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Francesco, il diaconato, il clericalismo e la questione femminile. La riflessione di Cristiano

Una mascolinizzazione di Dio ha aiutato una cultura patriarcale, la marginalizzazione del femminile, e di questo si dovrebbe cercare la cura. Papa Francesco sembra temere che un’idea di cooptazione delle donne nel clero sarebbe un cedimento al clericalismo. La riflessione di Riccardo Cristiano sull’intervista di Bergoglio alla Cbs

Prima lunga intervista esclusiva ad una televisione americana da parte di un papa. È un poco notato elemento di novità insito nell’intervista concessa da Francesco al programma 50 minutes della Cbs. Il papa ha voluto, prima di rispondere alle domande dell’intervistatrice, Norah O’Donnell, salutare tutta l’equipe, addetti alle luci, tecnici del suono, cameraman, interpreti e assistenti vari. È un altro aspetto inconsueto nelle interviste dei Capi di Stato che merita di essere notato. Norah O’Donnell tocca subito un argomento scomodo e dopo aver chiesto se intenda dimettersi aggiunge “so che non ama la domanda”, lui ha risposto “ma no, chieda quello che vuole”. E quindi ha ribadito che sin qui non ci ha mai pensato. Anche questo dire a un intervistatore “chieda quello che vuole” è a dir poco inconsueto, visto che in Vaticano è sempre stata consuetudine chiedere le domande scritte e in anticipo.

Se questo è il poco notato dell’intervista, non c’è dubbio che oltre ad altre questioni molto rilevanti, come l’appello a risolvere tutte le guerre con il negoziato, tra i punti più rilevanti c’è stata la risposta alla domanda sulla possibilità per le donne di essere ordinate sacerdoti o diacono. Sul primo punto la risposta è stata chiarissima: la possibilità non c’è. Sul secondo il papa ha detto che se si trattasse di “diaconi con l’Ordine Sacro, no”. Cosa vuol dire? Il diaconato può essere inteso come un ministero che ha in sé e per sé una sua dignità, oppure può essere inteso come il primo gradino che porta all’accesso al sacerdozio. Dunque il papa, a mio avviso, ha fatto intendere che il diaconato potrebbe diventare (anche femminile) immaginando anche una sua forma che non sia più primo grado dell’ordine sacro ma espressione dell’unzione battesimale. L’altro tipo, quello che consente il transito al sacerdozio, rimarrebbe limitato come è oggi.

Questo sì e no va capito: il papa combatte una battaglia culturale contro il clericalismo e non ritiene che sia una sorta di clericalismo femminile la soluzione del problema femminile nella Chiesa. Dunque a me non sembra corretto dire che il papa ha detto “no al diaconato femminile”: già su altri argomenti ha comunque consentito che si discutesse dissentendo da lui, ma su questo ha messo in chiaro che nella sua Chiesa tutta ministeriale, cioè dove ognuno svolge un servizio, (nel linguaggio ecclesiale “ministero” sta per “servizio”) ogni ministero ha la sua importanza e dignità. È il clericalismo che fa ritenere più importante il ministero sacerdotale. E nella sua Chiesa sinodale questa parità nella diversità dovrebbe acquisire maggiore rilievo. Quindi il suo a me sembra un sì al diaconato permanente femminile. Ma in concreto cosa comporterebbe?

Se le donne avessero accesso a questo “diaconato permanente”, una donna potrebbe amministrare il battesimo, distribuire la comunione, benedire gli sposi, presiedere un funerale. La questione comunque sarà oggetto dei lavori del promiscuo sinodo, Francesco ha istituito un gruppo di lavoro proprio su questo, ma ciò che qui preme sottolineare è, al di là degli ordinamenti interni alla Chiesa, la questione culturale di fondo. Che è la questione femminile.

Anni fa papa Giovanni Paolo I disse che Dio è papà, e anche madre. Lo disse all’Angelus del 10 settembre 1978, così: “Noi siamo oggetto da parte di Dio di un amore intramontabile. Sappiamo: ha sempre gli occhi aperti su di noi, anche quando sembra ci sia notte. È papà; più ancora è madre. Non vuol farci del male; vuol farci solo del bene, a tutti. I figlioli, se per caso sono malati, hanno un titolo di più per essere amati dalla mamma. E anche noi se per caso siamo malati di cattiveria, fuori di strada, abbiamo un titolo di più per essere amati dal Signore”.

Chi conosce meglio di me la Sacra Scrittura sostiene che un riferimento esplicito in tal senso c’è nel profeta Isaia. Se noi sapessimo parlare di Dio madre oltre che Dio padre forse avremmo un’idea meno antropomorfica di Dio, anziano signore quasi sempre irascibile, e meno patriarcale della famiglia e della società. Ci servirebbe, culturalmente parlando, Dio madre, premurosa e affettuosa come è stata nostra madre. E soprattutto ne emergerebbe una migliore consapevolezza che noi tutti, quindi anche maschi e femmine, siamo a immagine e somiglianza di un Dio: basta antropomorfismo! Il discorso purtroppo, dal mio punto di vista, è reale: in anni non certo lontani, e comunque successivi a Giovanni Paolo I, un importantissimo teologo, finito “sotto i ferri” della Congregazione per la Dottrina della Fede per tutt’altro, si è visto contestare anche una frase molto simile a quella pronunciata da papa Luciani.

Ma la storia è andata come sappiamo, una mascolinizzazione di Dio ha aiutato una cultura patriarcale, la marginalizzazione del femminile, e di questo si dovrebbe cercare la cura. Papa Francesco a me sembra chiaramente temere che un’idea di cooptazione delle donne nel clero sarebbe un cedimento al clericalismo, quello che – per esempio – ritiene il prete “il padrone di casa” in parrocchia, come il marito il padrone di casa nella casa patriarcale, cioè in molte delle nostre case, ma non risolverebbe la questione femminile. Questo lo capisco, ma non risolve la questione femminile che rimane in tutta la sua evidenza (come il clericalismo): per dirlo però non serve dire che il papa è contrario al diaconato femminile. Le sue parole non mi sembrano dire questo.

Il suo punto di vista mi aiuta a capire meglio, ritengo, come vorrebbe rendere la sua Chiesa. Ma temo che il clericalismo e il maschilismo siano ancora così forti da richiedere entrambi somministrazioni massicce di anticorpi.

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