Sempre pronti tafazzianamente a enfatizzare indagini giudiziarie e spifferi esteri contro i colossi industriali nazionali. E sovente atarassici di fronte ai successi in terra straniera dei gruppi italiani che vincono la concorrenza agguerrita di società estere sponsorizzate senza tanti complimenti dai rispettivi governi. Il risultato? Ben poca importanza è stata data dai media alla commessa del Qatar per Fincantieri e Finmeccanica (qui descritta, analizzata e commentata da Formiche.net). Eppure gli sconfitti – il gruppo francese Dncs – sono non poco attapirati, se si legge la stampa parigina. Ecco fatti, commenti e analisi.
LA COMMESSA DEL QATAR
Fincantieri e il ministero della Difesa del Qatar hanno firmato giovedì a Roma un contratto (“Protector”) per la realizzazione di sette unità di nuova generazione, per un valore di circa 4 miliardi di euro: le navi saranno costruite in Liguria, nei cantieri di Riva Trigoso e Muggiano. Nell’ambito dell’accordo tra i governi italiano e qatarino, Leonardo-Finmeccanica fornirà sistemi di componentistica e sensori navali di ultima generazione per le nuove navi (4 corvette, 1 Landing Platform Deck e 2 Off-shore Patrol Vessel) destinate alla Qatar Emiri Naval Forces. È un altro rilevante risultato per due multinazionali italiane (a Doha la Salini-Impregilo si sta già occupando della costruzione della metropolitana), anche perché arriva a fronte di una battaglia commerciale vinta sulla forte concorrenza del gruppo francese Dcns. La Francia non ha reagito bene all’esclusione del grande conglomerato della difesa navale dall’affare, ed essenzialmente le critiche che appaiono sui giornali parigini viaggiano secondo due filoni: le accuse dirette a François Hollande e quelle al suo ministro della Difesa Yves Le-Drian.
L’ATTACCO A LE DRIAN
La prima critica al ministro la sgancia Les Echos che definisce “vano” il forcing del suo gabinetto al Doha International Maritime Defence Exhibition & Conference (DIMDEX), uno dei più importanti saloni nautici a livello internazionale (anche perché frequentato dai ricchi acquirenti del Golfo), che s’è svolto a marzo, dove le mosse aggressive francesi avevano fatto irritare il ministro della Difesa italiana Roberta Pinotti, volata a Doha con Mauro Moretti, Ceo di Finmeccanica, e Giuseppe Bono, numero uno di Fincantieri: un preliminare era saltato all’ultimo momento per l’azione di lobbyng di Parigi. Le-Drian è per certi versi il simbolo della nuova assertività francese sul teatro globale dell’ultima dozzina di mesi: sua la volontà di espandere le operazioni militari nel Sahel (la missione di antiterrorismo Barkhane, che continua non senza intoppi, studiata per far segnare la propria presenza in aree di forte influenza francese come Niger, Burkina Faso, Ciad, Mauritania e Mali); suoi gli sforzi per chiudere i grandi accordi commerciali sulla vendita di armi all’Egitto e agli Emirati Arabi, contratti che hanno portato poi la Francia a scegliere di schierarsi più o meno clandestinamente dalla parte della Cirenaica (protettorato egiziano) sulla crisi libica. E chissà che sulla mancata intesa con Dcns in Qatar non abbia pesato anche questo particolare rapporto che Parigi ha sviluppato con il Cairo e Abu Dhabi, notano anche alcuni osservatori: Doha, insieme alla Turchia, sostiene l’Islam politico (più o meno moderato) professato da varie fazioni tripoline, che si pone in netta contrapposizione alle visioni egiziane praticate dall’altro governo libico a Tobruk. Un esempio su tutti, il generale-diplomatico cirenaico Khalifa Haftar combatte tutti i gruppi libici dell’Ovest considerandoli terroristi, collegati alla Fratellanza Musulmana o a espressioni ancora più radicali, secondo una dottrina nata negli uffici governativi dell’Egitto dei militari guidato da Abdel Fattah al Sisi: di contro il Qatar è invece il più grosso sostenitore dell’Ihwan egiziano (Hamad bin Khalifa al Thani, il precedente emiro qatarino aveve promesso entro il 2018 investimenti per circa 21 miliardi di dollari in favore del deposto leader egiziano Mohamed Morsi, espressioni della Fratellanza, che nel frattempo il governo egiziano ha trasformato in un’associazione terroristica); Yusuf al-Qaradawi, teologo egiziano naturalizzato qatarino e presidente dell’Unione internazionale degli studiosi musulmani, in un sermone da Doha invitò gli egiziani alla rivolta contro i militari. Questo il clima che s’è creato a contorno.
HOLLANDE: IL FACILE BERSAGLIO
Probabile però che ci sia soltanto una volontà di diversificazione delle forniture da parte di Doha, che ha già ordinato ai francesi di Dassault Aviation 24 caccia Rafale, oppure anche una necessità tecnica: la Direction générale de l’armement sta da tempo pensando ad un programma di sviluppo per imbarcazioni più piccole, più economiche e più gestibili delle Fremm, “fregate di dimensioni intermedie” si chiama il progetto, ma partirà alla fine del 2016: “Purtroppo sarà troppo tardi”, commenta ironico Les Echos. La Tribune prende di mira invece Hollande e ricorda quando, nel 2014, proprio in occasione della chiusura del contratto per i Rafale, il presidente disse che “la scelta francese” è e sarà sempre la preferita dal Qatar per l’ammodernamento del suo esercito (erano tempi diversi, questioni come la crisi libica avevano un andamento meno polarizzato): “Il Qatar ha finito per smentire Hollande”, scrive Michel Cabriol che firma il pezzo, “una grande delusione per la Francia”, aggiunge. Non viene risparmiato nemmeno in questo caso Le-Drian, citando, sarcasticamente, il commento del ministro al ritorno dagli sforzi del DIMDEX: “Ero andato a Doha pessimista, sono tornato un po ‘più ottimista”, disse Le Drian in quell’occasione. Anche per la Tribune la questione della scelta può però legarsi all’aspetto tecnico delle dimensioni delle navi proposte dai francesi, troppo grandi e mal gestibili, che alla fine hanno indirizzato i qatarani verso l’offerta italiana (notare che tuttavia l’argomento specialistico è ripreso come critica all’operato del governo). Inoltre per il giornale francese sulla decisione finale potrebbe aver pesato anche l’affare in corso per la costruzione del Museo archeologico sottomarino del Qatar, un concept architettonico unico che ha fatto innamorare l’emiro Tamim ben Hamad Al Thani (il sovrano avrebbe molto a cuore il progetto), studiato da una cordata tutta italiana, della cui parte tecnica si occuperanno proprio Finmeccanica e Fincantieri. Ai francesi restano in mano comunque i proventi di Mbda (partecipata Alenia-Marconi Systems-Finmeccanica) e Thales, che produrranno rispettivamente i sistemi di tiro e di guida autonoma dei missili di cui saranno equipaggiate le quattro corvette e la nave-appoggio con capacità anti-aerea della commessa vinta dagli italiani.