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Berlusconi sblocca la partita e Giorgetti prenota Palazzo Chigi

È fatta, forse. In assenza del sigillo del Quirinale che potrebbe arrivare già nelle prossime ore, la prudenza è d’obbligo. Ma la nota con cui il “padre della sposa” ha dato il via libera al matrimonio sgombra dal campo ogni alibi affinché l’unione si celebri. Luigi Di Maio e Matteo Salvini potranno quindi convolare a governo e realizzare così quel progetto di cambiamento cui hanno iniziato a lavorare sin dal giorno dopo le elezioni. Sono stati necessari più di due mesi ed una fortissima presa di posizione di Mattarella per sbloccare la situazione. L’idea del governo neutro con elezioni estive è stata infatti la mossa che ha cambiato la partita. Sul capo di Forza Italia si sono abbattute le preghiere non solo dei parlamentari ma anche di importantissimi ambienti economici (e familiari, sembrerebbe) perché un accordo si chiudesse. La finanza internazionale cominciava a dare segni di turbolenza e così anche il tessuto imprenditoriale del Paese. Meglio un passo a lato oggi che la gogna domani (dopo il voto). Questa è stata la tesi che hanno ripetuto ininterrottamente al Cavaliere. Lui, l’ex premier, ha dovuto ancora una volta mettere da parte il suo orgoglio e dire sì.

LE PAROLE DI BERLUSCONI

​”Il Paese da mesi attende un governo. Continuo a credere che la soluzione della crisi più naturale, più logica, più coerente con il mandato degli elettori sarebbe quella di un governo di Centrodestra, la coalizione che ha prevalso nelle elezioni, guidato da un esponente indicato dalla Lega, governo che avrebbe certamente trovato in Parlamento i voti necessari per governare. Questa strada non è stata considerata praticabile dal Capo dello Stato. Ne prendo atto”.
“Da parte nostra non abbiamo posto e non poniamo veti a nessuno, ma – di fronte alle prospettive che si delineano – non possiamo dare oggi il nostro consenso ad un governo che comprenda il Movimento Cinque Stelle, che ha dimostrato anche in queste settimane di non avere la maturità politica per assumersi questa responsabilità”.
“Per quanto ci riguarda non è mai neppure cominciata una trattativa, né di tipo politico, né tantomeno su persone o su incarichi da attribuire. Se però un’altra forza politica della coalizione di centro-destra ritiene di assumersi la responsabilità di creare un governo con i cinque stelle, prendiamo atto con rispetto della scelta. Non sta certo a noi porre veti o pregiudiziali. In questo caso non potremo certamente votare la fiducia, ma valuteremo in modo sereno e senza pregiudizi l’operato del governo che eventualmente nascerà, sostenendo lealmente, come abbiamo sempre fatto, i provvedimenti che siano in linea con il programma del centrodestra e che riterremo utili per gli italiani”.
“Se questo governo non potesse nascere, nessuno potrà usarci come alibi di fronte all’incapacità – o all’impossibilità oggettiva – di trovare accordi fra forze politiche molto diverse. Di più a noi non si può chiedere, anche in nome degli impegni che abbiamo preso con gli elettori. Tutto ciò non segna la fine dell’alleanza di centro-destra: rimangono le tante collaborazioni nei governi regionali e locali, rimane una storia comune, rimane il comune impegno preso con gli elettori. Continuiamo a lavorare per tornare a vincere, ma soprattutto perché torni a vincere l’Italia”.

GIORGETTI PREMIER?

Tutta la giornata è stata da una parte in funzione dell’attesa di questa dichiarazione e dall’altra tutta orientata a definire il possibile assetto di questo possibile nuovo governo. Il nodo principale, il primo, riguarda la sua guida. Alla fine, l’ipotesi più accreditata è quella di Giancarlo Giorgetti, numero due della Lega e instancabile mediatore fra tutti i soggetti in campo. Lui, che è ormai un veterano della Camera, può contare sulla stima più larga da parte di tutti i partiti, Pd incluso, nonché un sostegno pressoché esplicito del sistema economico-bancario italiano. Inoltre, fattore non irrilevante, è il leghista più atlantico del partito. Ciliegina sulla torta è anche il fatto che si tratta dell’uomo meno distante da Berlusconi, l’unico forse con cui Gianni Letta e Fedele Confalonieri possono parlare con una certa libertà. Avrebbe insomma tutte le carte in tavola. Reggerà al confronto con i pentastellati? Le prossime lo diranno ma non vi è dubbio che con lui potrebbe esserci un governo politico di una certa solidità e non tale da spaventare i mercati e le cancellerie occidentali.


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