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Libertà di opinione e libertà di professione. Cosa sta accadendo?

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Credete al matrimonio eterosessuale? Non potete fare l’avvocato. Siete contro la pillola del giorno dopo? Non potete fare il farmacista. Dubitate della effettiva diffusione della omofobia? Allora, rischiate di non poter più praticare la professione di psicologo.

Non sono boutade estive, anzi. In Canada, la Corte suprema federale ha riconosciuto agli Ordini degli avvocati il potere di negare il praticantato ai laureati della Trinity western university in quanto per essere ammessi all’istituto è richiesta l’adesione al codice di condotta, ispirato ai princìpi cristiani, che proclama “la sacralità del matrimonio tra uomo e donna”. Lo scorso 15 giugno i giudici hanno dato ragione alla Conferenza dei presidi delle facoltà di Diritto che, nel 2012, aveva contestato il codice perché il Canada riconosce il matrimonio omosessuale e preteso che gli Ordini non iscrivessero all’albo professionale chi lo ha sottoscritto in quanto sospetto di omofobia.

Quella del farmacista è, invece, una vicenda tutta italiana. Nel 2013, una sanitaria, durante una guardia notturna, aveva rifiutato la pillola del giorno dopo a una donna. La professionista aveva subìto un processo per omissione o rifiuto di atti d’ufficio, nel quale era stata assolta dal Tribunale di Gorizia. A luglio la decisione è stata confermata dalla Corte di appello. Si noti, però, che l’assoluzione è stata motivata non perché il fatto non sussista, ma per la particolare tenuità del fatto. Il che acclara la sussistenza del reato, non riconoscendo, la normativa, l’obiezione di coscienza del farmacista.

Sempre in Italia, è stato sottoposto a procedimento disciplinare dall’Ordine di appartenenza uno psicologo che, in interventi televisivi e nei suoi scritti, aveva sostenuto che nel nostro Paese l’omofobia è, praticamente, inesistente.

Cosa sta accadendo? Le professioni intellettuali sono attività che coinvolgono le istanze e i bisogni primari delle persone e, dunque, il loro è un settore altamente sensibile per misurare le tendenze della società. Nella vicenda canadese, a essere messa a repentaglio è la libertà di opinione e di religione. Si impedisce il praticantato forense a dei laureati che professano princìpi diversi da quelli riconosciuti dalla legge dello Stato ancor prima che abbiano posto in essere condotte con la stessa incompatibili.In quella della farmacista, è la stessa legge a disconoscere la tanto invocata libertà di coscienza, escludendo che convinzioni personali possano tradursi in atti concreti. Nel caso dello psicologo, infine, si nega la libertà di manifestazione del pensiero, in quanto il procedimento disciplinare è stato aperto non già per una condotta non conforme agli standard professionali, ma per le opinioni espresse pubblicamente.

Cosa sta accadendo? Libertà di religione e libertà di manifestazione dei convincimenti, morali e civili, sono valori e princìpi condivisi da pressoché tutte le forze politiche e, certamente, da ogni democrazia occidentale. In Italia, la prima è garantita dall’articolo 19 della Costituzione, la seconda dall’articolo 21. Eppure, il grado di protezione loro assicurata non sembra avere carattere assoluto. Sembra essere commisurata alla conformità, o meno, al paradigma dell’odierno mainstream.

Qui non importa la fondatezza delle convinzioni professate dai laureati del Trinity western university o dalla farmacista o dallo psicologo italiano. Ciò che rileva è che è stato conculcato il loro diritto a credere, ad avere opinioni, a manifestarle e ad avere una vita conforme alle proprie convinzioni, qualunque esse siano.

Per comprendere cosa sta accadendo, basta porsi una domanda: il praticantato sarebbe stato impedito a coloro che professano il matrimonio plurale, tra più persone? Almeno personalmente, non ho dubbi in proposito: no. No, perché si sosterrebbe che il matrimonio plurale è espressione di nuove libertà mentre credere nella sacralità del matrimonio tra uomo e donna le comprime. Epperò, in tutti gli ordinamenti occidentali il matrimonio o l’unione civile è tra due persone e quello plurale è vietato.

Ma, allora, ribadisco: cosa sta accadendo? Sperando che, almeno, sia ancora lecito porsi questa domanda.

(Articolo pubblicato sul numero di Formiche numero 139 di agosto-settembre 2018)

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