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L’intelligence russa ha aumentato le sue attività negli Stati Uniti

Dalle elezioni di novembre 2016, i servizi segreti russi hanno aumentato le proprie attività all’interno degli Stati Uniti, raccontano funzionari correnti ed ex dell’intelligence americana alla CNN. Ingressi sospetti di uomini d’affari russi, guisa classica per la copertura degli operativi, che avrebbero raggiunto le 150 unità in America — reintegro muscoloso alle 35 espulsioni decretate dall’amministrazione Obama per punire quelle operazioni informatiche con cui Mosca, secondo l’Intelligence Community americana, ha pianificato l’ingerenza nelle elezioni presidenziali (i 35 espulsi erano spie sotto copertura, tracciate dall’intel statunitense).

Secondo i funzionari americani l’aumento delle attività clandestine dei servizi russi è anche collegabile all’assenza di “una rappresaglia” concreta proprio per le interferenze durante le elezioni presidenziali dello scorso anno. È un argomento micidiale — l’articolo è uscito due giorni fa — per chi critica (con sospetto pure) l’atteggiamento debole dimostrato da Donald Trump durante l’incontro amburghese con Vladimir Putin, che ha avuto una sferzata nell’uscita fuori agenda dell’americano per parlare proprio dell’interferenza alle presidenziali, ma che si è concluso con Trump che “ha accettato” la discolpa di Putin. È ancora più micidiale per chi sostiene che l’operazione di disturbo di Mosca, mirata a indebolire Hillary Clinton per favorire Trump, è stata il frutto di una collusione dei trumpers col Cremlino; ecco le conseguenze, ‘la Casa Bianca lascia spazio alle attività delle spie russe perché c’è una collusion’, diranno questi. Ed è buono, nonostante sia uscito sull’odiata CNN (“FakeNews CNN”, come l’ha ribattezzata il Prez in uno sciagurato tweet), anche per i fan presidenziali che sposano la contro polemica spinta dal commander in chief: ‘perché — è la linea del presidente — se Obama sapeva dell’azione russa non ha fatto niente per fermarla?’ Ecco i risultati, può essere il tema visto da questo lato.

L’FBI traccia costantemente le mosse dei rivali all’interno dei propri confini (né più né meno di quello che fanno tutte le agenzie di controspionaggio negli altri paesi del mondo). Diverse delle persone che sono entrate negli ultimi mesi negli Stati Uniti dalla Russia, e che le Intelligence pensano siano spie sotto copertura, hanno cercato di farsi assumere in posti sensibili, racconta una fonte della CNN. Ma nonostante questo il dipartimento di Stato non ha bloccato i loro visti speciali (TDY), cosa che invece l’intel avrebbe preferito. L’ex portavoce del dipartimento di Stato, l’ammiraglio John Kirby, che ora fa l’analista per la CNN, ha spiegato che negare un visto è molto complicato, perché servono cose concrete per farlo e queste spie entrano con un background ben costruito e inattaccabile. In mezzo alla storia la vicenda delle due ville di rappresentanza russe in Maryland e nello stato di New York, confiscate dal governo americano a dicembre (sotto Obama) perché ritenute compound tecnici utilizzati per comunicazioni riservate dalle spie di Mosca. Il Cremlino le rivuole indietro, l’amministrazione Trump è divisa tra chi crede che occorra tenere il punto e chi vorrebbe cancellare la decisione punitiva presa da Obama (la confisca rientra nelle misure che hanno coinvolto i 35 operativi) come passo ricostruire i rapporti tra i due paesi. Intanto la Russia ha bloccato i lavori per la costruzione del consolato americano a San Pietroburgo.

 

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