Le sigle dicono poco. In Italia, quando si parla di sindacati, i principali riferimenti sono Cgil, Cisl e Uil. Lo sciopero generale dei trasporti indetto per oggi, però, riguarda altre rappresentanze di lavoratori. In particolare, Cub, Sgb, Usi-Ait e Cobas lavoro privato. Tutti con siti internet con lo sfondo rosso e foto di grandi o piccoli presidi. Aria di lotta, rivalsa sociale e potere operaio.
“Sarà un venerdì nero per i trasporti. Noi abbiamo cercato di ragionare, ma ci saranno difficoltà”, ha annunciato il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio. I disagi riguarderanno treni, aerei e bus, e coinvolgeranno sia le grandi città, da Milano e Roma, sia le realtà locali. La protesta è stata organizzata a “difesa del diritto di sciopero e contro le privatizzazioni e le liberalizzazioni del settore”. Ma chi sono i sindacati che minacciano il blocco della mobilità?
La Confederazione unitaria di base (Cub) è nata nel 1992, ha la sua sede principale a Milano e ha poca stima dei sindacati tradizionali, “cinghia di trasmissione del padronato, dei partiti e dei governi”. Il sindacato si sostiene col contributo versato dai lavoratori e “pratica la più completa autonomia dal padronato”. Il segretario nazionale è Marcelo Amendola. A giudicare dal suo profilo Facebook, e dalle foto che lo ritraggono tra aeroporti e stazioni, uno che di mobilità ne sa qualcosa: “La cosa importante è non fermarsi mai”. Tranne, ovviamente, in caso di sciopero.
Anche il Sindacato generale di base (Sgb) ha avuto origine tra Milano e Bergamo. La sigla è stata fondata nel 2016 da alcuni fuoriusciti dall’Unione sindacale di base (Usb), tra i quali l’ex leader, Massimo Betti, bolognese cui il coordinamento nazionale, dopo la scissione, tolse ogni potere.
Sull’homepage del portale dell’Unione sindacale italiana campeggia il Quarto stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo. La sigla completa è Usi-Ait, con quest’ultima abbreviazione che sta per Association internacional de los trabajadores, una federazione internazionale anarco-sindacalista che coinvolge le rappresentanze di diverse nazioni. Rispetto a Cub e Sgb, l’Usi-Ait ha radici lontane: fondata nel 1921, è stata sciolta dal fascismo nel 1922 per poi ricostituirsi all’inizio degli anni ‘70.
Recita l’articolo 2 dello statuto: “L’Usi è l’organizzazione nazionale di tutti i salariati, i precari e i disoccupati che si propongono di raggiungere con le proprie forze l’emancipazione dell’uomo, liberandosi da qualsiasi dominio economico, politico e morale”. La sigla è basata sull’autogestione del lavoro, ha sede a Milano, Udine e Roma, e ha tra i principali riferimenti il segretario nazionale con delega al Commercio, Sandro Bruzzese.
Sullo sciopero di oggi, i Cobas lavoro privato hanno le idee chiare: “Abbiamo aderito all’appello lanciato dai lavoratori Alitalia per un grande sciopero nazionale che unisca tutti i lavoratori dei trasporti, ognuno con le proprie rivendicazioni e piattaforme, contro privatizzazioni e sfruttamento”.
Il lavoro privato è una delle sezioni della Confederazione dei comitati di base, sigla nata nel 1999 dalla fusione tra Cobas scuola e Coordinamento nazionale Cobas. Il sindacato si pone alla sinistra di Cgil, Cisl e Uil, e ha come leader Piero Bernocchi (nella foto), ex sessantottino tra i maggiori esponenti del sindacalismo alternativo italiano. Cub, Sgb, Usi-Ait, Cobas Lavoro privato: le sigle dicono poco. Ma sono loro i sindacati che, oggi, minacciano di fermare l’Italia.