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Il Papa, la Chiesa e i migranti. Parla Marcello Pera

Pera

Presidente Pera, che giudizio si è fatto dei continui appelli all’accoglienza dei migranti fatta da questo Papa? Un’accoglienza indiscriminata, senza condizioni, totale?

Francamente questo Papa non lo capisco, quanto dice è al di fuori di ogni comprensione razionale. È evidente a tutti che un’accoglienza indiscriminata non è possibile: c’è un punto critico che non può essere superato. Se il Papa non fa riferimento a questo punto critico, se insiste su un’accoglienza massiccia e totale, mi pongo la domanda: perché lo dice? Qual è il fine vero delle sue parole? Perché manca di un minimo di realismo, di quel poco che è richiesto a chiunque? La risposta che posso darmi è una sola: il Papa lo fa perché detesta l’Occidente, aspira a distruggerlo e fa di tutto per raggiungere questo fine. Se non si tiene conto della soglia critica oltre la quale le nostre società non possono più accogliere chiunque, e nemmeno garantire a loro quella dignità minima che si deve a tutti gli uomini, assisteremo presto a una vera e propria invasione che ci sommergerà e che metterà in crisi i nostri costumi, le nostre libertà, lo stesso cristianesimo. Ci sarà una reazione e una guerra. Come fa il Papa a non capirlo? E da che parte starà una volta scoppiata questa guerra civile?

Non ritiene che c’entri anche il Vangelo, la predicazione di Cristo? Quella del Papa non è forse un’etica della convinzione assoluta, astratta, che non tiene conto delle conseguenze?

No, assolutamente. Così come non ci sono motivazioni razionali, non ci sono nemmeno motivazioni evangeliche che spieghino quel che il Papa dice. D’altronde, questo è un papa che, sin dal giorno del suo insediamento, fa solo politica. Cerca l’applauso facile facendosi ora segretario generale dell’ONU, ora capo di governo, persino sindacalista quando interviene nelle vicende contrattuali di un’azienda come Mediaset. E la sua visione è quella sudamericana del giustizialismo peronista, che non ha nulla a che vedere con la tradizione occidentale delle libertà politiche e con la sua matrice cristiana. Il cristianesimo del Papa è di altra natura. Ed è cristianesimo politico, integralmente.

Ciò non sembra suscitare però questa volta la sollevazione dei laicisti in servizio permanente ed effettivo durante i papati precedenti?

In Italia il conformismo è parossistico. Questo è un Papa che piace all’opinione pubblica informata, che corrisponde a certi suoi umori di base e che è pronta ad applaudirlo anche quando dice banalità.

In un passaggio dell’intervista rilasciata a Scalfari, uscita sabato scorso su Repubblica, Bergoglio, dopo aver fatto un appello all’Europa, paventa “alleanze assai pericolose” contro i migranti di “potenze che hanno una visione distorta del mondo: America e Russia, Cina e Corea del Nord”. Non è alquanto bizzarro accomunare una democrazia di vecchia data quale l’America a paesi fortemente autoritari e addirittura totalitari?

Lo è, ma non mi meraviglio alla luce di quanto ho prima detto. Il Papa riflette tutti i pregiudizi del sudamericano verso l’America del Nord, verso il mercato, le libertà, il capitalismo. Sarebbe stato così anche se alla presidenza americana fosse rimasto Obama, ma non c’è dubbio che queste idee del Papa si saldino oggi, in un mix pericoloso, al sentimento anti-Trump diffuso in Europa.

Perché succede tutto questo? Non è tutto profondamente irrazionale?

No, non lo è. Direi anzi che è finalmente esploso in tutta la sua radicalità rivoluzionaria e sovvertitrice il Concilio Vaticano II. Sono idee che portano al suicidio la Chiesa cattolica, ma sono idee che erano già state sostenute e giustificate in quel tempo e in quella occasione. Si dimentica che il Concilio precedette temporalmente la rivoluzione studentesca, quella sessuale, quella dei costumi e dei modi di vivere. La anticipò e, in qualche modo, la provocò. L’aggiornamento del cristianesimo laicizzò allora fortemente la Chiesa, innescò un cambiamento che fu molto profondo anche se esso, che rischiava di portare a uno scisma, fu governato e tenuto a bada negli anni successivi. Paolo VI lo assecondò, ma ne rimase infine vittima. I due grandissimi Papi che succedettero a lui erano consapevoli perfettamente delle conseguenze innescate, ma tentarono di contenerle e governarle. Assunsero una visione tragica verso la realtà, resistettero, cercarono di mediare il nuovo con la tradizione. Lo fecero in modo eccelso. Avevano fatto una marcia indietro, ma ora quelle briglie sono sciolte: la società e non la salvezza, l’agostiniana città terrena e non quella divina sembra essere l’orizzonte di riferimento della gerarchia ecclesiastica dominante. I diritti dell’uomo, tutti e senza esclusione, sono diventati il riferimento ideale e la bussola per la Chiesa, per i diritti di Dio e della tradizione non c’è più quasi spazio. Almeno apparentemente. Bergoglio si sente e si vive completamente libero rispetto ad essa.

(Breve estratto di un’ntervista pubblicata sul Mattino)



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