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Post-umano, trans-umano e nuovo umanesimo (cristiano) per Bassetti (Cei) e Benanti

“Questo è un periodo di lunga transizione in cui da un lato percepiamo la novità dei cambiamenti, dall’altro non ne riusciamo a cogliere fino in fondo la portata culturale. In questo stato di incertezza sociale, che spesso pervade non solo i rapporti umani ma anche quelli culturali e politici, rischiamo di essere tutti quanti delle persone che gridano nel deserto. Come Giovanni Battista, che però continuava a gridare. Questo è il rischio contemporaneo: società con rumore di fondo ossessivo, ipertecnologiche e iperconnesse apparentemente opulente e soddisfacenti, ma che di fatto sono un deserto di relazioni umane”. È impietosa la raffigurazione dello stato della società contemporanea immersa nel mondo digitale data dal presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, in apertura del convegno organizzato dall’Associazione Scienza e Vita a Roma, presso il Centro Congressi della Cei, e dal titolo più che suggestivo, “Homo Cyborg: il futuro dell’uomo tra tecnoscienza, intelligenza artificiale e nuovo umanesimo”.

L’INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA CEI BASSETTI

Quale sarà infatti il futuro del genere umano, che cosa dobbiamo immaginarci o aspettarci quando si parla di ibridazione uomo-macchina, e fin dove si sono spinte le tecnologie all’interno della scienza medica, nel rapporto con la vita, con la sua tutela e cura, con i suoi limiti? Quest’ultima è difesa o attaccata? E soprattutto, quesito fondamentale, c’è da preoccuparsi? Sono tutte domande che risuonano nelle parole dei relatori del convegno. “Noi non abbiamo paura di vivere il nostro tempo, ma di capire cosa si muove sotto la realtà del mare, e cosa muove le correnti. La vita del mare è tutta sotto, non nella superficie, e per un motivo o l’altro tutti noi siamo chiamati ad avere questo sguardo e ad assumere una prospettiva storica”, ha perciò spiegato il cardinale Bassetti. “C’è un rischio sulle tematiche bioetiche e biopolitiche, quello di essere troppo racchiusi nella contemporaneità e di proiettarsi nel futuro. Ma non dobbiamo dimenticare che il mondo in cui viviamo è il prodotto di un processo storico le cui radici sono ben radicate nel mondo occidentale”.

FINE DELL’EPOCA MODERNA E NUOVO UMANESIMO

E a chi pone dubbi sulla debolezza della riflessione della Chiesa su questo tema, Bassetti non ha perplessità nell’affermare che “un testo come Laudato Sì non va ridotto a un’enciclica sociologica o di morale sociale, perché c’è ad esempio uno sguardo di Romano Guardini molto profondo. Le società attuali sono attraversate da una profonda crisi antropologica e da una cultura del benessere che finisce per atrofizzare la mente e il cuore delle persone, tramite idolatria del denaro e riduzione dell’essere umano a uno solo dei suoi bisogni, il consumo. Mi chiedo se oggi non ci troviamo di fronte a quell’uomo non umano descritto da Guardini nel suo meraviglioso libro intitolato ‘La fine dell’epoca moderna’”. L’oggetto da mantenere saldo, dinnanzi al proprio sguardo sul mondo, per il porporato è quello del nuovo umanesimo: “Una grande sfida non solo per la Chiesa ma per l’umanità intera, perché nel mondo vi è una nuova dimensione sociale che riflette sula sfera economica, sulla consapevolezza di una nuova questione sociale che tende a vedere una crisi antropologica, ambientale e culturale”. La custodia dell’umanità è perciò per il cardinale “il punto in cui si affronta il nuovo umanesimo”, in quanto “il dato che emerge dalla scienza non è mai più importante dell’uomo, perché il fine è la persona e tutto il resto è mezzo”.

POST-UMANO, TRANS-UMANO E INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Post-umanesimo, trans-umanesimo, intelligenza artificiale e le risposte del nuovo umanesimo: tutte tematiche impegnative, certamente, ma anche molto attuali, che vanno a toccare alcuni dei nodi centrali della contemporaneità. Questioni come l’utilizzo dei big data, la schiavitù delle nuove tecnologie, le nuove solitudini, i limiti assaltati dalle biotecnologie, le prospettive di una vita che supera ogni limite, compreso quello di esseri uomini terreni e mortali. Quello che però è finora chiaro, e che è emerso nel convegno, è che sia il transumanesimo, “il superamento dei confini umani tramite la tecnologia e l’ibridazione con la macchina”, che il postumanesimo, “l’idea diversa di una rinnovata fusione dell’uomo con le matrici della vita da cui proveniamo evolutivamente, attraverso il rifiuto della tradizione umanistica e in una metafisica completamente consegnata al divenire”, hanno entrambi in comune “la volontà di abolire l’uomo”. “Il vero tema è quello dell’escatologia impropria del postumano rimasta in sottofondo, e il fatto che noi siamo fatti di una verità che va oltre e che non può essere ridotta”, ha così affermato il francescano Paolo Benanti, docente di teologia morale e bioetica all’Università Gregoriana (qui, qui e qui alcune riflessioni del religioso su Formiche.net e qui il suo sito personale).

LA RIFLESSIONE DELL’ESPERTO DI BIOETICA PADRE BENANTI

“Il concetto di informazione oggi è connessa almeno quasi al 70 per cento del Pil ed è tecnologicamente potente, ma filosoficamente molto meno”, ha spiegato Benanti, che da sabato 9 giugno parteciperà al programma di Tv2000Dapprincipio“, pensato dal neonatologo Carlo Bellieni e ideato da Monica Mondo. “Con l’Intelligenza artificiale cambia il paradigma binario, si consegno alla macchina un problema questa mi offre direttamente soluzioni”. Ma che valore ha quella soluzione? E si può gestire in maniera etica questo scenario? Non a caso oggi si parla sia di vita on-line che on-life, ovvero di come la tecnologia modifica concretamente le nostre vite, all’interno delle quali è sempre meno definibile in maniera esatta cosa sia umano e reale e cosa invece digitale o virtuale. Tutto questo pone ovviamente quesiti etici, nuove riflessioni, scenari da affrontare. “Tutti i dati che forniamo in rete, di fatto, sono tatuaggi che rimangono per sempre attaccati alla nostra identità, e che ci plasmano, con un click e grazie a macchine”, ha proseguito il francescano. “Un sistema bottom-up che funziona tramite dinamiche di mercato e che sta già forgiando le nostre identità”. Elementi che modificano drasticamente le esperienze quotidiane dei singoli, il modo di rappresentarle e di autorappresentarsi.

IL LEGAME TRA DATI, INFORMAZIONE E CONOSCENZA

“Le narrazioni attuali sono l’equivalente pop del mito greco, e sono una cultura religiosa. Io accedo ai dati come un predecessore accedeva all’oracolo”, ha spiegato ancora Benanti, azzardando una previsione, che cioè “questo tipo di cultura nascerà laddove c’è stato per più lungo tempo il radicamento di un pensiero religioso”. Ovvero ad Oriente, in paesi come il Giappone, oggi già centro mondiale delle tecnologie basate sull’Intelligenza Artificiale. Lasciando intendere la presenza di sfide ben complesse. “Socrate è stato il primo a mettere lo smart-watch, con il suo gnothi sauton, conosci te stesso, che oggi è conosci i tuoi dati, ovvero tu sei una serie di tracce fossili che si chiamano dati”. Ma c’è un legame tra dato, informazione e conoscenza, ha chiarito. “Gli algoritmi predittivi diventano produttive di una realtà. Che differenza c’è tra essere guidati da leggi prodotte da attività umana e da software?” E soprattutto, “l’intelligenza artificiale può fare una scelta perfetta? Cosa sono i dati, se non una mappa infinitamente articolata della realtà?”.

TELOS, TECHNÈ, IL ’68 E QUALE IDEA DI GOVERNANCE 

Ma la cifra conclusiva sta nel fatto che “se la mappa è troppo complessa è anche inutile”, ed è per questo “un’intelligenza artificiale non potrà mai garantire una risposta esatta”. “L’etica non è qualcosa che viene dopo, ma è intrinseca a una realtà che può essere fallibile”. Questo perché “il post del post umano è un oltre senza telos, senza scopo, dove quest’ultimo diventa technè”. E “se il ’68 ha detto che l’autorità, intesa come nozione che proviene dalla generazione che ci ha preceduto, non è più valida, oggi grazie al fatto che i pirati della Silicon Valley sono diventati ammiragli assistiamo a un’inversione della direzione della conoscenza. Per cui se una volta andavo a bottega per imparare il mestiere, oggi è il nipote che insegna al nonno a usare il tablet”. Se nei convegni si siedono persone che si fanno chiamare futurists, è infatti “questa inversione della direzione la vera cifra culturale, dove è questa eterna plasmabilità verso il futuro che mi dà ricchezza, piuttosto che la determinazione delle scelte nella sovranità del passato”. Allora la vera domanda che campeggia è: “Quale figura di governance è pensabile?”.



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