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Perché Luigi Di Maio può già considerarsi il vincitore di questa (bruttina) campagna elettorale

Bisogna riconoscerlo: Luigi Di Maio si avvia alla conclusione della campagna elettorale non avendo sbagliato nulla ed anzi avendo dato prova di una abilità per certi versi inattesa. Partiamo dalla fine. L’ultima mossa è svelare i nomi della squadra di governo. Si tratta di un esercizio annunciato da tempi immemorabili ma cui nessun partito aveva mai dato seguito (salvo prendere impegni su singole figure candidate a guidare ministeri specifici). Questo sia per rispetto delle prerogative del Capo dello Stato sia perché ogni leader ha sempre preferito tenersi le mani libere sia nel confronto interno che con i partiti di coalizione. Nessuno aveva avuto una vocazione maggioritaria come il Movimento 5 Stelle.

La promessa di trasparenza assoluta, anche per il governo, era stata annunciata dall’inizio e sarà mantenuta e non in un modo qualunque. La scelta di offrire in comunicazione qualche nome in anticipo (il generale Costa per l’Ambiente ed il professor Fioramonti per lo Sviluppo economico), tenendosi i jolly per il penultimo giorno prima del silenzio elettorale, rende questa formazione virtuale del governo una sorta di reality show. Che il pubblico apprezzerà essendo questo il format che più (ri)conoscono. Mentre Silvio Berlusconi inonda il piccolo schermo di una miriade di interviste-proclama (generosissimo come sforzo personale ma assai poco utile, a quel che dicono i sondaggi), Luigi Di Maio si presenta molto più sintonizzato sul paese del 2018 anziché su quello del 1994-2011. Sposa FanPage e si fa una ragione se la Rai non gli dà tutto lo spazio che viene riservato a Renzi.

Anche le vicende di cronaca lo hanno aiutato. Anzitutto non lo hanno danneggiato le polemiche sui rimborsi, anzi quasi ne hanno provato la buona fede e comunque hanno conclamato – nella percezione dei grillini – l’ostilità dei media mainstream verso il Movimento che di conseguenza può essere considerato ancora anti-sistema. E se il caso di Macerata ha spostato il faro dell’attenzione verso Salvini, i disagi per il maltempo sono tornati ad illuminare i 5 Stelle. A poco sono valse le critiche alla sindaca di Roma (che certo non ne azzecca una), quello che più fa irritare gli italiani, i pendolari, il popolo numerosissimo del treno, è il non funzionamento delle ferrovie piuttosto che del complessivo sistema dei trasporti. Se si suol dire “piove, governo ladro”, figuriamoci se nevica.

Abbiamo citato prima FanPage, assoluta primizia del panorama informativo “social”, e non si può non spendere una riga per ricordare il caso De Luca. Le accuse verso il figlio del presidente della Regione Campania – fondate o meno è pressoché irrilevante dal punto di vista della comunicazione – sono state un’esca cui il Pd ha abboccato subito. La resistenza – anche fondata, per carità – ha dato l’idea plastica che fosse in corso uno scontro fra guardie e ladri con la differenza che le prime stanno più simpatiche degli ultimi. Un vero disastro dal punto di vista comunicativo per Renzi che pure, nel merito della sua posizione, non aveva torto. È la dura regola della comunicazione di questo inizio di millennio. Lamentarsene ha poco senso. Molto più corretto è invece riconoscere con onestà intellettuale i meriti di chi sta interpretando al meglio e senza sbavature la campagna elettorale. Senza polemiche sterili, senza cadere nel trabocchetto delle polemiche insultanti di Sgarbi ad esempio.

Tutto nelle scelte di Di Maio indica una grande lucidità o perseveranza. Per quanto si possano alzare i sopraccigli, il messaggio del Movimento sta passando. Grillo non c’è più anche se c’è ancora. Ci sono i nomi nuovi (buoni o meno che siano) ma anche quelli della prima ora. Il cocktail – dal punto di vista della campagna elettorale – sembra ben riuscito e le ore finali prima del responso delle urne sembrano solo poter favorire i 5 Stelle. Per decretare il successo di questa strategia toccherà attendere le prime ore del 5 marzo. La probabilità che il centrodestra vinca e che il Movimento si fermi alla soglia del 30% ci sta tutta. Ma intanto è inutile essere ipocriti o ciechi: la sua partita, sul piano personale, Di Maio può dire di averla già vinta.

PS: nella intervista al Corriere della Sera, alla domanda se ci sia un veto su un’eventuale alleanza con Berlusconi, Luigi Di Maio ha glissato lasciando la porta apertissima. Da tenere presente per le prossime settimane, forse.

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