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Cosa cambierà per le Pmi con la riforma della crisi d’impresa

impresa, governo, femminicidio

L’approvazione della Delega al governo per la riforma delle discipline della crisi d’impresa e dell’insolvenza – ha mutato sensibilmente l’assetto ordinamentale storico delle tradizionali procedure di fallimento, concordato preventivo e liquidazioni coatte amministrative, e del più recente sovraindebitamento, rivedendo in chiave unitaria il sistema e pur senza un raccordo più organico con le amministrazioni straordinarie. Da un interessante studio della CGIA di Mestre però risulta che sono circa 133.000 le società a responsabilità limitata (Srl) presenti in Italia che dovranno dotarsi di un organo di controllo collegiale o, in alternativa, di un revisore legale dei conti, un nuovo adempimento, che costerà a queste piccole imprese almeno mezzo miliardo di euro l’anno. E ovviamente a ridosso della fine legislatura e dei provvedimenti finanziari in corso le preoccupazioni aumentano e non di poco per l’assetto economico delle imprese e del sistema.

Dopo aver deciso di rinviare di un anno sia l’entrata in vigore dell’Iri, vale a dire la nuova imposta che avrebbe consentito alle società in nome collettivo di beneficiare di un’aliquota sui redditi del 24 per cento, sia l’abolizione degli studi di settore, questo nuovo balzello mediamente, costerà a ciascuna impresa interessata almeno 3.500 euro circa ogni anno. Invece di migliorare i bilanci delle piccole imprese attraverso la diminuzione delle tasse, della burocrazia inutile e dannosa o facilitando il ricorso al credito, il legislatore, ha deciso di farlo “affiancando” alle Pmi un tutor che, di certo, appesantirà i costi aziendali. Ovviamente in attesa che vengano emanati i decreti legislativi di attuazione della Legge delega, riflettiamo su come cambieranno gli adempimenti.

Con la vecchia normativa, in una Srl la nomina dell’organo collegiale di controllo o del revisore dei conti non era sempre obbligatoria. Lo diventava quando era prevista dallo statuto, oppure se si verificavano alcune condizioni. Il vincolo di nomina, ad esempio, scattava nel caso si fossero superati per 2 esercizi consecutivi almeno 2 dei seguenti limiti: quando il totale dell’attivo patrimoniale saliva sopra i 4,4 milioni di euro; allorché i ricavi delle vendite e delle prestazioni superavano gli 8,8 milioni di euro e quando la Srl aveva un numero di dipendenti superiore alle 50 unità. Ora, con la nuova legge delega, si è stabilito che basta il superamento per 2 esercizi di una sola delle 3 soglie; quelle di natura finanziaria, inoltre, sono state abbassate entrambe a 2 milioni di euro e le Srl interessate, invece, saranno tutte quelle con più di 10 addetti.

Con la nuova disposizione di legge, quindi, le piccole imprese a responsabilità limitata comprese tra 10 e 50 addetti, sono costrette a nominare il collegio o il revisore dei conti accollandosi un costo aggiuntivo di circa mezzo miliardo di euro l’anno. Invece per l’asse portante del sistema Italia, oltre a ridurre il peso delle tasse è indispensabile, in particolar modo per le micro imprese, diminuire anche il numero di adempimenti fiscali che, invece, continua ad aumentare e costituisce un grosso problema per moltissime attività. Non dobbiamo dimenticare che i più penalizzati da questa situazione, così come avviene per le tasse, sono le piccole e piccolissime imprese che, a differenza delle realtà più grandi, non dispongono di una struttura amministrativa in grado di farsi carico autonomamente di tutte queste incombenze.

In generale, il carico fiscale sulle imprese italiane non ha eguali nel resto d’Europa quando misuriamo l’incidenza percentuale delle tasse pagate dalle aziende sul gettito fiscale totale. Se da noi la percentuale è del 14,9, in Irlanda è del 14,8, in Belgio del 12,9, nei Paesi Bassi del 12,7, in Spagna dell’11,8, in Germania e in Austria dell’11,6. La media dell’Unione europea è pari all’11,5 per cento. L’incidenza percentuale delle tasse pagate dalle imprese sul totale del gettito fiscale è un indicatore che aiuta a comprendere l’elevato livello di tassazione a cui sono sottoposte le aziende e c’è da dire che è sottostimata la nostra percentuale in quanto il sistema di tassazione italiano ha una serie di voci (contributi previdenziali, l’Imu/Tasi, il tributo sulla pubblicità, le tasse sulle auto aziendali, le accise, i diritti camerali, etc.,) che sono esclusi dall’analisi comparativa dei dati Eurostat.

Per sostenere le piccole e medie aziende vanno incentivate alcune particolari misure economiche per far ripartire con forza la domanda interna anche per aumentare il numero degli occupati e lasciare a questi ultimi più risorse in tasca. Vista la scarsa disponibilità di liquidità delle imprese, nel prossimo futuro sarà sempre più difficile erogare importanti aumenti di stipendio attraverso i rinnovi contrattuali ed quindi indispensabile incentivare la diffusione del welfare aziendale come forma di beneficio economico anche attraverso una diffusione del sistema di bilateralità sul quale il governo aveva fatto promesse poi non mantenute.


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