Lettera aperta agli intellettuali e politici italiani che (poco tempo fa) hanno sostenuto la rivoluzione bolivariana del Venezuela.
Cari Fausto Bertinotti, Nichi Vendola, Gianni Minà, Gianni Vattimo, Domenico Losurdo, Manlio Di Stefano e Ornella Bertorotta,
perdonerete se mi rivolgo collettivamente ad un gruppo di persone che individualmente hanno storie e pensieri diversi, ma la situazione in Venezuela è così grave che è prezioso il contributo di chiunque abbia (o abbia avuto) rapporti con il governo bolivariano di ieri o di oggi. Voi tutti, come politici o intellettuali, avete indicato il socialismo bolivariano come modello, non solo per il Venezuela ma anche per altri Paesi latinoamericani ed europei.
Spero che abbiate a cuore anche il popolo venezuelano, composto di cittadini di ogni colore e razza, la cui incolumità fisica è minacciata quotidianamente, così come il loro sistema democratico. Oggi mancano i beni di prima necessità, dalle medicine al cibo, ma anche il diritto di esprimersi con il voto. Le elezioni regionali previste per quest’anno sono state annullate e ancora nessuno ha capito il perché.
L’orgoglio di una classe politica in difficoltà rischia di affamare un popolo che è allo stremo. Il governo italiano ha proposto l’apertura di un canale umanitario (anche per tendere una mano ai 150mila italiani residenti in Venezuela), ma Maduro ha rifiutato finora la proposta sostenendo che non c’è alcun bisogno. Purtroppo, però, la realtà parla da sé. Gli indici di mortalità per mancanza di medicine e la denutrizione generale sono aumentati, secondo cifre ufficiali della Caritas.
Sette milioni di cittadini venezuelani (circa il 50 per cento degli aventi diritto al voto) si sono espressi contro l’assemblea Costituente prevista per il 30 luglio. Una proposta del presidente Nicolás Maduro per abolire l’attuale Parlamento (che ha la maggioranza dell’opposizione) e rinviare ancora le elezioni generali indicate dalla Costituzione. Il dissenso al governo di Maduro è trasversale: molti di questi cittadini abitano in quartieri popolari che sono stati il polmone della rivoluzione chavista e oggi chiedono la fine di una guerra civile che sta affamando il popolo e cancellando la democrazia.
I venezuelani sono così disperati da correre il rischio di morire pur di esprimere la loro volontà attraverso il voto. A Catia, uno di questi “barrios” popolari, un’infermiera di 61 anni, Xiomara Scott, è stata uccisa mentre faceva la fila per votare il 16 luglio al referendum convocato dall’opposizione per cercare di bloccare la Costituente di Maduro. A spararle sono stati gruppi armati che sostengono il governo. Dal primo aprile sono morti 116 ragazzi tra i 15 e i 30 anni durante le proteste dell’opposizione, che è maggioranza di un Parlamento continuamente sotto attacco, fino alle violenze fisiche.
L’Unione europea e gli Stati Uniti minacciano nuove sanzioni contro il Venezuela, ma non colpiranno il governo di Maduro, che ha venduto ad un prezzo bassissimo le azioni della petrolifera statale Pdvsa a Goldman Sachs per rimpinguare le casse dello Stato bolivariano, anziché i venezuelani, già allo stremo.
È il momento della mediazione, che ha portato alla liberazione del leader dell’opposizione, Leopoldo López, ora agli arresti domiciliari dopo tre anni di carcere, da prigioniero politico. Il fondatore del partito Voluntad Popular è tornato a casa, grazie anche all’opera di mediazione dell’ex presidente socialista spagnolo José Luis Rodríguez Zapatero.
È il momento di superare le divisioni politiche e fare ognuno tutto quello che è possibile per migliorare la situazione in Venezuela. A Fausto Bertinotti, Nichi Vendola, Gianni Minà, Gianni Vattimo, Domenico Losurdo, Manlio Di Stefano ed Ornella Bertorotta, chiedo di dare una mano per fare pressione sul governo venezuelano per accettare gli aiuti per i beni di prima necessità e per ripristinare la vita democratica di un Paese dove in tanti sognavano un mondo migliore e si ritrovano in un incubo quotidiano. In momenti di crisi, un consiglio da parte di chi è stato (o resta dalla nostra parte), vale più di mille critiche, minacce e sanzioni.