Nonostante il presidente francese Emmanuel Macron abbia cercato di metterci una pezza con la sua visita di Stato negli Usa, un solco divide l’Atlantico. Europa e Stati Uniti non hanno ancora raggiunto una visione comune sul che fare con il Joint Comprehensive Plan of Action (Jcpoa), l’accordo sul nucleare con l’Iran siglato nel luglio 2015 a Vienna dopo un pluriennale e spossante negoziato condotto dai cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu più la Germania e l’Unione Europea.
Donald Trump ha tempo fino al 12 maggio per decidere se rinnovare il “rinvio” delle sanzioni contro Teheran ovvero, come sembra intenzionato a fare, reintrodurle. Un passo che sarebbe coerente con il pensiero del presidente sin dai tempi della campagna elettorale, quando descriveva il Jcpoa come “il peggior accordo di sempre”, ma che rischia di far saltare definitivamente l’intesa e di aprire un grosso problema di proliferazione nucleare. Le autorità iraniane hanno già fatto sapere che il Jcpoa non si tocca e che nuove sanzioni da parte degli Stati Uniti restituirebbero mano libera al regime per ripristinare le attività nucleari bandite con il Jcpoa.
Conscia della complessità del problema, l’amministrazione Trump sin da gennaio si è rivolta ai contraenti europei del Jcpoa – Germania, Regno Unito, Francia – affinché si adoperino per rimuovere i “difetti” insiti nell’intesa e affrontare alcuni nodi generali che gli Stati Uniti segnalano da tempo: la necessità di ispezioni più intrusive nei siti sospetti, le cosiddette “sunset clauses”, ossia il periodo di validità dell’accordo, il programma balistico dell’Iran e la condotta del Paese nel Medio Oriente, con particolare riguardo al ruolo delle milizie di Teheran nella guerra civile siriana.
Macron è stato l’unico, tra i leader europei, a considerare non del tutto irragionevoli i desiderata di Trump, e nella visita di questo fine settimana lo ha fatto capire a chiare lettere, dichiarando ad esempio durante il discorso al Congresso che Stati Uniti ed Europa ora devono ragionare “su quattro pilastri: vincoli sull’atomica (dell’Iran) anche dopo il 2025; controlli sul programma di missili balistici; contenimento dell’influenza iraniana nel Medio Oriente; accordo sulla Siria”.
È chiaro che Macron sta cercando di accreditarsi come principale interlocutore degli Stati Uniti negli affari più spinosi come, appunto, la questione del Jcpoa e la conduzione della politica nella polveriera mediorientale. E che la Francia sta conducendo una diplomazia sotto traccia per portare gli altri due paesi europei coinvolti nel processo, vale a dire Gran Bretagna e Germania, sulla strada di una rinegoziazione dell’accordo sul nucleare.
Che movimenti non visibili siano in corso tra le diplomazie europee lo conferma un servizio di Reuters di ieri. Nell’articolo, si citano tre alti diplomatici del Vecchio Continente, che riferiscono di come negli ultimi mesi delle delegazioni dei tre paesi europei interessati si sono incontrate più volte con dei rappresentanti americani per discutere del Jcpoa. “Non si tratta di un nuovo accordo con l’Iran”, ha commentato una delle feluche consultate da Reuters, “ma di convincere il presidente Trump” a rimanere nell’accordo, senza ripudiarlo.
Il capo negoziatore americano con gli europei, Brian Hook, ha confermato l’esistenza di questo canale di discussione. E ha affermato che si sarebbe registrato un graduale avvicinamento delle posizioni. Parlando alla National Public Radio di Washington, Hook ha detto che se “non ci siamo ancora, abbiamo fatto alcuni progressi”.
Come spiega Christoper Ford, funzionario americano per la non-proliferazione, l’obiettivo non è “rinegoziare il Jcpoa o riaprirlo o cambiarne i termini. (…) Stiamo lavorando su un accordo supplementare che in qualche modo aggiunga un nuovo strato di regole addizionali”.
I diplomatici europei sentiti da Reuters riferiscono di passi in avanti nel dialogo tra Usa ed Europa su questioni come i missili balistici di Teheran e le ispezioni ai siti nucleari. Rimane però il nodo delle “sunset clauses”. Un modo con cui si sta cercando di venirne a capo è definire nei termini più precisi possibili in che modo possa configurarsi il programma nucleare civile dell’Iran e minacciare conseguenze in caso l’Iran fuoriesca da questo sentiero.
Sui colloqui tra americani ed europei pesa però la posizione intransigente dell’Iran. Che in più occasioni, dalla viva voce delle sue massime autorità, ha sottolineato che il Jcpoa non si tocca. Ieri è toccato al presidente Hassan Rouhani ribadire il niet della Repubblica islamica con dichiarazioni che mettono in discussione le competenze di Trump. “Come può un commerciante”, ha detto Rouhani, “un mercante, un costruttore di palazzi, un costruttore di torri, dare giudizi sugli affari internazionali?”