In fondo è andata meglio del previsto. Le attese che hanno accompagnato il G-20 tenutosi venerdì e sabato ad Amburgo erano molto più caute. Anche quelle di Angela Merkel. Ancora giovedì mattina, dando il benvenuto ai capi di Stato e di governo, la Kanzlerin aveva sollecitato tutti a cercare dove fosse possibile il compromesso “ma senza compiere contorsioni”.
La domanda che ci si poneva era – se alla fine del vertice ci sarebbe stata una netta spaccatura, un tutti contro uno – se il vertice avrebbe sancito l’isolamento degli Usa o se alla fine i 19 si sarebbero prestati nonostante la raccomandazione di Merkel, a delle contorsione, pur di dare un’immagine di unità verso l’esterno. L’attenzione e i timori erano rivolti in particolare su due punti: il commercio mondiale e le politiche climatiche. Riguardo al primo tema, il presidente americano Donald Trump già in campagna elettorale aveva promesso di introdurre dazi protezionistici per difendere l’industria americana. Riguardo all’accordo di Parigi sul clima, non è da molto che Trump ha suggellato con la sua firma l’uscita degli Usa dall’accordo, come annunciato al G-7 di Taormina.
Ma il peggio è stato evitato. Eccetto sul clima, sugli altri punti un accordo è stato trovato. Certo nulla di rivoluzionario, ma nemmeno solo tarato sul minimo comune denominatore. Per questo, ieri in conferenza stampa si è presentata una Kanzlerin (perlomeno) apparentemente rilassata e soddisfatta.
Merkel ha voluto ricordare il titolo di questo G-20:“Dare forma a un mondo sempre più interconnesso” simboleggiato attraverso il più importante tra i nodi marini: quello baciato. “Un nodo”, aveva spiegato già giovedì mattina, “che più viene stretto, più garantisce la tenuta”.
Poi è passata a elencare i quattro punti, sui quali si è giunti a un accordo.
Il primo riguarda l’economia mondiale e il commercio. Qui anziché arrivare alla temuta spaccatura o finire ostaggio del corso avviato da Trump alla Casa Bianca (“America first”) si è giunti al compromesso: accordi bilaterali sono possibili a patto che rispettino le norme previste dal WTO. Un compromesso che non soddisfa molti perché sembra addirittura aprire alle richieste di Trump. Più probabile, invece, che metta la palla al centro, faccia guadagnare tempo, anziché arrivare allo scontro immediato tra chi “come Donald Trump”, spiegava nei giorni passati Merkel “intende la globalizzazione come una corsa dove ci può essere uno solo e tutti gli altri sono dei vinti, oppure come la intendo io, un processo di inclusione, dal quale alla fine tutti ne traggono profitto”.
Il secondo punto riguarda la stabilizzazione dei mercati finanziari, la lotta all’evasione, ai paradisi fiscali e al sistema bancario ombra. E ancora il ruolo che deve assumere la Banca Mondiale nella lotta e nell’intervento tempestivo delle pandemie.
Il terzo punto si focalizza sul ruolo femminile, sul garantire pari opportunità di istruzione, lavoro e autosostentamento in particolare per le donne nei Paesi africani. L’obiettivo è di ridurre del 25 per cento il gap attualmente esistente tra uomini e donne. Un progetto per il quale Trump si è impegnato a contribuire con 50 milioni di dollari. Inoltre ha promesso 640 milioni di dollari contra la fame nel mondo.
Come ultimo punto Merkel ha citato gli impegni sul clima, sulle riduzioni di emissioni nocive. Su questo punto non si è invece cercato il compromesso a tutti costi. “Perché gli accordi di Parigi sono reversibili”, ha sottolineato Merkel. Per questo nel comunicato finale ci sono capoversi che riguardano l’accordo dei 19 e capoversi che riprendono invece la posizione Usa.
Alla domanda di un giornalista se quanto stabilito sul commercio mondiale non possa essere smentito già domani dal presidente americano, la Kanzlerin ha risposto: “Questo è quanto scritto nel comunicato. Cosa potrà essere detto domani, non lo so”. Intanto, in tarda serata il presidente turco Recep Erdogan ha annunciato che anche la Turchia probabilmente non ratificherà l’accordo di Parigi, per lo meno non in tutte le sue parti. Un ripensamento che ha stupito, ma che forse potrebbe essere anche solo un gesto di stizza per aver ricevuto troppa poca attenzione da parte dei media. I quali, infatti, si sono molto più occupati di Trump e dell’incontro del presidente americano con il suo omologo russo, Vladimir Putin.
Il vertice pare avere però sortito anche altri due effetti. Uno positivo, l’altro più problematico. Innanzitutto pare che stia svanendo lentamente quella sorta di paralisi che l’elezione di Trump ha causato soprattutto nel mondo occidentale. Il fatto di decidere che sul clima si poteva anche protocollare le diverse posizioni può essere paragonato a un risveglio, alla presa di coscienza che il mandato presidenziale di Trump dura quattro anni non 40, e che comunque molti Stati americani così come molti gruppi statunitensi hanno già fatto sapere che loro invece si terranno agli accordi di Parigi”.
Più delicata appare a molti invece la liaison rafforzata con la Cina. E’ da tempo che Pechino cerca di annodare relazioni più salde con la Germania e l’erraticità del presidente americano sembra andare incontro a questo desiderio. Tant’è che il presidente cinese Xi Jinping era arrivato a Berlino già mercoledì per un incontro con Merkel.
Nei prossimi giorni verranno tirate le fila di questo vertice. In particolare i media tedeschi si chiederanno se quanto raggiunto, sarà un’altra lancia a favore di Merkel nella campagna elettorale. Certo le manifestazioni, poi sfociate in violenti scontri tra Black Block e polizia hanno prodotto immagini che, soprattutto con lo schieramento di 20mila tra poliziotti, teste di cuoio e forze speciali, si sperava di evitare. Le evidenti difficoltà che le forze di sicurezza hanno avuto la notte da venerdì a sabato nel Schanzenviertel, un quartiere roccaforte della sinistra radicale, non depongono a favore di un apparato di sicurezza in grado di venire a capo velocemente a situazioni del genere. Molti Black Block si sono arrampicati anche sulle impalcature per lanciare bombe molotov e oggetti pesanti sui poliziotti.
I politici di tutti gli schieramenti hanno fermamente condannato “questa furia cieca, questa voglia di violenza fine a se stessa”. Merkel ha fatto di più. Non solo ha condannato, anche ieri, in conferenza stampa “questa violenza inaudita che nulla ha a che fare con manifestazioni di dissenso e di protesta, che fanno parte di una democrazia”, la Kanzlerin in conferenza stampa ha anche comunicato di aver già parlato con il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, “per capire come risarcire nel modo più veloce e meno burocratico possibile i cittadini danneggiati. E ripeto come risarcirli, non se risarcirli”.
Un annuncio che certo i tedeschi hanno apprezzato, e non solo quelli che si sono visti saccheggiare il negozio, incendiare la macchina, riportare danni di altro genere. Un gesto che ricorda quello dell’ex cancelliere Gerhard Schröder nella campagna elettorale del 2002. Quell’estate in seguito a piogge torrenziali ci furono drammatiche inondazioni. E mentre il suo sfidante, il bavarese Edmund Stoiber era in vacanza, Schröder si mostrava con il badile in mano ad aiutare a togliere le masse di fango. Certo, nel caso di Amburgo lo sfidante di Merkel, il capo dei socialdemocratici Martin Schulz può fare poco. Va però apprezzato il fatto che Schulz, diversamente dai Verdi e dalla Linke (Sinistra) con grande signorilità (o saggezza politica anche perché il sindaco di Amburgo Olaf Scholz è un socialdemocratico) non ha criticato né la polizia, né Merkel per i disordini.