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Mi chiamo Georg Gaenswein. Sono bello, aitante e ora pure arcivescovo

Domenica prossima, festa dell’Epifania, monsignor Georg Gaenswein sarà consacrato arcivescovo nella basilica di San Pietro. In tal modo si completerà un percorso che ha visto il segretario personale del Pontefice crescere di ruolo e acquisire sempre maggior fiducia da parte di Benedetto XVI. Sarà infatti proprio quest’ultimo a ordinare arcivescovo monsignor Gaenswein, dopo averlo nominato lo scorso dicembre Prefetto della Casa pontificia. D’ora in avanti sarà lui ad occuparsi di ogni udienza pubblica e privata, di ogni incontro e in generale dell’agenda pubblica e istituzionale del Papa.

Con la rimozione (all’insegna del motto, tanto caro in Vaticano, “promoveatur ut amoveatur) dell’ex Prefetto della Casa Pontificia James Harvey e la promozione ad arcivescovo, nonché sostituto dello stesso Harvey, del proprio segretario particolare don Georg Ganswein, Benedetto XVI ha voluto chiudere in maniera definitiva il caso Vatileaks. Ma è proprio quest’ultima nomina, ovvero quella di don Georg a nuovo Prefetto della Casa Pontificia, ad avere attirato maggiormente l’attenzione. Anche il fidato don Georg “vittima” del “promoveatur ut amoveatur”?

 Il ruolo della Prefettura della Casa Pontificia nello scandalo Vatileaks

E’ proprio dalle stanze della Prefettura della Casa Pontificia che si deve partire per capire il valzer di nomine in Vaticano che hanno fatto seguito allo scandalo Vatileaks. Sarebbe stato, infatti, l’ex Prefetto della Casa Pontificia, l’americano James Harvey, a consigliare nel lontano 2006 l’assunzione di Paolo Gabriele all’interno dell’appartamento papale. E proprio recentemente Benedetto XVI ha deciso di “promuovere” Harvey ad arciprete della Basilica di San Paolo fuori le Mura riconoscendogli, al contempo, la berretta cardinalizia. Una sorta di “promoveatur ut amoveatur” di cui Harvey, uno dei più fedeli collaboratori di Papa Giovanni Paolo II è rimasto vittima, anche se Benedetto XVI continua a nutrire una grande stima nel porporato americano. E non a caso, durante l’estate, Benedetto XVI aveva già sostituito il vice di Harvey, il vescovo Paolo de Nicolò, che aveva compiuto i 75 anni, senza prendere in alcuna considerazione l’ipotesi della proroga.

La scelta di Don Georg e la sua eccezionalità

La decisione di promuovere don Georg alla guida della Prefettura della Casa Pontificia ha colto molti di sorpresa. O meglio, ciò che ha colpito è il cumulo del doppio incarico. Don Georg, infatti, rimane segretario particolare del Papa, in una posizione rafforzata. Per lui quindi è stata applicata, secondo una felice espressione del vaticanista de Il Foglio Paolo Rodari, la regola del “promoveatur non amoveatur”. Una scelta, quella di Benedetto XVI, senza precedenti. Qualcosa di simile, infatti, fece Giovanni Paolo II quando decise di promuovere alla Casa Pontificia il proprio segretario personale Don Stanislao, lasciandolo nel proprio incarico. Ma, in quel caso, Dziwisz venne nominato Prefetto “aggiunto” e vescovo mentre Don Georg, in un colpo solo, sale al vertice della Casa Pontificia col titolo di arcivescovo.

 Una decisione del Papa

Con la decisione di assegnare a don Georg il doppio incarico, Benedetto XVI ha scelto di fare quadrato intorno al proprio appartamento, ai propri collaboratori e proteggerli dagli attacchi provenienti dall’esterno e, soprattutto, dall’interno della Chiesa stessa. Lo stesso appartamento papale, infatti, non fu esente da sospetti nel corso delle indagini relative a Vatileaks. Non è un mistero che molti cercarono di mettere sul banco degli imputati sia Ingrid Stampa, la fedele collaboratrice del Papa, che venne accusata di intrattenere rapporti con Paolo Gabriele, sia lo stesso don Georg, criticato per la gestione piuttosto accentrata dell’accesso al Papa. Senza ricordare, però, che fu proprio Don Georg ad incastrare Paolo Gabriele in un drammatico confronto nel proprio ufficio. Benedetto XVI, così, ha voluto lanciare in maniera forte e chiara il messaggio per il quale i traditori non vanno cercati all’interno della cerchia ristretta dei collaboratori pontifici. Tanto che Ingrid Stampa ha curato, recentemente, l’edizione del terzo libro del Papa. Ma è proprio Don Georg ad uscirne rafforzato. Andrea Tornelli, vaticanista de La Stampa, scrive che Benedetto XVI “rafforza notevolmente il ruolo del suo segretario nell’ambito della curia romana e nella gestione dell’accesso al Papa”. Spetterà infatti a don Georg, in qualità di Prefetto della Casa Pontificia, occuparsi personalmente dell’agenda delle udienze del Papa. Semplificando, sarà lui a stabilire chi dovrà, e quando, incontrare Benedetto XVI. Una scelta, quella del Papa, che secondo Sandro Magister, vaticanista de L’Espresso, “manifesta l’altissima fiducia che Papa Ratzinger ripone in lui”. Chi vorrà avere a che fare con Benedetto XVI dovrà quindi sempre più passare attraverso il filtro di don Georg, il cui ruolo di interfaccia nei rapporti tra appartamento pontificio, Curia e mondo esterno è ora più forte.


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