Gli Stati Uniti stanno lavorando per modificare il regime internazionale che, ad ora, pone dei forti limiti all’export di droni militari. L’obiettivo è di permettere all’industria Usa una penetrazione nei mercati più attrattivi, soprattutto quello mediorientale.
I LIMITI DELL’MTCR
La notizia arriva da DefenseNews, mentre il framework di riferimento è quello offerto dal Regime di controllo delle tecnologie missilistiche (Mtcr), che quest’anno festeggia i suoi trent’anni e a cui aderiscono ben 35 Paesi. L’Mtcr prevede forti limiti alle esportazioni per tutti i vettori completi capaci di trasportare una payload di almeno 500 kg per almeno 300 km, e per i loro maggiori sottosistemi. Per tale Categoria (la 1), si prevede il regime più stringente che vieta esportazioni di sistemi di produzione e riduce al minimo la possibilità di export per i prodotti. Il problema è che nella categoria suddetta, oltre a razzi, missili balistici e missili da crociera, rientrano anche i veicoli aerei senza equipaggio, meglio conosciuti come Uav o droni.
LA PROPOSTA DEGLI USA
La proposta che gli Stati Uniti avrebbero avanzato è di modificare le disposizioni affinché i droni possano passare nella Categoria 2, quella che include le tecnologie a più bassa sensibilità, componenti minori, dual-use, e altri sistemi di lancio con capacità di carico inferiori, per cui i limiti imposti dall’Mtcr sono più blandi. Per far questo, gli Usa hanno proposto l’introduzione di un correttivo che prevede il passaggio alla seconda categoria per i veicoli aerei che viaggiano a una velocità inferiore ai 650 Km/h, attraverso un’approvazione caso per caso. Ciò faciliterebbe senza dubbio l’export di sistemi su cui fin’ora pesano importanti vincoli.
IL PARERE DEGLI ESPERTI
“Disciplinare i droni come i missili è fondamentalmente incoerente. Riflette una visione tecnologica degli anni 80”, ha commentato Michael Horowitz, esperto dell’Università della Pennsylvania e già funzionario del Pentagono. “Creare una definizione sulla velocità – ha aggiunto – aiuta ad aggirare il problema: è un buona soluzione pratica”. Secondo Paola Sartori, junior research dell’Istituto affari internazionali (Iai), “i droni costituiscono un’interessante sfida per l’Mtcr, perché alla luce dei notevoli sviluppi nel segmento dei velivoli a pilotaggio remoto emerge chiaramente una discrepanza tra realtà tecnologica e normativa. Controllare le esportazioni di Uav adottando gli stessi criteri applicati ai missili balistici non sembra più sostenibile”. Basti considerare – ha spiegato la ricercatrice nel numero speciale che Airpress ha dedicato ai trent’anni dell’Mtcr – che secondo alcune stime di autorevoli esperti, ad oggi, più di 30 nazioni hanno già sviluppato o sono in procinto di sviluppare Uav armati, e almeno 90 nazioni, così come alcuni attori non statali, dispongono già di Uav non armati”. In effetti, ha aggiunto Sartori, “mentre inizialmente gli Uav erano predisposti per compiere una sola missione, oggi invece sono in grado di effettuarne diverse e sempre più sofisticate, non solo in ambito militare, ma altresì in campo civile e della sicurezza in senso lato, come ad esempio la sorveglianza dei confini, la ricerca e soccorso, la protezione delle infrastrutture critiche, ecc.”.
I SISTEMI
Per gli Usa, la modifica del Regime di controllo consentirebbe una più facile esportazione di sistemi come l’MQ-1 Predator, o l’MQ-9 Reaper di General Atomics che, secondo l’Usaf, volano a una velocità di crociera di 370 Km/h. Lo stesso vale per l’RQ-4 Global Hawk di Northrop Grumman la cui velocità di crociera arriverebbe a 575 Km/h. Resterebbero invece fuori gli Uav forse più avanzati tecnologicamente, capaci di viaggiare a velocità quasi supersoniche. Tra di essi il Phantom Ray di Boeing, ancora in fase di sviluppo. Ad ogni modo, dopo la recente vendita degli Wing Loong cinesi (Pechino è fuori dall’Mtcr) all’Arabia Saudita, è facile intuire che dietro la proposta statunitense ci siano le pressioni dell’industria Usa, intenzionata a non perdere una fetta di mercato in rapida espansione, soprattutto in Medio Oriente.
UNA SECONDA OPZIONE
Certamente, la modifica delle regole dell’Mtcr richiede l’unanimità da parte dei 35 Paesi aderenti. Sarà difficile da ottenere, ha spiegato Horowitz a DefenseNews, soprattutto per il veto che potrebbe arrivare dalla Russia, tutt’altro che disposta ad accettare nuove opportunità per l’export militare americano. Come ultima possibilità, ha spiegato l’esperto, gli Stati Uniti potrebbero comunque decidere di procedere autonomamente. L’Mtcr, infatti, non è giuridicamente vincolante (poiché basato su Guidelines) eccetto per il divieto effettivo, espresso chiaramente e frutto della volontaria adesione degli Stati, sull’export degli impianti di produzione (e non dei prodotti) per i vettori e le tecnologie indicate nella Categoria 1.