Con il fermo di Sarkozy, l’intervento militare in Libia si conferma una delle pagine più buie della nostra storia recente. Ora che ci sono in ballo dossier rilevanti come la missione in Niger e l’accordo Fincantieri-Stx, guai però a mettere in discussione il rapporto con Parigi: ogni questione deve essere analizzata singolarmente. Parola di Fabrizio Cicchitto, presidente uscente della commissione Esteri della Camera, con cui abbiamo parlato della scottante vicenda che ha coinvolto l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy, arrestato con l’accusa di finanziamenti illeciti per la campagna elettorale del 2007. Secondo l’accusa, i soldi arrivano proprio dal regime di Gheddafi, lo stesso che il presidente volle poi rovesciare con un intervento militare ancora oggi molto discusso.
COME SARKOZY CI TRASCINÒ IN GUERRA
“Se venissero confermate le accuse mosse all’ex presidente francese, già emerse in passato, l’aspetto più singolare e inquietante risulterebbe essere come Sarkozy sia riuscito a trascinare sulla sua linea gli Stati Uniti e l’Inghilterra”, ha detto Cicchitto. “Il suo fermo avvalora la tesi secondo cui egli abbia insistito a suo tempo a fare la guerra in Libia allo scopo di eliminare Gheddafi e le tracce dei finanziamenti”. All’epoca, ricorda il presidente uscente della commissione Esteri della Camera, “la Germania si sganciò immediatamente e anche Berlusconi era contrario”. Tuttavia, “in quel momento il suo governo era molto debole e il presidente del Consiglio fu accerchiato anche all’interno dell’esecutivo, dove si erano levate diverse voci favorevoli all’intervento”. Se “in un primo tempo fu dato il via libera alla concessione di basi militari, ad aprile, dopo una seconda telefonata di Obama, intervenimmo militarmente”. Fu così, quando Cicchitto era membro del Copasir e capogruppo del Pdl alla Camera, che “ci assumemmo la responsabilità per una missione che era contro gli interessi del nostro Paese”.
UNA VICENDA NATA MALE E FINITA PEGGIO
Certamente, nota ancora il parlamentare, “Gheddafi era quello che era, eppure riusciva a controllare un Paese basato su 140 tribù con il bastone e con la carota. Venuta meno l’entità che gestiva in questo modo la Libia, è stata l’Italia più degli altri Paesi europei a pagarne le conseguenze”. Considerando ora l’arresto di Sarkozy, il dossier libico resta forse uno dei punti più controversi della politica estera europea e italiana dell’ultimo mezzo secolo. “Una vicenda nata male e finita peggio”, ha riassunto Cicchitto.
IL RAPPORTO TRA ROMA E PARIGI
La riaccensione dei riflettori sull’intervento in Libia nel 2011 potrebbe portare l’Italia a una riflessione più ampia sui rapporti con la Francia. Quale lezione ci ha lasciato quella vicenda? “Non credo che si possa trarre una lezione generalizzante”, ha detto Cicchitto. “Sarkozy è Sarkozy; il rapporto positivo con la Francia è necessario e non possiamo permetterci di fare di tutta l’erba un fascio”, ha aggiunto. Eppure, i dibattiti recenti sulla missione in Niger e sul trattato di Caen per il controllo di alcune porzioni di mari tra Liguria e Corsica dimostrano che c’è più di qualche insofferenza nel rapporto con Parigi. Se sull’accordo marittimo le voci di protesta sembrano attenuarsi (sul trattato si dovrà esprimere il Parlamento per la necessaria autorizzazione alla ratifica), la vicenda nigerina sembra destinata ad alimentare ancora a lungo il dibattito interno.
LA QUESTIONE DEL NIGER
“Quella del Niger è una questione che va osservata con attenzione”, ha notato Cicchitto. “Inizialmente si era detto che agivamo a rimorchio della Francia, ma ora l’impressione che arriva è che il nostro intervento, seppur limitato, non sia tanto gradito al punto che è stato bloccato”. Dopo l’intesa siglata con il ministro della Difesa nigerino, la discussa approvazione nel Parlamento italiano a fine legislatura e il primo dispiegamento dei militari italiani, una decina di giorni fa è infatti arrivato il dietrofront del ministro dell’Interno di Nyamei Mohamed Bazoum. Le ragioni sono “legate alla dialettica interna o al fatto che non piaccia a Parigi?”, si chiede Cicchitto. In attesa di trovare una risposta, la vicenda pare indicare l’esigenza di ricalibrare il dialogo con i cugini d’oltralpe. Nonostante resti “la chiara consapevolezza dell’esigenza delle alleanze internazionali, ogni Paese gioca la sua partita e ogni vicenda va esaminata con grande attenzione”, ha rimarcato il parlamentare di Alternativa Popolare.
IL CASO FINCANTIERI-STX
E se sul Niger i rapporti tra Roma e Parigi sembrano complicarsi, tra i dossier più promettenti c’è invece la cantieristica navale: “Una vicenda che pare essere in un corso d’opera positivo”, ha detto Cicchitto. Dopo l’accordo tra Fincantieri e Naval Group per i cantieri Stx (che pure nasceva dall’opposizione del neoeletto Emmanuel Macron all’acquisizione da parte dell’azienda italiana), l’intesa con la Francia “è stata nel complesso positiva, con il ruolo forte di una struttura aziendale industriale che ha giocato, e continua a giocare, un ruolo di prim’ordine”.