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La scuola classista che tanto piace ai governi Italiani

Mi trovavo in treno, durante uno dei miei tanti viaggi su e giù per l’Italia, facendo la spola tra una scuola e l’altra dell’Istituto cui appartengo. Da Bolzano a Lecce, passando per Genova e Foggia. Solitamente le ore passate in treno sono tempo preziosissimo per lavorare, chiamare le varie scuole, gallerie permettendo…

Di carattere sono “riservata”, restia ad attaccare bottone con chi viaggia seduto di fronte a me. Una volta però mi è successa un’esperienza divertente e molto interessante. Ero stata al telefono per una buona mezz’ora con una preside di una scuola paritaria e stavamo organizzando un convegno sul tema della libertà di scelta educativa, ovviamente entrando nei diversi aspetti giuridici della questione. Il volume della mia voce era rigorosamente basso e discreto. Notavo che durante la telefonata, la signora che mi stava di fronte, una donna sulla sessantina, mi ascoltava incuriosita, sorpresa forse dal fatto che una suora parlasse di diritti e non di novene… Al termine della telefonata, mi chiede: “Sorella, mi scusi ma non ho potuto fare a meno di ascoltare…Ho capito bene? Le scuole private sono pubbliche? Lo Stato risparmierebbe pagando le private?”. Devo ammettere che ho dovuto fare forza a me stessa: ripeto, sono timida e, soprattutto, volevo rispondere a quel centinaio di mail arretrate…Ma l’occasione era ghiotta e la causa superava qualsiasi remora. Chiudo allora il pc e mi metto a conversare. Scopro che la signora, operaia in pensione, aveva tre figli e cinque nipoti, di cui uno affetto da autismo. In particolare quest’ultimo era ovviamente motivo di preoccupazione: in terza primaria, aveva già cambiato cinque insegnanti di sostegno; il figlio e la nuora avevano pensato di inserire il bimbo nella scuola paritaria vicino a casa ma, ovviamente, il pensiero era rimasto solo pensiero, una volta valutati i costi che la scelta avrebbe comportato.

Quando sento storie di questo genere, e ne sento davvero tante, provo sempre molta inquietudine e un sentimento di impotenza. Una ingiustizia nell’ingiustizia. Spiego allora alla signora che in Italia, unico Paese in Europa assieme alla Grecia, alla famiglia non è garantito un diritto fondamentale: quello della libertà di scelta educativa, nonostante la Costituzione lo affermi a chiare lettere.  E’ libero di scegliere solo chi ha i soldi per pagare la retta o, come nel caso di un bambino portatore di handicap, chi ha i soldi per pagare, oltre alla retta, il costo per il sostegno. Non solo: lo Stato è inadempiente non solo nei confronti del dettato costituzionale ma anche, paradosso nel paradosso, nei confronti di una sua legge, la 62/2000. Sulla base di essa, infatti, viene detto che il sistema dell’istruzione è formato da scuole pubbliche statali e scuole pubbliche paritarie. A livello giuridico l’unica differenza tra le due è data dal Gestore: lo Stato stesso per le scuole pubbliche statali, un Ente privato per le scuole pubbliche paritarie. Ovviamente all’autorità statale è demandato il ruolo di garante e controllore di un sistema così strutturato. Da ciò discende che lo Stato, per garantire ai propri cittadini il diritto all’istruzione, deve prevedere un sistema di pagamento dei costi non solo per gli studenti delle scuole pubbliche statali ma anche per quelli delle scuole pubbliche paritarie. Attenzione, dico alla mia interlocutrice, è la famiglia che deve ricevere dallo Stato il contributo da spendere per l’istruzione dei propri figli dove vuole: nel pubblico statale o nel pubblico paritario. Questo sistema di finanziamento diretto delle famiglie da parte dello Stato garantirebbe un notevole risparmio per l’erario, i cui frutti potrebbero benissimo essere impiegati su altri fronti. Nell’attuale sistema, invece, chi manda i propri figli nelle scuole paritarie paga due volte: la retta e le tasse senza però beneficiare del servizio per il quale paga. Lo Stato pur avendo soldi “in più” si è rivelato non in grado di gestire la situazione, vista la spesa annuale per la scuola, senza riuscire ad istaurare un sistema efficace, sia in termini economici che di risultati scolastici. Confesso che la signora, con la sua terza media, mi ascoltava con grande attenzione e, dalle domande che mi poneva, dimostrava di capire pienamente la questione. Nessuno le aveva mai parlato in questi termini del sistema scolastico italiano, e ha confessato candidamente che aveva sentito anche qualche sacerdote parlare delle “scuole private” come delle scuole per ricchi, o delle scuole dove i bocciati delle scuole statali venivano magicamente promossi…

Durante la chiacchierata mi è venuta in mente, chissà perché, la Lettera semiseria di Grisostomo al suo figliolo, quando il buon Giovanni Berchet parlava dell’Ottentotto e del Parigino…L’Ottentotto non comprende la questione, è ottuso; il Parigino rimane chiuso nel suo pregiudizio e nella presunzione di saperne di più… solo il popolo (la signora che mi sta davanti) capisce il cuore del problema… Quanti Parigini abbiamo in Italia! Nella politica, nel Sindacato, ahinoi anche all’interno dello stesso mondo della scuola paritaria cattolica. Un pregiudizio e una presunzione puramente ideologici che bloccano un intero sistema, che ledono i diritti delle famiglie, degli studenti, dei docenti che non sono liberi di insegnare dove vogliono. Quali interessi si nascondono dietro la chiusura ad una vera riforma della scuola italiana, una riforma in grado di portarla alla situazione degli altri Paesi europei? Certo, sulla scuola sono caduti i governi: ma qual è lo scopo del lavoro di un Governo se non il bene dei cittadini?

Arrivata a Roma, la signora scende, la saluto cercando di incoraggiarla e lasciandole il mio numero di cellulare per qualsiasi necessità. Io proseguo per Milano, rituffandomi nel mio lavoro, contenta di aver condiviso la…madre di tutte le battaglie scolastiche!

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