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Il “new deal” di Macron con la Cina

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La prima visita del Presidente francese Emmanuel Macron in Cina segna l’avvio di un nuovo metodo nelle relazioni commerciali ed industriali tra i due paesi. Un cambio di marcia necessario alla luce del nuovo ruolo geopolitico e del peso economico di Pechino sullo scacchiere internazionale, scrive oggi André Loesekrug-Pietri su Les Echos

(https://www.lesechos.fr/idees-debats/cercle/0301132722152-il-est-grand-temps-pour-un-new-deal-avec-la-chine-2144908.php#xtor=CS1-33)

 

La retorica cinese della collaborazione mutualmente benefica (win-win) è superata: alla prova dei fatti contano solo gli interessi di Pechino.

Bisogna pertanto agire, continua l’imprenditore franco-tedesco, per assicurare reciprocità negli scambi, equilibrio in materia di investimenti e la tutela degli interessi e dei valori nazionali nella politica industriale. Insomma, alla realpolitik cinese la Francia deve rispondere senza imbarazzi.

Di fronte al gigante asiatico, tuttavia, la capacità di reazione di Parigi, come di qualunque capitale europea, è limitata. La competitività dell’industria dell’UE passa oggi anche attraverso piani di integrazione che prescindano dalle frontiere nazionali. La recente acquisizione dei cantieri di Saint-Nazaire da parte di Fincantieri è stato un passo verso la creazione di un gigante europeo delle costruzioni navali (e un “airbus della difesa marina”) e va nella giusta direzione.

Se però l’Europa fatica ancora a trovare la propria voce sulla scena internazionale, sia benvenuto allora un asse franco-tedesco. Loesekrug-Pietri invoca un solo ambasciatore per Berlino e Parigi a Pechino? Una provocazione per segnalare l’urgenza di una forte presa di posizione europea.

Spetta d’altronde a Bruxelles, ad esempio, e non certo a Parigi, dopo il Trattato di Lisbona, la competenza e il compito di negoziare l’ambizioso trattato bilaterale d’investimento con Pechino.

E ancora, la Cina è oggi impegnata in un vasto programma di azione globale di interventi infrastrutturali che stanno modificando sotto i nostri occhi assetti di potere, distribuzione delle risorse ed equilibri economici in vaste aree del pianeta. Sia pure con un forte ruolo francese, lo sviluppo del continente africano, ad esempio, è una questione cruciale per l’Europa.

One Belt One Road” (la nuova via della seta) o la “Global Energy Interconnection” presentata da Xi Jinping alle Nazioni Unite nel 2015, sono solo due dei progetti bandiera della nuova globalizzazione di marca cinese.

Per realizzarli, Pechino non può limitarsi a dialogare con i singoli paesi, sia pure importanti su scala regionale. Parafrasando Kissinger, anche a Pechino sarebbe utile trovare il numero di telefono dell’Europa.

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