A poche ore di distanza dall’accordo tra il premier britannico Theresa May e il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker sull’uscita di Londra dall’Unione europea, Formiche.net ha chiesto un commento allo storico ed economista Giulio Sapelli. Che, nella sua analisi, è partito dalla situazione interna al Regno Unito: “Questa vicenda conferma una mia teoria: le questioni di ordine mondiale scaturiscono da problemi interni ai singoli Stati e solo in un secondo momento si trasferiscono nell’agone internazionale. Questo capita oggi tra Regno Unito e Ue, dove il nodo cruciale è l’Irlanda. Sia Bruxelles che Dublino avvertono il problema della permanenza di Belfast nel mercato unico e nel confine doganale. In sostanza, l’Irlanda del Nord sarebbe una parte del Regno Unito che manterrebbe con l’Ue rapporti diversi rispetto alla madrepatria. Senza contare che i Tories sono alleati con il partito unionista protestante nord-irlandese, una destra integralista che vorrebbe allontanarsi da Londra”.
Per l’Inghilterra si apre ora una fase che non si annuncia per niente facile: “Con l’accordo del ’98 – ha spiegato ancora Sapelli – l’Ue aveva evitato e sanato un problema interno molto grave. Adesso bisognerebbe riscrivere l’accordo del ’98. E l’Irlanda del Nord dovrebbe fare un passo un passo indietro”. C’è poi qualche rischio per la stabilità politica interna: “Il Regno Unito ha un governo piuttosto debole che ha già avuto due defezioni. Una situazione del genere in Germania o in Spagna o in Belgio peserebbe di meno visto che c’è il pilota automatico dell’Unione europea ma qui l’esito può essere ben diverso”.
Per quanto riguarda invece l’aspetto economico della vicenda, con la Brexit per Bruxelles non cambia nulla, ha affermato il professore, mentre “se Londra non riesce a dar vita alla famosa ‘anglosfera’ con Stati Uniti e Cina, allora rischia una marginalizzazione piuttosto rilevante”. Il punto è che “la Brexit era scritta nella storia: la presenza del Regno Unito nell’Unione europea era anomala e anzi l’ingresso di Londra nell’Ue non ha fatto altro che accelerare il declino del ciclo dell’egemonia economica britannica, iniziato con la crisi di Suez nel 1956”.