In Catalogna ci sono forti venti di secessione. Il 4 luglio scorso il movimento indipendentista ha depositato in Parlamento un progetto di legge per la realizzazione di un referendum con carattere vincolante – senza quorum – il 1° ottobre. In caso di una vittoria del “Sì”, entro 48 ore la Catalogna si dichiarerebbe indipendente dalla Spagna.
In un’intervista con Formiche.net, Luca Bellizzi, delegato della Generalitat in Italia, spiega la situazione sulla richiesta di indipendenza della Catalogna, e la differenza con altri movimenti secessionisti in Europa.
LA PROPOSTA DI LEGGE PER IL REFERENDUM
Bellizzi ricorda che, agli occhi dell’opinione pubblica internazionale, sono state molte le volte che per la Catalogna sembrava un momento storico, ma questa volta lo è per davvero. “Se il progetto di legge diventerà legge, le dichiarazioni del governo catalano diventeranno procedura legale. E l’indipendenza della regione potrebbe essere alle porte, se così il popolo lo vorrà”.
Secondo il rappresentante del governo catalano, entro la metà di agosto e i primi giorni di settembre, il Parlamento dovrà votare sull’approvazione del progetto presentato da Junts pel sí e Candidatura d’Unitat Popular. La proposta – che si può consultare sul sito garanties.cat– prevede la dichiarazione dell’indipendenza della regione catalana a due giorni dalla ipotetica vittoria del sì. Il progetto di legge non fissa un minimo di partecipazione.
LA POSIZIONE DI MARIANO RAJOY
Anche se il governo di Mariano Rajoy ha detto che questa legge “non si farà perché è antidemocratica”, il presidente della Catalogna, Carles Puigdemont, è convinto che i catalani potranno esprimersi sulla secessione. In un’intervista a La Repubblica, Puigdemont ha detto che “il referendum si farà, Rajoy non invierà la polizia. Se vincerà il Sì si inaugurerà una fase di transizione che ci porterà fino alla nuova Costituzione”. Secondo il presidente catalano, la disponibilità per risolvere la questione per la via del dialogo è sempre stata respinta. “Rajoy mi ha sempre risposto ‘non posso e non voglio permettere un referendum’. Il problema è nel non voglio”, ha detto Puigdemont. Rajoy, si sa, non vuole fare la fine di David Cameron con la Brexit nel Regno Unito.
CONSULTA LEGALE, EFFETTIVA E VINCOLANTE
Tuttavia Bellizzi sostiene che le autorità catalane continuano ad essere disposte a negoziare fino all’ultimo minuto, ma si preparano comunque per tutti i passaggi che porteranno alla consultazione popolare. “Il punto numero uno del progetto di legge – spiega il rappresentante della Generalitat – spiega il contesto legale per l’autodeterminazione della Catalogna e dà al referendum un valore legale, effettivo e vincolante”.
Nonostante la Costituzione spagnola vieti la divisibilità dello Stato, Bellizzi ricorda che “la Spagna ha firmato la Carta delle Nazioni Unite nel 1976, entrando a fare parte dello status dell’autodeterminazione dei popoli, per cui i catalani hanno questo diritto”.
REFERENDUM SENZA QUORUM
L’articolo 4 del progetto di legge del referendum per la Catalogna indica che non si prevede un quorum: “Questo aspetto, consigliato da esperti internazionali, stabilisce che non ci sia necessità di un quorum minimo, questo per evitare l’astensione – spiega Bellizzi -. Gli elettori devono sapere che le conseguenze sono vincolanti. La proposta prevede che nei due giorni successivi all’annuncio dei risultati, in caso di vittoria del Sì, la Catalogna potrà attivare la dichiarazione d’indipendenza dalla Spagna. Se vince il No, saranno convocate le elezioni autonome”. L’hashtag della campagna del governo catalano è #comsempre (come sempre), perché il messaggio è che si voterà come sempre. Per il referendum catalano restano le stesse garanzie democratiche.
PERCHÈ LA CATALOGNA NON È LA PADANIA
Un altro aspetto interessante del movimento indipendentista catalano è la distanza che vogliono prendere da altre iniziative – in apparenza – simili in Europa. Bellizzi sottolinea che “le caratteristiche dell’iniziativa catalana sono molto diverse da quelle della Padania in Italia, per non parlare del Veneto, Sicilia e Sardegna. In Catalogna ci sono caratteristiche tipiche. Siamo una nazione storica, con un governo che era presente nell’epoca medievale, uno degli Stati più antichi dell’Europa. Le istituzioni proprie del governo catalano sono rimaste intatte fino al 1714, quando la regione perde la propria sovranità. La Padania non è mai esistita come identità di autogoverno”. Anche dal punto di vista linguistico e culturale la Catalogna rivendica la sua indipendenza: parla una lingua propria, diversa dallo spagnolo, e vive una cultura unica.
Da un punto di vista politico – a differenza da quello padano, ma anche da quello scozzese – il movimento separatista catalano è trasversale, non è legato a un unico partito. Oltre al Partito Popolare e Ciudadanos – che sono contrari alla consulta – altri partiti di destra e di sinistra promuovono il referendum per l’indipendenza della Catalogna. Grande incognita invece per il voto del Partito Socialista Operaio Spagnolo e Podemos.
E GLI EFFETTI PER L’EUROPA?
Infine, sulle conseguenze per l’Europa, Bellizzi rassicura: “Non ci saranno effetti. La Catalogna resta europeista. Le conseguenze che ci saranno dipendono dalle reazioni della Spagna in caso di secessione se, come disse l’ex ministro degli Affari esteri, fuori dalla Spagna la Catalogna resterà nel limbo perché imporrano il veto”. Il delegato ricorda che il 20 per cento del Pil spagnolo è nella regione catalogna e che in Spagna ci sono circa 600 imprese italiane, di cui l’80 per cento è in Catalogna, oltre a 48mila cittadini italiani: “Siamo convinti – conclude – che per problemi pratici l’Unione europea proporrà soluzione pratiche e ci sarà magari un ingresso express, per gli interessi dell’Europa”.