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Vi racconto tutte le tensioni fra Stefano Parisi e i vertici di Forza Italia

Non ho mai avuto il piacere d’incontrare Stefano Parisi, finalmente alla prese a Milano con la tanto annunciata e attesa “Conferenza programmatica” dei moderati. Lo conosco solo per interposta persona, in particolare per il gran bene che mi ha spesso detto di lui il comune amico Gianni De Michelis. Che si considera ancora fortunato di averlo avuto tra i suoi collaboratori al governo negli anni d’oro del garofano socialista, quando non immaginava di certo ch’essi potessero finire così presto e, soprattutto, così male. Anni ai quali Parisi è sopravvissuto alla grande perché ha saputo accontentarsi delle proprie competenze, che sono di tutto rispetto, e soprattutto ha sempre saputo stare al suo posto, rifuggendo dal protagonismo, che è un terreno su cui è facile scivolare. Egli mi sembra un po’ una versione giovanile, amministrativa e manageriale di quello che nel mondo della finanza, a suo tempo, fu Enrico Cuccia.

La scena guadagnatasi dalla sfortunata ma assai onorevole corsa alla carica di sindaco di Milano nella primavera scorsa non gli ha certamente dato alla testa. Come invece ai suoi falsi amici di area. Che non appena lo hanno visto incaricato da Silvio Berlusconi di una missione oltre i confini ambrosiani, per quanto ancora non ben definita, gli hanno subito rimproverato di avere perso la corsa a Palazzo Marino. E gliel’hanno tirata – diciamoci la verità – peggio che ad un avversario.

Tutto sommato, la pur ancora imprecisata missione di Parisi è stata seguita e commentata con interesse e persino simpatia più fuori che dentro i confini di quello che fu il centrodestra, come dimostrano il recente editoriale dedicatogli dal direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana, che non mi sembra sia mai stato francamente un elettore di Silvio Berlusconi, i commenti di Giovanni Orsina sulla Stampa e il rispettoso interesse riservatogli dal pur esigentissimo Eugenio Scalfari sulla Repubblica. Tutte cose che hanno insospettito ancora di più quelli che nell’area una volta rappresentata e guidata da Berlusconi hanno accolto male il povero Parisi. “Ci sarà pure una ragione perché i giornaloni lo appoggiano”, ha detto, sempre di Parisi, il capogruppo forzista della Camera Renato Brunetta.

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Non parliamo poi del danno che può avere procurato a Parisi il sostegno più volte dichiaratogli su Libero da Vittorio Feltri, che ha invece dato a Brunetta del “fallito” guadagnandosi in cambio dell’ingrato per avere “tanto ricevuto” da Berlusconi negli anni in cui gli dirigeva il Giornale di famiglia e averne ad un certo punto dichiarato però la “fine”. E Feltri gli ha replicato di avere molto ricevuto, in effetti, dall’ex Cavaliere ma di avergli ancor di più dato, evidentemente con il suo talento professionale e le vendite del quotidiano in edicola, scese senza di lui.

Meno ruvida ma ugualmente puntigliosa è stata la polemica fra lo stesso Brunetta e il Foglio fondato da Giuliano Ferrara e ora diretto da Claudio Cerasa. Che ha appena salutato la Conferenza programmatica di Stefano Parisi augurandole pieno successo e chiamandone il protagonista “ricostruttore del centrodestra”. Ma di un centrodestra “di proposta più che di protesta”, come invece lo concepisce e lo pratica, appunto Brunetta, che capeggia contemporaneamente il gruppo parlamentare dei deputati, anche quelli – ce ne sono – che dissentono da lui ma tacciono, e l’associazione di fatto dei dirigenti di Forza Italia per niente rassegnati a mettersi al servizio di Parisi: dal governatore della Liguria Giovanni Toti, eletto per grazia ricevuta da una sinistra spaccata e suicida in quella regione, all’ex ministro Altero Matteoli.

Se non grandissima, grande e benevola è stata l’attenzione riservata a Parisi dal Giornale di famiglia di Berlusconi e dal suo direttore Alessandro Sallusti, che molto spesso è sembrato interpretare e anticipare gli umori dell’ex presidente del Consiglio più dei vari Brunetta. Eppure, forse sbagliando, per carità, negli ultimi giorni ho colto segnali di un certo, per quanto educatissimo distacco. Che non mi hanno sorpreso perché convinto che in realtà Berlusconi su e attorno a Parisi ha lasciato una certa indeterminatezza perché è lui che non ha ancora deciso che cosa fare da grande, pur essendo ormai sulla soglia degli 80 anni compiuti, entrando il 29 settembre negli 81.

La polifonia di Forza Italia e dintorni, fra le simpatie o i “no intelligenti” di Fedele Confalonieri e Gianni Letta alla riforma costituzionale di Matteo Renzi, i no rumorosi invece di Brunetta, la convinzione che senza i leghisti non ci possa essere un nuovo centrodestra competitivo e quella, opposta, che i leghisti siano ormai una palla al piede, non è una cosa accidentale. E’ una cosa, a mio avviso, voluta perché Berlusconi si riconosce un po’ in tutte queste contraddittorie posizioni.

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Diciamoci la verità, anche conoscendo Berlusconi per averci lavorato insieme. Se lui avesse voluto, sarebbe bastata una telefonata per fermare quella trottola che è diventato, con le sue continue dichiarazioni di guerra, o quasi, il suo capogruppo alla Camera. E lo stesso dicasi per il suo non so più se ancora o ex “consigliere politico”, oltre che governatore ligure, Giovanni Toti. Che ha appena trascorso con Berlusconi un bel po’ di ore insieme nella propria regione, in occasione di una festa di famiglia dell’ex presidente del Consiglio, ma non ha per questo smesso di opporre al nome di Parisi quel sorrisetto che parla più della sua lingua.

Per quante spiegazioni più o meno nobili o astute siano state date, l’assenza dei politici di Forza Italia dalla Conferenza programmatica di Parisi mi sembra più una presa di distanza che un aiuto, specie se sono vere le voci, comparse qua e là sui giornali, di una tiepida, se non negativa, accoglienza riservata da Berlusconi al rapporto parisiano, commissionatogli e puntualmente ricevuto, sullo stato di salute politica e organizzativa del partito. Nella cui sede, peraltro, a Roma il ricognitore ha ricevuto e consultato i coordinatori regionali e quant’altri.

Il fatto che, a Conferenza programmatica di Parisi ancora non aperta, sia stata annunciata o confermata per ottobre una conferenza tutta intera di Forza Italia per rilanciarla, mentre rimane aperta la prospettiva di un’altra Conferenza ancora, chiamata da Brunetta “Gli Stati Generali del centrodestra”, non mi convince. Qui c’è qualcosa di troppo, o di strano, o di troppo e strano insieme.

Come diceva la buonanima di Giulio Andreotti, pace all’anima sua, a pensare male si fa peccato ma qualche volta, anzi spesso, se non sempre, s’indovina. Occhio, Parisi. Che Dio gliela mandi buona.

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