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Chi è Elisabetta Trenta, il nuovo ministro della Difesa

Confermate le anticipazioni della vigilia: sarà la pentastellata Elisabetta Trenta a prendere il posto di Roberta Pinotti al ministero della Difesa. Analista nei temi della difesa e della sicurezza, capitano della riserva selezionata dell’Esercito e vice direttore del master in Intelligence e sicurezza della Link Campus University, la Trenta era stata presentata prima del voto del 4 marzo da Luigi Di Maio, che l’aveva scelta per il dicastero Difesa di un ipotetico governo a 5 Stelle. A lei il compito di affrontare dossier delicati, dalla difesa europea all’attuazione del Libro bianco, cercando di dissolvere i molteplici dubbi che esperti e addetti ai lavori hanno palesato nei confronti del “contratto per il governo del cambiamento”.

CHI È ELISABETTA TRENTA

Cinquant’anni, la Trenta ha lavorato in Iraq tra il 2005 e 2006 come political advisor del ministero degli Esteri, in Libano nel 2009 come country advisor per il ministero della Difesa nella missione Unifil, ed è stata responsabile di un progetto in Libia per il reintegro degli ex-combattenti. Attualmente lavora all’Università Link Campus dove è responsabile dei progetti speciali, coordina il master in Intelligence e sicurezza di cui è vice direttore, ed è consigliere scientifico del master sui fondi strutturali. “Sono soprattutto una programme manager – spiegava nel video di presentazione – e con SudgestAid (ndr, un’organizzazione non-profit) da vent’anni mi occupo di progetti di cooperazione in aree difficili, in particolare in Paesi post-conflict”. Giornalista pubblicista dal 1991, la Trenta è inoltre collaboratrice e analista con il Centro militare di studi strategici (Cemiss) per cui, a settembre 2017, ha pubblicato una ricerca dedicata alla guerra per procura. Laureata in scienze politiche con indirizzo economico, ha conseguito i master di secondo livello in International development presso la scuola di management STOA’ e in Intelligence e sicurezza, presso l’università Link Campus.

“L’ATTENZIONE AI TEMI DELLA SICUREZZA”

Candidata al Senato nel collegio plurinominale Lazio 2, la Trenta milita nel Movimento dal 2013 e spera di portare nella scena politica “i valori della competenza, il senso del dovere, l’attenzione ai temi della sicurezza e del territorio, e della valorizzazione del ruolo internazionale dell’Italia”. Scorrendo i suoi profili social emerge l’attenzione ai temi della difesa e ai suoi rappresentanti istituzionali, con retweet di quanto pubblicato dallo Stato maggiore della Difesa o dalla Polizia di Stato. Taggando la professoressa Paola Giannetakis (indicata da Di Maio a marzo come ministro dell’Interno), il 20 febbraio scriveva: “Oggi il campo di battaglia non è più su un fronte lontano da noi, ma è nelle città e non penso solo al rischio terrorismo, ma anche agli attacchi cyber, che potrebbero colpire infrastrutture essenziali per il Paese, o ai disastri ambientali, agli incidenti industriali che, seppur riguardanti la safety, hanno imminenti ricadute sulla security”.

I DUBBI SUL CONTRATTO E LE PRIORITÀ

Sulla scrivania di palazzo Baracchini, la Trenta si troverà ad affrontare dossier molto delicati, con l’obiettivo anche di diradare i dubbi che diversi addetti ai lavori hanno espresso nei confronti del contratto di governo tra Lega e 5 Stelle, considerato piuttosto carente per la parte Difesa. Per il generale Vincenzo Camporini, vice presidente dell’Istituto affari internazionali (Iai) e già capo di Stato maggiore della Difesa, la priorità “è proseguire la riforma della Forze armate sulla linea del Libro bianco per la Difesa e la sicurezza internazionale, un documento che resta solido sia a livello concettuale, sia per la proposte che contiene”. Sulla postura militare esterna, ha spiegato invece il generale Leonardo Tricarico, presidente della Fondazione Icsa e già capo di Stato maggiore dell’Aeronautica, “è bene che il governo comprenda un concetto fondamentale: se si riducono o si dismettono le missioni internazionali, lo strumento militare italiano muore”. Certo, si attende una definizione più chiara delle aree di intervento e di propensione esterna, con specifico riferimento al nord Africa e Magreb. La Trenta dovrà poi affrontare la questione degli accordi governo-governo (g2g), un punto che il comparto invoca da tempo per rafforzare il sostegno all’export militare. Per gli equipaggiamenti, ha aggiunto Tricarico, “bisognerebbe che il governo si occupasse dei programmi pluriennali già avviati, di quelli da lanciare e soprattutto dell’Europa, cioè della messa a sistema in una visione europea”.

LA DIFESA EUROPEA

Particolarmente sensibili sono infatti i dossier esterni, sia in Europa, sia in ambito Nato. Nel continente, il progetto di Difesa comune (inesistente nel contratto di governo) procede spedito, con 13 miliardi di euro che la Commissione prevede di destinare al Fondo europeo per la difesa (Edf) nel prossimo quadro di finanziamento 2021-2027. La partita per aggiudicarsi le risorse è già iniziata, e vede Francia e Germania da tempo impegnate a guidare il processo. In fase di delicata negoziazione c’è il programma di sviluppo dell’industria (Edidp) per 500 milioni nel biennio 2019-2020, mentre il Consiglio è a lavoro per la nuova tranche dei progetti di cooperazione strutturata permanente (Pesco). L’Italia ha fin’ora dimostrato un atteggiamento proattivo, elemento da confermare per non rischiare di perdere terreno e competitività.

IL BANCO DI PROVA ALLA NATO

Per quanto riguarda l’Alleanza Atlantica, la Trenta avrà il compito di “confermare” l’impegno italiano (come scritto nel contratto) a fronte dell’intenzione dichiarata di partnership con la Russia. Per il nuovo ministro della Difesa, il battesimo di fuoco sarà a Bruxelles tra meno di due settimane, quando incontrerà i colleghi dell’Alleanza, tutti chiamati ai preparativi in vista del Summit dei capi di Stato e di governo di luglio. Quattro anni fa, in Galles, l’Italia si è assunta l’impegno di destinare il 2% del Pil alla difesa entro il 2024. Siamo lontani dall’obiettivo, ma sembra comunque opportuno dimostrare agli alleati le nostre buone intenzioni, dati soprattutto i segnali di insofferenza che sono spesso giunti da Washington su questo aspetto. Insomma, di lavoro ce n’è da fare per il nuovo ministro della Difesa.

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