Se c’è una dote che proprio non può non essere riconosciuta al leader della Lega è la virtù della coerenza. Sono anni ormai che, da quando è segretario del Carroccio, che il passaggio dal federalismo alla tedesca al nazionalismo di destra ha determinato anche un cambio di prospettiva nelle relazioni internazionali.
La figura di Vladimir Putin è divenuta così centrale nel pantheon di Matteo Salvini che ha cementato una relazione “strategica” con il Cremlino e il partito Russia Unita. Se infatti per la Lega lo strike senza vittime compiuto l’altra notte in Siria come risposta all’attacco chimico (che, vero o presunto, i morti li ha fatti sul serio) non aveva basi legali adeguate, l’invasione della Crimea e dell’Ucraina dell’est è del tutto legittima. Ecco perché, secondo Salvini, le sanzioni sono un errore dell’occidente imperialista che penalizza l’export italiano che per ragioni inspiegabili segna però una crescita.
Senza voler qui in alcun modo censurare la posizione di un partito politico che ha ottenuto il consenso del 17% degli italiani, il punto da sottolineare è che il leader leghista non ha mai modificato la sua posizione di contrarietà alle sanzioni. Mai. Prima della elezioni ha detto che se avesse vinto le elezioni il suo governo avrebbe innanzitutto revocato la misura sanzionatoria contro la Russia. Non lo ha affermato una volta ma lo ha ripetuto più volte, senza alcun tentennamento.
L’ultima volta, in ordine temporale, è stato poche ore fa presso la manifestazione veronese ‘Vinitaly’. ”Con noi al governo le sanzioni alla Russia sono la prima cosa a saltare”, ha ribadito Salvini. Insomma, su questo punto non si scherza. La posizione leghista non è negoziabile e va presa sul serio senza drammi eccessivi e senza neppure sottovalutazione degli impatti. Per i suoi alleati, presenti ed auspicati, si tratta di comprendere che la politica estera non è un fatto marginale bensì è del tutto costitutiva di una alleanza specialmente se aspira al governo del Paese. A Salvini, obiettivamente, non si può chiedere un passo indietro e rinunciare a quella che è una battaglia nella quale crede.
È doveroso però che Berlusconi da un lato e Di Maio dall’altra dicano chiaramente se intendono assecondare la scelta della Lega oppure no. Fra pochissimi mesi, governo e Parlamento saranno chiamati ad esprimersi sul rinnovo sia delle sanzioni alla Russia sia delle missioni internazionali cui l’Italia partecipa. Sapere quale sarà l’orientamento dei gruppi parlamentari (e del nuovo esecutivo) è fondamentale. Questo, sì, non è negoziabile. Per il Movimento 5 Stelle e per Forza Italia l’ambiguità ha sin qui consentito di tenere insieme pulsioni diverse. Ora però l’ambiguità non è più sostenibile. Grazie a Salvini.