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Moscovici, il Cavaliere bianco e i danzatori sul Titanic

Di Alberto Castelvecchi
Draghi, bce, fintech, Mario Draghi

Ci risiamo. Dall’Europa qualcuno torna ad invitare l’Italia a “fare i compiti”, ovvero a non sforare i margini di deficit concordati in sede internazionale. E dall’Italia si leva un coro di proteste. È abbastanza curioso: i leader politici italiani, di solito rancorosi e disuniti su tutto, sembrano improvvisamente coesi e si stringono “a coorte” per difendere il patrio suolo dalle ingerenze elettorali straniere. Quella di Moscovici è un’ingerenza indebita? Nella forma, sì. È qualcosa di più di una orrenda, mefitica esternazione. È un misto indigesto di “cavoletti di Bruxelles”, crauti acidi in salsa di senape tedeschi e fonduta di cacio puzzone francese. Ma nella sostanza, no: non si può dire che Moscovici abbia tutti i torti. Da tempo a Francoforte e a Bruxelles l’Italia è il sorvegliato speciale. E in queste settimane anche i più autorevoli commentatori italiani segnalano che tutte le proposte economiche che abbiamo sentito in questi giorni da Di Maio, Salvini, Berlusconi, Grasso, Renzi, Meloni e chi più ne ha, sono assolutamente prive di margini di copertura, e minacciano di compromettere il nostro debito pubblico, che già di suo ha raggiunto dimensioni monstre. In altre parole, le misure economiche ventilate dai candidati in lizza, passate al vaglio della credibilità internazionale, sono fuffa. E con questa verità dovremo fare i conti molto presto, non appena in Germania ci sarà un governo in grado di operare “full force” (presumibilmente da aprile in poi).

E le parole di Pierre Moscovici (nella foto) andrebbero anche contestualizzate. Le elezioni italiane sono un rischio, dice in sostanza il commissario, perché si inseriscono in un “combinato disposto” dove pesano molto le tensioni autonomiste (Catalogna) e la faticosa vischiosità delle trattative per formare il governo in Germania. Tra le righe Moscovici sembra dire: di tutte le maggiori economie europee, solo quella francese può in questo momento godere di una direzione certa, perché il sistema elettorale che ha portato al potere Emmanuel Macron garantisce molta più governabilità di quello tedesco o di quello italiano. E questo, ahimè, è un altro punto incontrovertibile, una spina nel materasso che turba i sonni di tutti gli europei, a partire da Angela Merkel.

Ma, invece di perdere tempo con le polemiche su Moscovici, se si vuole davvero capire come ci vedono  in Europa, e come si muovano i grandi interessi economico-bancari, più precisi di un orologio atomico nel colpire l’Italia, consiglio a tutti di leggersi il libro di Roberto Napoletano, Il cigno nero e il cavaliere bianco (La Nave di Teseo). Scritto straordinariamente bene, bello come un grande romanzo collettivo, avvincente come un thriller e (ahimè) preciso come un dossier di Bankitalia. Dove si mostra, in sostanza:

a) che i nodi dell’economia italiana non sono più rinviabili
b) che se non fosse per (San) Mario Draghi – il Cavaliere Bianco – da tempo il Cigno Nero dei poteri forti europei si sarebbe mangiato sul pane il combinato disposto della allegra brigata italiana, da Renzi a Berlusconi a Salvini a Di Maio.
c) che le mani della speculazione internazionale e della guerra economica colpiscono sempre con precisione chirurgica il nostro Paese in tempi e modi prevedibili: quindi, annunci come quello di Moscovici potebbero rappresentare il primo battito di ali del prossimo Cigno Nero, ovvero della prossima crisi finanziaria italiana
d) che l’autolesionismo e l’irresponsabilità della nostra classe dirigente sta stringendo intorno al collo degli italiani un cappio che, prima o poi, qualcuno da Bruxelles o da Francoforte si deciderà a tirare.

In conclusione: noi italiani facciamo benissimo a incazzarci per le uscite intempestive di Pierre Moscovici. Ma nel contempo, come allegri danzatori sulla tolda del Titanic, stiamo andando a votare un concerto di candidati che, più compatti del fiscal compact, come un sol uomo promettono di aggravare il nostro debito pubblico. E se leggete il libro di Napoletano ne trarrete, credo, la seguente amara conclusione: il crac del sistema non è scongiurato, ma solo rinviato a data certa: ottobre 2019, mese in cui terminerà il mandato del Governatore Mario Draghi alla BCE.

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