Il 2018 sarà un anno importante in termini elettorali, ma non tutto gira attorno all’Italia. Sebbene le elezioni politiche del Paese catturino l’attenzione dei media e l’opinione pubblica, ci sono una serie di date significative per le sorti dell’ordine geopolitico internazionale.
LIBIA, I PRIMI MESI DEL 2018
“Spero di incontrare presto (il generale Khalifa) Haftar e potergli assicurare che la missione Onu sta preparando il terreno perché si tengano elezioni libere e giuste nel 2018”. Con queste parole pronunciate in conferenza stampa a Roma, l’inviato speciale Onu per la Libia, Ghassan Salamè, ha confermato il programma (o meglio, l’auspicio) di convocare al voto la Libia i primi mesi del 2018. A dicembre del 2017, Salamè ha spiegato il piano di azione per la Libia e ha detto che spera che “Tripoli sia in grado di annunciare tutte le misure prese per le elezioni”. La situazione in Libia però è incerta.
COSTA RICA, 4 FEBBRAIO
Costa Rica è famosa per essere un Paese senza forze armate, ma anche per essere una delle democrazie più antiche e forti dell’America latina. Il processo elettorale di quest’anno è il 17° consecutivo da quando è in vigore la Costituzione del 1949. Un vero record nella regione. Secondo gli analisti, anche questa transizione di governo si svolgerà senza soprassalti. L’economia e la lotta contro il narcotraffico sono i temi principali delle agende di governo. L’ultimo report del Centro di Ricerca e Studi Politici dell’Università di Costa Rica sostiene che un elettore su tre è ancora indeciso. Juan Diego Castro, del Partito Integrazione Nazionale, è passato dal 15% al 18%, mentre Antonio Álvarez Desanti, del Partito Liberazione Nazionale è sceso del 15% al 14% e Rodolfo Piza del Partito Unità Social Cristiana, dall’11% al 13%.
RUSSIA, 18 MARZO
Si comincia dalla Russia, dove il 18 marzo si sceglierà il nuovo capo del Cremlino. L’attuale presidente Vladimir Putin spera di confermare il quarto (che secondo le leggi in vigore sarebbe l’ultimo) mandato presidenziale. Nei sondaggi Putin è favorito, ma non è l’unico candidato (qui l’articolo di Formiche.net con tutti i concorrenti alle elezioni presidenziali in Russia). Il suo principale oppositore, il blogger dissidente Alexei Navalny, è adesso inabilitato a candidarsi. Ha lanciato un appello per boicottare il processo elettorale, ma è poco probabile che ci riesca.
CUBA, 19 APRILE
Anche se nei regimi militari la parola “elezioni” ha sfumature molto diverse rispetto ai sistemi democratici, i cubani sperano di poter cambiare presidente il 19 aprile del 2018. Con elezioni generali e la nomina di un nuovo capo di Stato da parte del Parlamento scelto. L’Assemblea Nazionale cubana nominerà il presidente lo stesso giorno in cui si celebra la fallita invasione americana a Bahia de Cochinos nel 1961. “Lascerò la presidenza lo stesso giorno in cui abbiamo sconfitto per la prima volta l’imperialismo nordamericano”, ha dichiarato il presidente, Raúl Castro. Non ci sono conferme ma molto probabilmente il successore del fratello di Fidel sarà il vicepresidente di Cuba, Miguel Díaz-Canel, un ingegnere informatico di 57 anni, che ha guadagnato molta visibilità nel panorama politico cubano negli ultimi anni.
COLOMBIA, 27 MAGGIO
Il 27 maggio sono previste le elezioni presidenziali in Colombia. Al governo c’è una coalizione di moderati, guidati dal presidente Juan Manuel Santos, che secondo l’ultimo sondaggio di Yanhaas, non arriva al 35% del consenso popolare. È in aumento invece l’alleanza politica di centrosinistra con la candidatura dell’ex sindaco di Medellín, Sergio Fajardo. In corsa anche l’ex vicepresidente Germán Vargas, candidato della coalizione di centro, e il senatore di destra Iván Duque. Tra gli ultimi nei sondaggi c’è il candidato Rodrigo Londoño, ex capo delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, oggi divenuto partito politico dopo l’accordo di pace tra il governo e i guerriglieri.
PARAGUAY, 22 APRILE
Anche il Paraguay sceglierà il nuovo presidente in un unico turno il 22 aprile. Saranno elezioni molto delicate. Il presidente Horacio Cartes del Partito Colorato non si presenterà di nuovo come candidato e si spera nel trionfo dei progressisti.
MESSICO, 1 LUGLIO
I messicani dovranno scegliere il nuovo presidente della Repubblica il 1° luglio. Secondo Euroasia “il Messico cammina verso le elezioni più incerte e importanti delle ultime decade. […] Il più privilegiato in questo contesto è il candidato di sinistra Andrés Manuel López Obrador”. López Obrador, candidato per la terza volta alla presidenza e attuale governatore dello stato di Città del Messico, si è dimesso dallo storico Partito della Rivoluzione Democratica (PRD) per fondare il suo proprio partito: Movimento di Rigenerazione Nazionale (Morena). In Messico, come in Brasile e in Colombia – si legge nel report di Eurasia – il dibattito politico è dominato dall’ira degli elettori contro la politica tradizionale. Esigono un cambiamento ed è per questo molto difficile prevedere quali saranno i risultati.
PAKISTAN, 15 LUGLIO
È tutto pronto per le elezioni del 15 luglio in Pakistan. Circa 314 partiti aspettano l’autorizzazione della Commissione Elettorale pakistana, mentre 38 partiti hanno avuto già il via per la candidatura. Tra questi ci sono la Lega Musulmana di Pakistan-Nawaz, e le formazioni politiche d’opposizione Partito Popolare, Tehreek-e-Insaf, il Movimento Muttahida Qaumi e il Partito Nazionale Awami. In questo processo elettorale non potrà partecipare l’ex premier Nawaz Sharif, che è stato costretto alle dimissioni a luglio del 2017 dopo esser stato coinvolto in uno scandalo di corruzione.
SVEZIA, 9 SETTEMBRE
Il 9 settembre sarà il turno delle elezioni legislative in Svezia. Anche lì, come nel resto della Scandinavia, l’estrema destra sta conquistando territorio. Il Partito dei democratici svedesi (SD) è sempre più anti-immigranti, mentre aumenta nei sondaggi il consenso per il movimento neo-nazista Nordiska Motståndsrörelsen (NRM). Lo scenario elettorale, quindi, sarà segnato da manifestazioni e riforme del welfare per combattere l’ondata migratoria. Oggi al governo ci sono i socialdemocratici e secondo gli ultimi sondaggi potrebbe essere rieletto premier Stefan Lofven. Il candidato del SD, Jimmie Åkesson, è al terzo posto. Al secondo c’è la candidata del Partito della Coalizione Moderata, Anna Kinberg Batra. È sul tavolo la possibilità di un’alleanza tra i moderati e l’SD; una vera novità in Svezia.
BRASILE, 7 OTTOBRE
Dopo gli scandali di corruzione dell’impresa Odebrecht, in Brasile è previsto un rinnovamento di tutto l’esecutivo. Saranno eletti il 7 ottobre il presidente, vicepresidente, Congresso e governatori. Il secondo turno è previsto per il 28 ottobre.
Resta imbattibile nei sondaggi l’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva con il 35% dei voti, secondo gli ultimi sondaggi di Datafolha. Il 24 gennaio si saprà se effettivamente Lula da Silva sarà libero di candidarsi, giacché è stato condannato in primo grado a nove anni e mezzo di carcere per corruzione nell’Operazione Lava Jato. Al secondo posto c’è il candidato di estrema destra, Jair Bolsonaro, con il 17% (qui il ritratto di Formiche.net). L’analista brasiliano Thiago de Aragao prevede che Lula da Silva resterà fuori gioco: “Il deputato e membri del Partito dei Lavoratori dicono che sarà lui il loro candidato, ma all’interno del movimento pensano che molto probabilmente sarà inabilitato”. Tutte le figure del Partito dei Lavoratori sono in galera. “In questo scenario, il Partito della Social Democrazia Brasiliana – aggiunte De Aragao – e il loro candidato Geraldo Alckmin, hanno le condizioni di partito e di struttura per vincere. A Jair Bolsonaro lo vedo più mediatico che pratico e il Partito del Movimento Democratico Brasiliano potrebbe presentare Michel Temer come candidato”.
VENEZUELA, DICEMBRE
Nulla è certo in Venezuela. Soltanto che il presidente Nicolás Maduro non vuole lasciare il potere. Anche se le elezioni sono previste per il mese di dicembre del 2018, non è detto che si svolgano. Potrebbe succedere come con le elezioni regionali, posticipate dal governo senza spiegare il motivo. Per il politologo venezuelano Luis Salamanca, “esiste una tesi che sostiene che Maduro è il favorito delle elezioni, anche se oggi il 68% della popolazione non approva il suo operato. Con un processo elettorale minimamente democratico, e un’opposizione che presenti una strategia unitaria, non ci sono dubbi che Maduro perderebbe le elezioni”. Purtroppo, ad oggi, l’opposizione venezuelana non ha ancora un candidato unico.
Non ci sono ancora date fissate ma nel 2018 si voterà anche in Camerun, Repubblica Democratica del Congo, Madagascar Zimbabwe, Armenia, Azerbaigian, Georgia, Malesia, Bhutan e Cambogia.
Il 2018 sarà un anno ricco di elezioni che potrebbero definire nuove linee ideologiche nel mondo. Con la tendenza comune di un profondo scontento dell’elettorato verso la politica e i partiti tradizionali.