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Sui migranti parole sprezzanti e aggressive. A chi si riferisce la Cei?

Gli ultimi avvenimenti del Mar Mediterraneo hanno scosso l’opinione pubblica. E anche il mondo cattolico oggi ha alzato la voce per intervenire. È con una nota della presidenza della Cei con a capo il cardinale Gualtiero Bassetti che la Chiesa si fa sentire molto chiaramente.

“Ci sentiamo responsabili di questo esercito di poveri, vittime di guerre e fame, di deserti e torture”. Parole che tracciano un solco tra le decisioni politiche del governo e il pensiero dei vescovi sulla gestione dell’immigrazione. Intervento però che non sembra far compiere marcia indietro al titolare del Viminale Matteo Salvini, che ha risposto molto presto alla Cei: “Il nostro obiettivo è salvare più vite possibili, facendo partire meno gente possibile, ma non riapriremo assolutamente i porti”.

“Gli occhi sbarrati e lo sguardo vitreo di chi si vede sottratto in extremis all’abisso che ha inghiottito altre vite umane sono solo l’ultima immagine di una tragedia alla quale non ci è dato di assuefarci. (…)È la storia sofferta di uomini e donne e bambini che – mentre impedisce di chiudere frontiere e alzare barriere – ci chiede di osare la solidarietà, la giustizia e la pace”. La nota inizia così, con riferimento alla donna eritrea salvata in mare dopo 48 ore, Josefa, dalla ong spagnola Open Arms.

Pochi giorni fa l’associazione “Cercasiunfine” aveva scritto un appello nel quale 110 rappresentanti ecclesiali – tra persone impegnate nella pastorale, docenti delle università pontificie, suore responsabili di congregazioni religiose, direttori di centri Caritas – chiedevano un intervento proprio alla Conferenza episcopale invitandola a prendere posizione nei confronti dei migranti, con l’obiettivo di contrastare qualsiasi comportamento che potesse sfociare nella xenofobia. Quindi in difesa dei migranti.

“Come pastori della Chiesa non pretendiamo di offrire soluzioni a buon mercato”, scrivono i vescovi. E pur rispettando quanto accade “non intendiamo né volgere lo sguardo altrove, né far nostre parole sprezzanti e atteggiamenti aggressivi. Non possiamo lasciare che inquietudini e paure condizionino le nostre scelte, determino le nostre risposte, alimentino un clima di diffidenza e disprezzo, di rabbia e rifiuto.

Animati dal Vangelo di Gesù Cristo continuiamo a prestare la nostra voce a chi ne è privo. Camminiamo con le nostre comunità cristiane, coinvolgendoci in un’accoglienza diffusa e capace di autentica fraternità. Guardiamo con gratitudine a quanti – accanto e insieme a noi – con la loro disponibilità sono segno di compassione, lungimiranza e coraggio, costruttori di una cultura inclusiva, capace di proteggere, promuovere e integrare. Avvertiamo in maniera inequivocabile che la via per salvare la nostra stessa umanità dalla volgarità e dall’imbarbarimento passa dall’impegno a custodire la vita. Ogni vita. A partire da quella più esposta, umiliata e calpestata”.

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