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Umanesimo e difesa comune. Le priorità dell’Ue viste da Gelmini e Calenda

L’identità europea è il suo umanesimo. In un momento in cui il continente è affaticato, ci vuole determinazione e capacità di individuare le priorità: dalla difesa comune all’esercito europeo. Per farlo, tuttavia, occorre un salto di qualità verso una rinnovata consapevolezza. Il convegno di Azione

L’umanesimo europeo. È questo l’elemento che in assoluto caratterizza maggiormente la nostra identità. Una sublimazione del senso profondo della libertà “che si sostanzia nell’altro che è dentro di noi”. Non è solo un passaggio tra il filosofico e il culturale. Bensì rappresenta un’aspirazione a cui tendere in un momento in cui “l’Europa è fragile, proprio quando dovrebbe essere forte”.

Le parole di Sergio Berardinelli, echeggiano nella sala Isma del Senato. I concetti che esprime il docente dell’Università di Bologna, restituiscono la profondità e la complessità del tema legato all’identità europea a cui questa mattina Azione, su iniziativa della senatrice Mariastella Gelmini, ha dedicato un dibattito in Senato.

Introdotto da Emma Fattorini, ordinaria di Storia contemporanea alla Sapienza, l’appuntamento è stato animato dagli interventi, oltre che di Berardinelli, anche da quello della senatrice, di Michele Valensise già segretario generale della Farnesina e ambasciatore in Germania, presidente del centro Villa Vigoni e del leader di Azione, Carlo Calenda.

Berardinelli nel suo intervento parte dal grande interrogativo odierno: “Di che Europa c’è bisogno oggi?”. Dopo una lunga disamina dalla quale emerge la primazia della libertà rispetto alla ricerca della verità, il docente arriva a scandire un concetto. “Mai come oggi c’è bisogno di un continente che riscopra la sua identità attraverso l’umanesimo che ci caratterizza. Evitando la deriva del relativismo”. Perché la grandezza europea sta proprio nel “riconoscere l’unicità del singolo tra eguali. Un concetto, quest’ultimo, caro anche al cristianesimo”.

Non è un artificio retorico. Ma la presa di coscienza che “l’anima, anche delle istituzioni europee, è proprio la salvaguardie e la difesa della libertà”. Un valore assoluto, non negoziabile che “non è la cancel culture, né l’emotivismo identitario. È invece qualcosa di più alto, di antropologico” che si sostanzia nel “riconoscimento dell’alterità come valore”.

Ed è proprio Valensise che, a proposito di riconoscimento dell’altro e quindi di integrazione, porta l’esempio della Germania. Un Paese nel quale “si è trovato un punto di equilibrio tra due opposti modelli: quello inglese, che rischia di creare ghetti e quello francese che invece porta all’assimilazione”.

Certo, il tema migratorio così come altri è all’origine di tanti focolai di conflittualità. Tanto in Italia quanto in Germania. Ed ecco, in parte, spiegato il progressivo avanzamento del partito di estrema destra Afd. Un movimento verso il quale “i partiti tradizionali hanno sempre frapposto il cordone sanitario” tanto più che Alternative für Deutschland  attinge a piene mani a “parole d’ordine che appartengono a un passato buio per la Germania e che molti tedeschi considerano sepolte dalla storia”.

Eppure Afd, in particolare in alcune regioni, “sta ottenendo un consenso che sfiora il 40%”. Per cui questo, al di là dell’esito delle elezioni europee di giugno, apre a diversi interrogativi di carattere interno. Ma anche di più largo respiro. A maggior ragione perché, dice Valensise, “uno dei leader del partito, ha recentemente dichiarato di ispirarsi – in contrapposizione a quello arcobaleno – all’impero della tradizione incarnato da Vladimir Putin”.

Per cui ora spetta alla politica tedesca “la cui risposta fino a oggi non è stata brillante” reagire a questa avanzata del partito di estrema destra e “fornire risposte sui temi concreti” in modo da “svuotare di consensi Afd”.

Le minacce alla tenuta e alla coesione europee, dunque, non mancano. Tanto internamente quanto esternamente, considerando il livello di complessità geopolitica acuito dal perdurare del conflitto in Ucraina e dal deflagrare di quello in Medio Oriente.

Per questo serve “cambiare metodo e alzare l’asticella”, esorta Gelmini in premessa. Perché l’Europa in questo momento è messa “a dura prova da rischi sistemici”. Ed ecco che il passaggio di sensibilità deve essere più che altro culturale, spiegando che “occorre fare un salto dal sovranismo nazionale al sovranismo europeo”.

Qui le critiche agli “europeisti pragmatici” non mancano. Oltre le opinioni, però, ci sono i fatti e le emergenze. “La difesa comune e l’esercito comune europeo rappresentano due priorità – dice la senatrice di Azione – Occorre che su questo ci sia un buon grado di consapevolezza”.

Perché “investire e adoperarsi per una difesa comune, non significa essere guerrafondai, bensì credere nel valore della deterrenza”.

Tutti questi punti messi in fila, devono tuttavia viaggiare di pari passo con il “superamento del diritto di veto di alcuni Paesi – chiarisce Gemini – . Non è più ammissibile che l’Europa, su decisioni strategiche, si blocchi per l’ostruzionismo di Orban. Va abolito il criterio dell’unanimità a favore della maggioranza qualificata”.

E questo è un tema che ha a che fare anche con “la competitività delle imprese”. Tra gli obiettivi della prossima governance europea, chiude Gelmini, ci deve essere infatti “una politica industriale comunitaria”.

La conclusione, che fissa dei chiari riferimenti ideali indicando la “cultura liberale come pilastro dell’Europa”, ma che è squisitamente politica è affidata a Calenda. Di ritorno dalla sala stampa estera, in cui ha presentato la lista dei candidati per le europee di giugno, il leader di Azione fissa prima di tutto un cardine metodologico. Che, ancora una volta, è assolutamente politico. Puntuale e puntuto. Non lo nomina mai, ma è chiaro che la sferzata al fiele è rivolta all’ex sodale del (fu) Terzo Polo, Matteo Renzi.

“Noi non facciamo una lista di scopo per superare il quorm – scandisce Calenda – bensì una lista con uno scopo, che va oltre il quorum: spezzare il bipolarismo”.

“Forse – prosegue – siamo destinati a una politica con intrattenitori diversi di volta in volta. Ma noi non ci rassegniamo alla dimensione polarizzata del compagine politica italiana e non solo. Quando mi dicono che è impossibile superare il bipolarismo, la mia risposta è che è doveroso farlo. È bello farlo”.

La sintesi è la ricerca di “un nuovo modello possibile, che risponda alle grandi sfide del nostro tempo”. E l’obiettivo di Azione è quello di “rispondere a questi obiettivi ambiziosi”. L’ora che stiamo vivendo “è senz’altro molto buia. Ma le grandi leadership sono nate proprio nei momenti di difficoltà. E noi non ci tiriamo indietro”.

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