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Così la linea europea sugli Npl sta affossando (inutilmente) le banche italiane. La denuncia della Cisl

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Non è colpa del costo del lavoro: a bruciare la redditività delle banche italiane sono le rettifiche sui crediti e per questo serve una gestione paziente dei prestiti deteriorati, evitando le forti svalutazioni imposte dai regolatori europei. È quanto sostiene First Cisl, fra i primi sindacati del settore del credito e assicurativo, che ha elaborato un’analisi reddituale al 30 settembre 2017 dei primi cinque istituti italiani, ovvero Unicredit, Intesa Sanpaolo, Montepaschi, Banco Bpm e Ubi. Dai dati esaminati, che non tengono conto delle operazioni relative alle bridge bank incorporate da Ubi e alle ex venete assorbite da Intesa, emerge che agli 8,2 miliardi di utile netto delle “big five” hanno dato un grande contributo i 14,4 miliardi di commissioni nette e il calo – pari a 527 milioni – del costo del personale. La zavorra è invece rappresentata dagli oltre 10,1 miliardi di rettifiche su crediti, scese del 3,4 % rispetto a un anno prima, ma ancora pari al 70% delle commissioni nette e al 59% degli interessi netti.

IL COMMENTO DI FIRST CISL

“Finiamola, una volta per tutte, di dire che il costo del lavoro è un peso per il sistema bancario. Insieme, le commissioni nette che provengono dall’attività quotidiana dei lavoratori e i minori costi derivanti dal taglio di posti di lavoro ammontano a quasi il doppio dell’utile netto delle prime cinque banche” commenta il segretario generale Giulio Romani che torna sul problema della gestione dei crediti deteriorati: “Il vero peso sono le enormi svalutazioni pretese dai regolatori europei, col risultato che continuiamo a svendere npl (non performing loans, ndr) che potrebbero invece essere recuperati attraverso una loro gestione paziente, ritornando a dare reddito”.

Il responsabile dell’ufficio studi di First Cisl, Riccardo Colombani, scende nel dettaglio: “Agli 8 miliardi di utile realizzati dai cinque maggiori gruppi bancari italiani dei primi nove mesi del 2017 hanno dato un enorme contributo i 14,4 miliardi di commissione nette, che sono strettamente correlate al fattore lavoro. Il risultato beneficia poi dei 527 milioni di calo del costo del personale a fronte di una riduzione di ben 7.786 addetti nelle sole big five, senza contare i tagli nelle banche acquisite da Ubi e da Intesa. Quanto al costo del lavoro, il dato dei primi cinque gruppi è di 12,6 miliardi, che si confrontano con un margine di intermediazione di 36,3 miliardi. A bruciare redditività – sottolinea Colombani – sono i 10,1 miliardi di rettifiche su crediti, non molto sotto ai 10,5 miliardi dei primi 9 mesi del 2016. Se gli npl fossero destinati alla gestione in house da parte di personale specializzato – è la ricetta proposta già un anno fa dal sindacato -, invece che alla vendita più o meno obbligata, e gli accantonamenti potessero essere effettuati tenendo conto dei recuperi realizzati, gli utili tornerebbero a crescere, generando occupazione e sviluppo economico”.

L’ANALISI NEL DETTAGLIO

Andando a esaminare le tabelle fornite dalla sigla di Via Po, si nota che poco più di 14,4 miliardi di commissioni nette messi a segno fra gennaio e settembre 2017 sono appannaggio soprattutto dei primi due gruppi, Unicredit e Intesa (in totale quasi 10,7 miliardi). Seguono Banco Bpm (1,4 miliardi), Mps (1,2 miliardi) e Ubi (oltre 1 miliardo). Stessa situazione per quanto riguarda l’utile netto che a settembre dello scorso anno arriva a 8,2 miliardi, in crescita di 5,6 miliardi (+216,6% ) rispetto allo stesso mese del 2016: anche qui la parte del leone la fanno Unicredit (quasi 5 miliardi) e Intesa (6 miliardi), cui si aggiungono Ubi (208 milioni) e Banco Bpm (45 milioni). Sulla cifra totale influisce pure la perdita di quasi 3 miliardi di Montepaschi.

Per quanto riguarda il costo del lavoro, quello relativo al personale scende di 527 milioni e si attesta a quota 12,6 miliardi con Unicredit e Banco Bpm che arrivano a risparmiare nel complesso 469 milioni. In un anno sono 7.786 i lavoratori in meno nelle prime cinque banche italiane che scendono a quota 248.535, di cui quasi 183 mila in Unicredit e Intesa Sanpaolo. Diminuisce anche il risultato di gestione, a settembre 2017 pari a 15,6 miliardi, ovvero -244 milioni rispetto a un anno prima. Anche in questo caso Unicredit e Intesa (entrambe con oltre 6,2 miliardi) guidano saldamente la classifica chiusa da Ubi con 781 milioni.

A fare da contraltare, come si diceva, la mole di rettifiche su crediti che, pure in calo di 355 milioni (-3,4%) rispetto a settembre 2016, pure rappresentano ancora una bella cifra: oltre 10,1 miliardi. Di questi più di 4,7 miliardi appartengono a Mps e 2 miliardi a Intesa. Seguono Unicredit (1,8 miliardi), Banco Bpm (988 milioni) e Ubi (454 milioni).

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