Mentre gli Stati Uniti continuano a trainare l’Alleanza Atlantica, l’Europa (salvo rare eccezioni) resta lontana dai livelli di spesa decisi al Summit in Galles nel 2014. Il 2% del Pil da destinare alla difesa appare un obiettivo ancora troppo ambizioso anche per l’Italia, sebbene oltre i numeri il protagonismo del nostro Paese nella Nato non sembri in discussione. A certificare i livelli di spesa dei 29 Paesi membri è il segretario generale Jens Stoltenberg, che ieri ha rilasciato il suo report annuale. In un anno di grandi mutamenti tra il confronto con la Russia, l’apertura dell’Hub per il sud a Napoli e le nuove strutture di comando, l’attenzione è tutta per il budget.
LE PAROLE DI STOLTENBERG
“Nel 2014 gli alleati hanno deciso di fermare i tagli ai bilanci per la difesa, aumentando la spesa e indirizzandosi all’obiettivo di investirvi almeno il 2% del Pil nel giro di un decennio”, ha scritto Stoltenberg nell’introduzione al report. Se fino al 2016 l’obiettivo di spesa è rimasto sostanzialmente sopito, l’elezione di Donald Trump e le richieste pressanti del tycoon agli alleati europei hanno riacceso i riflettori su una quota che per molti Paesi resta tuttavia irraggiungibile, quantomeno entro il 2024. Eppure, dal 2014, “abbiamo assistito a tre anni consecutivi di crescita nella spesa per la difesa tra Europa e Canada, con un incremento totale di 46 miliardi di dollari”, ha notato il segretario generale. “Nel solo 2017, gli alleati europei e il Canada hanno aumentato i budget per la difesa di quasi il 5%”. Per il 2018, si prevede che “otto alleati raggiungano il 2%”, mentre “la maggior parte dei Paesi ha un piano per rispettarlo entro il 2024”.
I TREND DELL’ALLEANZA
Fuori graduatoria gli Stati Uniti, che rappresentano il 51,1% del Pil totale dell’Alleanza e coprono ben il 71,7% delle spesa destinate alla difesa. Se la Germania si colloca al secondo gradino del podio considerando il Pil (con il 9,7%), per il budget difesa la posizione è coperta dal Regno Unito, che rappresenta il 5,8% della spesa di tutta l’Alleanza. Seguono Francia e Germania (entrambe con il 4,8% della spesa totale), e poi l’Italia, il cui budget per la difesa rappresenta il 2,4% sul totale dei 29 Paesi membri (si considera anche il Montenegro). Nel complesso, la spesa per la difesa di Europa e Canada è aumentata del 4,7% rispetto al 2016, sebbene essa sia ben al di sotto del 2% del Pil complessivo (circa l’1,45%). Solo quattro Paesi oltre agli Usa hanno già raggiunto l’obiettivo del 2%: Grecia, Regno Unito, Estonia e Polonia. Si avvicinano al traguardo Francia, Lettonia, Lituania e Norvegia, tutti sopra l’1,5%. All’ultimo posto c’è invece il Lussemburgo, la cui spesa per la difesa è inferiore allo 0,5% del Pil.
Oltre all’obiettivo del 2%, nel vertice del Galles gli Stati stabilirono anche un altro obiettivo: destinare il 20% delle spese per la difesa agli equipaggiamenti. Considerando tale quota, la situazione appare migliore. Sono addirittura dodici i Paesi che la rispettano, Italia compresa. La graduatoria appare in questo senso molto diversa. A guidare l’Alleanza sono Romania, Lussemburgo e Lituania, che dedicano oltre il 30% del budget difesa agli equipaggiamenti. Chiudono invece il gruppo Slovenia, Belgio e Albania, molto lontani dall’obiettivo. Considerando entrambi i target, solo Stati Uniti, Regno Unito e Polonia possono dirsi soddisfatti.
LA POSIZIONE ITALIANA
L’Italia rappresenta il 5,1% del Pil dell’Alleanza e, come detto, copre il 2,4% della spesa totale dei Paesi Nato per la difesa. Con 20,787 miliardi di euro (in aumento rispetto ai 20,226 del 2016) l’Italia, secondo il report, destina l’1,12% del proprio Pil alla difesa. La quota, la stessa dello scorso anno, non evidenzia il piccolo aumento (dell’1,68%) che pure ci è stato, per quanto di gran lunga inferiore rispetto a quel +11% che era presente nel rapporto dello scorso anno. In realtà, scorrendo il report del segretario generale e notando l’elenco delle missioni e delle iniziative Nato, l’impressione è che il contributo italiano sia molto significativo. Due allegati al rapporto sono dedicati ad altrettante missioni condotte dall’Alleanza Atlantica: Resolute Support in Afghanistan e Kosovo Force. Ebbene, in entrambe lle missioni il contributo numerico dei militari italiani è secondo solo a quello statunitense.
Proprio da qui nasce il tentativo italiano, guidato dal ministro della Difesa Roberta Pinotti, di far comprendere all’alleato americano che, oltre a quanto, è importante anche come si spende. In termini di qualità e di partecipazione effettiva, il peso italiano è evidente, sicuramente maggiore rispetto a quello di Paesi (come Grecia ed Estonia) che sulla carta appaiono più virtuosi. Certo, bisogna anche ammettere che sulla spesa per la difesa si può lavorare. È d’altronde lo stesso comparto nazionale a chiederlo.