Oggi la Verkhovna Rada, il parlamento ucraino, ha approvato una legge “sul ripristino della sovranità statale dell’Ucraina sul territorio temporaneamente occupato delle regioni dell’Ucraina di Donetsk e Lugansk”, le province orientali in cui dal 2014 sono in corso i combattimenti con i separatisti sostenuti da Mosca. Il provvedimento, che definisce la Russia un paese “aggressore”, è passato con 280 voti a favore su un totale di 450 seggi presenti nella Camera.
La legge non fa alcuna menzione degli accordi di Minsk, presi nel 2015 sotto la regia di Russia, Germania e Francia, e delle conseguenti disposizioni che prevedevano che lo Stato ucraino varasse uno statuto di autonomia per le regioni separatiste e un’amnistia per i combattenti ribelli.
Esulta il presidente ucraino Petro Poroshenko, che definisce il voto “un segnale per il Donbass e la Crimea: siete una parte inseparabile dell’Ucraina”. Poroshenko ha anche sottolineato che “continueremo a seguire la strada della reintegrazione delle terre ucraine occupate attraverso passi politici e diplomatici”.
Sul piede di guerra invece Mosca, il cui ministero degli esteri ha rilasciato una dichiarazione nella quale afferma che la mossa del parlamento ucraino equivale alla “preparazione di una nuova guerra”. La legge approvata oggi, prosegue la dichiarazione, “rischia una pericolosa escalation in Ucraina con conseguenze imprevedibili per la pace mondiale e la sicurezza”. Secondo il ministero, “Kiev sta seppellendo gli accordi raggiunti a Minsk e l’intero meccanismo a disposizione per la ricerca di soluzioni mutualmente accettabili alla crisi interna ucraina”.
Durissime le parole dell’inviato speciale russo al gruppo di contatto per la risoluzione
della situazione in Ucraina, Boris Gryzlov, per il quale gli Stati Uniti avrebbero dato luce verde alla risoluzione della crisi nel Donbass con “l’uso della forza” e non con “i metodi politici”. Anziché “normalizzare la situazione umanitaria”, ha detto Gryzlov, “stanno puntando sulla legge marziale, invece delle decisioni politiche che rafforzano lo status speciale del Donbass, l’amnistia e le libere elezioni, ora si opta per la repressione militare”.