Nicolás Maduro ci stava provando ad aggirare le sanzioni imposte dal governo americano contro funzionari di alto livello e aziende e compagnie sotto il controllo del regime venezuelano. L’idea di creare una moneta digitale di nome Petro, ispirata alle risorse energetiche che poteva servire come garanzie delle transazioni virtuali, sembrava perfetta per poter proseguire con gli scambi finanziari e commerciali con gli americani. Magari per concludere altri affari come quello con Goldman Sachs nel 2017, con il quale il governo ha ricevuto circa 2,8 miliardi di dollari in cambio di titoli della petrolifera statale Pdvsa. Carlos Vargas, sovrintendente del Dipartimento per il Petro, aveva annunciato investimenti per cinque miliardi di dollari arrivati dal Qatar, Turchia, Unione europea e anche Stati Uniti.
IL DECRETO PRESIDENZIALE DI TRUMP
Tuttavia, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump ha deciso di non lasciare scampo a quello che considera un regime dittatoriale che va combattuto con ogni strumento. Lunedì 19 marzo il presidente ha firmato un decreto presidenziale con “nuove misure aggiunte sulla situazione in Venezuela”. Il documento sostiene che le ultime mosse del presidente Maduro cercano di eludere le sanzioni americane con l’emissione di una criptomoneta, attraverso un processo che il Parlamento venezuelano, scelto democraticamente dagli elettori, considera illegale.
Il nuovo decreto di Trump “vieta ogni tipo di transazione da un americano o negli Stati Uniti con qualsiasi moneta digitale emessa per o in nome del governo del Venezuela il 9 gennaio del 2018 o dopo”.
LA STRATEGIA DELLA MONETA VIRTUALE
L’anno scorso il governo del Venezuela aveva riconosciuto di aver attraversato negli ultimi quattro anni la più grande crisi finanziaria della storia, con una grave svalutazione della moneta nazionale, il Bolívar. La soluzione? Crearne una nuova, molto più moderna e libera. Nel sito web del governo, si è annunciata la creazione del Petro come una criptomoneta che avrebbe permesso allo Stato di evadere le sanzioni economiche imposte dagli Stati Uniti per ritornare a essere un Paese indipendente in termini finanziari. Il regime di Maduro non si è ancora pronunciato sul nuovo decreto di Trump. Ma Diosdado Cabello, vicepresidente del Partito Socialista Unito del Venezuela (Psuv) – e uno dei sanzionati dal governo americano – ha scritto su Twitter che “l’imperialismo” sbaglia ad annunciare nuove azioni e blocchi contro il governo venezuelano.
NUOVE PRESSIONI REGIONALI
Mike Pence, vicepresidente degli Stati Uniti, ha anticipato che spiegherà quelle che considera le priorità della regione davanti ai rappresentanti di 34 Paesi dell’America durante il discorso del 21 marzo all’Organizzazione di Stati Americani (Osa). La Casa Bianca ha confermato che Pence chiederà ai Paesi del continente di aumentare la pressione sul Venezuela per fare rispondere al presidente Maduro sulla crisi umanitaria del Paese, la libertà dei prigionieri politici, la realizzazione di elezioni giuste e il restauro delle istituzioni democratiche. Il portavoce di Pence, Alyssa Fara, ha confermato “l’impegno del vicepresidente nel contribuire a favorire la prosperità economica e la sicurezza degli amici e alleati dell’emisfero occidentale”. Pence parlerà in una sessione protocollare del Consiglio Permanente dell’Osa, mentre è atteso l’intervento di Donald Trump al Vertice delle Americhe nella città di Lima il 13 e 14 aprile. Maduro non è stato invitato, ma ha dichiarato che comunque sarà presente. “Avete paura di me? – ha detto -. Mi dispiace, ma ci sarò lo stesso. Anche con la pioggia e con i tuoni, sarò lì”.