorge Mario Bergoglio va accolto per quello che è: non una pedissequa ripetizione del magistero, come qualcuno pretende (e confida); né una rivoluzione, come altri hanno voluto leggere utilizzando l’allocuzione pontificia a mo’ di grimaldello per scardinare portoni che Francesco tiene ben custoditi: il no all’eutanasia e al suicidio assistito. Eppure in quelle 1204 parole di bergogliano inchiostro ci sono, se non espressioni, accenti e sfumature che contengono novità nel solco del sempre ripetuto diniego cattolico all’accanimento terapeutico. E non son di poco conto. Ermeneutica novatrice certificata dall’Osservatore Romano. Che dopo una giornata di analisi e sensazioni, manda in pagina a metà pomeriggio del giorno dopo il punto della Santa Sede.

PARIGI VALE UN FINE VITA

Il quotidiano diretto da Giovanni Maria Vian dedica una spalla in prima a una cronaca-column di Ferdinando Cancelli. (Non l’apertura. Quella, a quattro colonne, è riservata ai cambiamenti climatici: Accordi di Parigi e urgenza di chiudere col carbone sono in primo piano).

Per il medico palliativista (qui) il messaggio di Francesco è “fresco”; “portatore di un soffio nuovo”. Ne mappa i confini: “Mai prima d’ora con questa chiarezza un Pontefice aveva affermato quanto oggi abbiamo udito”. La novella la riassume così: “La persona malata riveste un ruolo principale”. Cancelli dettaglia gli al di là del Papa: “Spingendosi ancora oltre Francesco dice chiaramente che la rinuncia a un trattamento è doverosa se tale proporzionalità (delle cure, ndr) dovesse mancare”.

OSSERVATORE E AVVENIRE

Fatta l’anamnesi, il professore offre ai lettori cardinali, vescovi e religiosi – primi abbonati dell’Osservatore Romano – un esempio concreto. Lo fa entrando nel dibattito seguito in questi giorni con particolare attenzione dal quotidiano dei vescovi italiani, Avvenire (qui, qui e qui): “Se un paziente affetto da sclerosi laterale amiotrofica deciderà, una volta scrupolosamente informato delle conseguenze, di non accettare la tracheostomia in caso di crisi respiratoria, tale rifiuto non dovrà essere interpretato come un’eutanasia ma come una rinuncia a un trattamento da lui vissuto come straordinario e quindi come accanimento terapeutico”.

SUI TORNANTI DEL DISCERNIMENTO

Papa Francesco, sembra intendere leggendo Cancelli, offre la terapia. Quando, “facendosi vicino ai pazienti e ai medici, termina (il suo messaggio, ndr) ricordando ‘il comandamento supremo della prossimità responsabile’ e l’imperativo di non abbandonare mai il malato sottraendosi alla relazione di cura ma sempre accompagnandolo sino alla fine. Soltanto insieme, sembra suggerire, si troverà la strada migliore”.

Quale strada sia la migliore, l’ignaziano “discernimento” rimane lo strumento consegnato dal Papa in persona. Qui e non da oggi. Parola chiave che per alcuni potrebbe aprire serrature, nonostante Francesco le tenga ben incatenate. Su questo e su altri temi non negoziabili, come gender e matrimonio omosessuale. Un’infilata di no. Ma è chiavistello che la politica italiana, stando all’affrettarsi delle ultime ore tra favorevoli e contrari al ddl fermo al Senato sul biotestamento, pare avere una certa ansia di manovrare.

IL DUBIUM DI DON CAMILLO

Di non meno interesse è un articolo interno dell’Osservatore uscito venerdì pomeriggio. Una rassegna su come il messaggio del Papa sul fine vita è stato raccontato dai media. Il disagio verso una narrazione normalista lo si percepisce quando si definisce il commento del Foglio “lapidario”, perché reo di scrivere che “nel discorso di Bergoglio c’è solo la ripetizione della dottrina della Chiesa così com’è sempre stata”. Cioè le fonti utilizzate da Francesco: Pio XII, Dottrina della fede e Catechismo. Per il giornale della Santa Sede, evidentemente così, solamente, non è. E pazienza per il cardinale Camillo Ruini, già presidente della Cei e guerriero culturale della stagione wojtyliana e ratzingeriana dei principi non negoziabili finiti fuori dal vocabolario ecclesiale, che in una intervista oggi in edicola, concessa a Matteo Matzuzzi per quel giornale, conferma l’analisi. Punto punto.

“IL QUALCOSA DI DIVERSO” SECONDO SCARAFFIA

Grande spazio viene invece dedicato a una collaboratrice storica dell’Osservatore, quando commenta che se nelle parole del Papa non c’è una rivoluzione “qualcosa di diverso indubbiamente c’è”. Lucetta Scaraffia ha affidato la sua analisi a un blog dell’Huffington Post: “Il malato è al centro”. Il virgolettato è titolazione dell’Huffington che l’Osservatore fa propria. Ecco come il quotidiano d’Oltretevere incornicia le frasi clou di Scaraffia: “Se è vero che, in linea con la morale cattolica, nel messaggio ‘la condanna dell’eutanasia è netta’ ed è ribadito con forza ‘il dovere della cura da attuarsi anche attraverso la medicina palliativa’, è anche vero che ‘l’opposizione all’accanimento è espressa con la stessa forza della condanna dell’eutanasia’”.

“E soprattutto è vero – sottolinea l’Osservatore riportando Scaraffia che rispetto al passato cambia il modo in cui il Pontefice parla di certi temi: ‘La forma del suo discorso meno fredda, assertiva, ma più pietosa, più vicina alla sofferenza umana’”.

Un “atteggiamento di apertura, di attenzione, di dialogo” sottolineato a più riprese dal giornale della Santa Sede nel modo in cui i media hanno riportato e commentato il messaggio del Papa.

“CAMBI DI PASSO” E “UMORI DEL POPOLO”

Nella rassegna del giornale vaticano, spicca un intellettuale di riferimento come Alberto Melloni, della Scuola di Bologna, riferito quando su Repubblica nota che nonostante gli interventi dei pontefici, da Pio XII in poi, “Francesco ha segnato un cambio di passo e ha posto il problema del vivere la morte come un diritto morale”. Scuotendo i commenti al setaccio, L’Osservatore riporta tra gli altri quello di Franco Garelli che sul Messaggero sottolinea che, pur nella continuità con il passato, nelle parole del Papa si evidenzia la “conoscenza profonda” degli “umori del suo popolo”. E di Massimo Introvigne che sul Mattino evidenzia: “La Chiesa di Papa Francesco non comunica solo attraverso le enunciazioni dottrinali, ma anche attraverso le indicazioni pastorali, i toni e le sfumature”. E in questa occasione – asserisce il sociologo – “è cambiato il tono”. Riportato con ampiezza il giudizio di Adriano Pessina. Intervistato da La Stampa, afferma: “L’evoluzione del Papa è quella di superare la grammatica della cura fatta di consenso, protocolli, linee, per porre l’attenzione sulla relazione medico-paziente”.

FORTEZZE E DESERTI DEI PRINCIPI NON NEGOZIABILI

Conclude il quotidiano vaticano: “La sensazione, quasi ovunque registrata, è che, come ha scritto Scaraffia, ‘il Papa sia più interessato al bene degli esseri umani sofferenti che a fissare dei confini, a stabilire delle regole, a contrapporsi a dei nemici’”.

Scrive sul suo blog il vaticanista emerito del Corriere della Sera Luigi Accattoli di un paio di novità di accento del discorso di Francesco. Una germoglia nella “ricerca, in contesto democratico, di soluzioni legislative ‘il più possibile condivise’…”. Quando negli ultimi decenni “abbiamo avuto una progressiva accentuazione del conflitto su questa materia”, “il documento potrebbe aiutare a una bonifica di questo territorio da quella dannosa spirale, almeno per quanto riguarda gli aspetti ideologici”. Non meno esplicito Andrea Tornielli, coordinatore di Vatican Insider, accreditato tra i vaticanisti più vicini a Santa Marta: “Le agende aperturiste imposte a suon di colonizzazioni ideologiche (con le loro sponde mediatiche) hanno finito per provocare reazioni talvolta scomposte e persino parossistiche”. Così che le le parole del Papa “possono contribuire a riequilibrare la situazione e a favorire spazi di confronto, come pure a riscoprire pagine del magistero messe un po’ in ombra”.

I RIFERIMENTI DI FRANCESCO

Le pagine di magistero citate da Francesco sono un discorso di Pio XII a medici e rianimatori del 1957, una Dichiarazione sull’eutanasia della Congregazione per la dottrina della fede del 1980 e il Catechismo della Chiesa Cattolica (1992-1997).

“NON PARLIAMO DI SPINE DA STACCARE”.
LA NUOVA LINGUA DI MONSIGNOR PAGLIA

Aprendo giovedì il convegno della World Medical Association in Vaticano, l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita, ha detto, tra l’altro dell’imprescindibilità di cambiare linguaggio:

“Espressioni come ‘sospendere i trattamenti’, peggio ancora ‘staccare la spina’, potrebbero essere superate in favore di termini più capaci di indicare che le ‘cure continuano’, adottando protocolli sostenibili e trattamenti non inutilmente invasivi, modulando gli atti di cura secondo le effettive esigenze della persona e le fasi concrete del decorso della sua malattia”.

Non è mancato chi, nei giorni precedenti il convegno di un’associazione che si schiera formalmente contro l’eutanasia ha, tra i suoi membri e invitati a discorrerne in Vaticano, posizioni non in dissidio con lo “staccare la spina” quando medicalmente ritenuto inevitabile.

IN BELGIO LA SPINA NON SI STACCA. NEGLI OSPEDALI CATTOLICI SI FA L’INIEZIONE

Altri si sono interrogati sul perché Francesco abbia puntato il suo messaggio sull’accanimento terapeutico, in un momento storico dove le richiesta di eutanasia-suicidio assistito sono sempre più pressanti. Il Papa è informato che tali questioni sono arrivate ad interessare istituti di fondazione cattolica, come è il caso dei laici che gestiscono le strutture sanitarie dei religiosi Fratelli della carità in Belgio, decisi a somministrare l’eutanasia a pazienti psichiatrici non terminali, nonostante il forte richiamo a retrocedere della Santa Sede (qui e qui). È punta di un iceberg che conosce, in Belgio e altrove, uno spirito del tempo sempre più aperto a soluzioni di questo tipo. Senza troppo discernimento. Malgrado Francesco.

IL NODO DELLE CURE PALLIATIVE

Quando in Italia non si assopisce il dibattito sul fine vita, biotestamento e Dat, tornando ai documenti del Papa un punto pressante per la Chiesa è quello sulle cure palliative. Quanto e come utilizzare analgesici per lenire il dolore, anche quando questo comporti un calo di lucidità del paziente, fino ad abbreviarne l’aspettativa di vita. La Chiesa da decenni ha chiarito che è lecito “l’uso dei medicinali … anche se ne possano derivare come effetti secondari torpore o minore lucidità”.

COSA DICEVA PIO XII NEL 1957

È interrogativo quotidiano e tradotto in protocolli negli hospice italiani. Mentre incalza l’emergenza eutanasia, il dibattito sulle cure palliative è archiviabile? Scriveva la Dottrina della fede nel 1980 che

“gli analgesici che producono negli ammalati la perdita della coscienza, meritano una particolare considerazione. È molto importante che gli uomini non solo possano soddisfare ai loro doveri morali e alle loro obbligazioni familiari, ma anche e soprattutto che possano prepararsi con piena coscienza all’incontro con il Cristo. Perciò Pio XII ammonisce che ‘non è lecito privare il moribondo della coscienza di sé senza grave motivo’”.

Nel 1957 a Pacelli i medici chiesero: “La soppressione del dolore e della coscienza per mezzo dei narcotici è permessa dalla religione e dalla morale al medico e al paziente (anche all’avvicinarsi della morte e se si prevede che l’uso dei narcotici abbrevierà la vita)?”. Il Papa rispose:

“Se non esistono altri mezzi e se, nelle date circostanze, ciò non impedisce l’adempimento di altri doveri religiosi e morali: Sì”. Un passaggio che Francesco nel 2017, pur citando Pio XII non ha ritenuto di riattualizzarlo per intero. Ma il suo discorso sul fine vita ha subito avuto un’appendice.

INTANTO BERGOGLIO A SANTA MARTA TORNA SULLE COSE ULTIME

Francesco, il giorno seguente al suo messaggio sul fine vita, è tornato nell’omelia mattutina a Santa Marta a parlare di “cose ultime”. Ha ricordato che “pensare alla morte ci fa bene”. Che occorre ricordare che “Ci sarà un giorno che tu sarai tolto… Ma questo è andare col Signore”.

“Pensare alla morte – ha scandito – non è una fantasia brutta, è una realtà. Se è brutta o non brutta dipende da me, come io la penso, ma che ci sarà, ci sarà. E lì sarà l’incontro col Signore, questo sarà il bello della morte, sarà l’incontro col Signore, sarà Lui a venire incontro, sarà Lui a dire: Vieni, vieni, benedetto da mio Padre, vieni con me” .

PAPALE PAPALE: “BRAVO IL MEDICO CHE ACCOMPAGNA IL MALATO ALLA FINE”

Quindi Francesco ha aggiunto che è bravo quel medico” che accompagna il malato fino alla fine.

Lo ha spiegato così: “L’altro giorno ho trovato un sacerdote, 65enne più o meno, e aveva qualcosa non buona, non si sentiva bene… È andato dal dottore e ha detto: Ma guardi – dopo la visita – lei ha questo, questa è una cosa brutta, ma forse stiamo in tempo di fermarla, faremo questo, se non si ferma faremo quest’altra e se non si ferma incominceremo a camminare e io la accompagnerò fino alla fine”. E ha concluso: “Bravo quel medico”.

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