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Un corridoio umanitario per il Venezuela. Gli americani lo vogliono, ma Maduro nega la crisi

Maduro venezuela

Il Venezuela ha bisogno di una mano. E quella degli Stati Uniti è tesa per fronteggiare la mancanza di cibo e medicine. Il regime del presidente Nicolás Maduro continua a sostenere che i venezuelani non hanno bisogno di aiuti umanitari e chiude la porta ai governi che sono disponibili ad aiutare, come ha spiegato a Formiche.net il senatore Pier Ferdinando Casini, impegnato da molto nella causa venezuelana (qui l’intervista).

Il sottosegretario del Dipartimento di Stato americano, Thomas Shannon, ha confermato che gli Stati Uniti sono pronti per attivare un piano di aiuti per il Venezuela. In un’intervista concessa all’agenzia The Associated Press, Shannon ha confermato che c’è “un autentico desiderio nella regione per aiutare il Venezuela a trovare un’uscita dalla crisi”.

Il problema è la disponibilità di Maduro a ricevere questo aiuto. Il presidente venezuelano insiste che in Venezuela non esiste una crisi umanitaria e che le difficoltà socio-economiche sono prodotto di un blocco economico imposto da Washington. La realtà è che l’inflazione si mantiene in quattro cifre e la mancanza di medicine e cibo sta spingendo all’esodo milioni di venezuelani. Secondo i quotidiani americani The Washington Post e Wall Street Journal, la crisi di rifugiati venezuelani è simile a quella di siriani e birmani, anche se non se ne parla.

Shannon è stato a Caracas più volte per dialogare direttamente con Maduro. Ha potuto constatare che il governo venezuelano “non è disposto a fare un passo indietro, necessario, per contribuire a uno scenario elettorale nel quale l’opposizione possa partecipare”. Tuttavia, il diplomatico americano continua a sperare in un’uscita politica alla crisi: “La comunità internazionale può esprimere il disappunto e fare pressione sul governo, senza però danneggiare il popolo venezuelano”.

Il diplomatico conosce molto bene il Venezuela: Shannon è stato consigliere politico dell’Ambasciata americana a Caracas tra il 1996 e il 1999. È stato ambasciatore in Brasile per quattro anni. È ambasciatore di carriera, il grado più alto del servizio estero negli Usa.



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