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La lobby e il senso della politica

Non è roba da avvocati né da spin doctor, né da comunicatori d’impresa. Il lobbista deve conoscere la legge e avere una sensibilità per le relazioni esterne delle aziende, ma il suo mestiere non si colloca né qua né là. La rappresentanza di interessi è una cosa che sta nel mezzo, o di lato. Insomma, da un’altra parte. Ma, ovunque la vogliate collocare, quella parte non è nascosta, ma ben esposta alla luce del sole. Ce lo ha raccontato Marco Sonsini, partner dello studio Telos A&S, un laureato in storia romana alla Normale di Pisa che si occupa di lobby ormai da una decina di anni. Lo abbiamo intervistato per #LobbyNonOlet, la rubrica di Telos A&S che raccoglie le video interviste dei protagonisti italiani di questa professione. Questa volta abbiamo giocato in casa!

Gli abbiamo posto la domanda fatidica. Cosa serve per fare il lobbista? Come spesso accade, la risposta scontata non è quella giusta. Per fare lobbying non serve una rubrica piena di cellulari di politici. Questa professione non è una questione di appuntamenti con i potenti di turno. Ma una questione di argomentazioni – valide, ragionevoli e ancorate alla legge – che si mettono in campo per sostenere l’interesse legittimo di un’azienda o di un insieme di aziende, oppure di un gruppo di cittadini, di pazienti e così via.

“Per intraprendere il mestiere del lobbista, penso sia necessaria una sensibilità politica. Per sensibilità politica non intendo una rete di contatti nel mondo della politica. Intendo, la capacità di cogliere la prospettiva politica di un problema che il cliente mi pone e che, all’apparenza, è di natura diversa: di natura puramente commerciale o di natura squisitamente legale” dice Marco Sonsini. “Questo è importante perché il lavoro poi consiste nel rappresentare quell’istanza o quel problema alle istituzioni, mettendone in evidenza proprio il carattere politico, la prospettiva politica” aggiunge Sonsini.

Non è un lavoro da avvocati, dunque, perché non si ferma alla legittimità dell’istanza, ma prende in considerazione la sua opportunità politica nel contesto sociale nel quale il tema si pone. Non è un lavoro da comunicatori d’impresa perché l’obiettivo non è quello di “veicolare messaggi”, bensì quello di presentare proposte concrete di miglioramento del quadro normativo. E non si tratta di influenzare le Istituzioni, perché il lavoro consiste semplicemente nel proporre soluzioni al legislatore, non nel facilitare lo scambio di favori tra politica e impresa

Non è di qua né di là. Ma occupa uno spazio preciso e legittimo. Uno spazio che si chiama lobby.

Guarda la video intervista a Marco Sonsini per la rubrica #LobbyNonOlet di Telos A&S



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