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Venezuela, Trump sanziona Maduro. L’Europa cosa fa?

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Da Caracas continuano ad arrivare brutte notizie: poco dopo 15 giorni da essere tornato in casa, il leader dell’opposizione venezuelana, Leopoldo López, è tornato tra le sbarre. Il presidente Nicolás Maduro ha deciso di rimuovere gli arresti domiciliari e ieri sera è stato trasferito dal servizio di intelligence Sebin. Secondo alcuni fonti giornalistiche, è nel carcere militare di Ramo Verde.

IL CASO DEL SINDACO DI CARACAS

Ugualmente, il sindaco di Caracas, Antonio Ledezma, è stato trasferito in maniera violenta all’alba (in pigiama e in forma) da agenti del Sebin. Non si sa dove sia in questo momento. Vanessa Ledezma, la figlia che vive ormai da anni a Roma, ha denunciato il fatto sui social network: “Aiutatemi a diffondere! Sono responsabile di Nicolas Maduro della vita di mio padre #antonioledezma, il Sebin l’ha appena trascinato via, non sappiamo dove sia. Che il mondo intero lo sappia! #SOS”. Qui il video postato su Youtube da una vicina del palazzo dove abita Ledezma.

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LA FUGA DI LILIAN TINTORI

Con grande stupore – e polemiche – la moglie di López, l’attivista Lilian Tintori, è partita lo scorso venerdì dall’aeroporto internazionale Simón Bolívar per Miami insieme ai due figli piccoli e la suocera. Ufficialmente ha dichiarato che aveva programmato un campus estivo per i bambini, ma ufficiosamente si è saputo che la famiglia López era stata minacciata dagli agenti del Sebin che sorvegliano il fondatore del partito Voluntad Popular agli arresti domiciliari. “Si sono portati via Leopoldo di casa – ha denunciato Tintori su Twitter -. Non sappiamo dove sta né dove lo porteranno. Maduro è responsabile di qualsiasi cosa possa succedergli”.

Leopoldo López è stato in carcere tre anni ed è condanno a più di 13 anni di carcere. Secondo rappresentanti del governo di Maduro, López avrebbe mancato alla promessa di “chiamare alla pace” e per questo sono stati revocati i domiciliari.

LE COLPE DI ANTONIO LEDEZMA

Ledezma, invece, era agli arresti domiciliari dal 2015 per motivi di salute. Da due anni e mezzo è in attesa di una sentenza. Ledezma, sindaco di Caracas e leader del partito Alianza Bravo (qui il ritratto di Formiche.net), aveva contestato lunedì la proposta di Maduro per le elezioni regionali, posticipate due volte in questo anno in un video postato sui social: “Non immagino nessuno, leale alla lotta del popolo venezuelano, iscrivendosi in una coda al Consiglio Nazionale Elettorale; abbiamo abbiamo abbastanza da questo Consiglio, che domenica è stato protagonista di una delle frode più vergognose”.

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LE NUOVE SANZIONI DI DONALD TRUMP

Ieri il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha una lista di 13 personaggi venezuelani, tra cui il presidente Nicolas Maduro, ai quali sono stati imposti nuove sanzioni. L’amministrazione del presidente Donald Trump ha definito Maduro “un dittatore”, dopo il voto di domenica scorsa e ha insistito che darà “prova del suo sostegno alla popolazione venezuelana”. “Le elezioni illegali di ieri – ha spiegato Steven Mnuchin, segretario del Tesoro – confermano che Maduro è un dittatore che disgrega la volontà del popolo venezuelano”. A Maduro e gli altri sono stati congelati i beni in America, mentre ai cittadini americani è stato vietato fare affari con i sanzionati. Il presidente venezuelano ha risposto dicendo che non obbedisce “gli ordini imperialisti, io non obbedisco a governi stranieri, io sono un presidente libero”.

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L’INFLUENZA DI RUBIO SULLA CASA BIANCA

Per l’analista Andrés Oppenheimer, la crisi venezuelana lascia in chiaro che l’amministrazione Trump ha sposato la politica dell’America del sud del senatore americano Marco Rubio. In un articolo pubblicato sul Miami Herald, Oppenheimer sostiene che “è una cattiva idea, anche per chi ha un’opinione positiva del senatore repubblicano in Florida. Le ultime sanzioni dell’amministrazione Trump contro 13 funzionari venezuelani coinvolti nella violazione dei diritti umani e la corruzione illustrano il caso. Le sanzioni, che includono la revoca del visto e il congelamento dei beni, sarebbero stati suggeriti da Rubio alla Casa Bianca”. La proposta sarebbe stata inviata a Trump in una lettera privata il 25 luglio.

Rubio sarebbe la mente dietro all’idea dell’embargo petrolifero al Venezuela da parte degli Stati Uniti. Una misura che beneficerebbe molto al presidente Maduro e poco ai venezuelani, secondo l’analista Moisés Naim (qui l’analisi dell’ex direttore di Foreign Policy). Le sanzioni nel settore energetico alimenterebbero la retorica anti-imperialista del chavismo e farebbero fare la fame – ancora di più – alla popolazione in Venezuela.

LA PROPOSTA DELL’ECONOMIST SUL VENEZUELA

ECONOMISTL’unica strada che resta per ristabilire l’ordine democratico in Venezuela è quella della coalizione internazionale. In un articolo (di copertina) pubblicato nell’ultima edizione del settimanale The Economist, si legge che “al posto di una seconda Cuba o una Cina tropicale, il Venezuela chavista, con la corruzione, violenza e incapacità, corre il rischio di trasformarsi in qualcosa di peggio”. Dopo un’analisi esaustiva della situazione, la pubblicazione sostiene che “tutto questo fa infuriare i venezuelani. Ma dovrebbe indignare il mondo”. La soluzione proposta dall’Economist è una “transizione negoziata”, basata nella fine del regime di Maduro e il rispetto della Costituzione e il Parlamento, anche se “nulla indica che Maduro e i suoi vogliano lasciare volontariamente il potere”, ma anche sanzioni più severe dall’Unione europea e l’America latina. “Le banche dovrebbero svelare informazioni vergognose sui funzionari che nascondo all’estero i fondi pubblici che hanno rubato”, conclude.



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