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Tim, Open Fiber, Enel e Cdp. Che cosa succede sulla rete di Telecom Italia?

Di Fernando Pineda e Veronica Sansonetti

Non sono arrivate obiezioni né dal governo né da Cdp sullo scenario prefigurato e auspicato dal presidente di Open Fiber, Franco Bassanini, sulla rete sia di Tim che di Open Fiber (società controllata da Enel e Cdp). Ma Tommaso Pompei, amministratore delegato di Open Fiber e uomo vicinissimo a Francesco Starace, capo azienda di Enel, nicchia sui piani indicati da Bassanini, come svela Lettera 43. Ma andiamo con ordine.

CHE COSA HA DETTO IL PRESIDENTE DI OF

In una intervista al quotidiano La Stampa, Bassanini ha sostenuto che se si vuole mettere mano alla rete le opzioni sono essenzialmente due: o conferire tutto a Open Fiber oppure staccare l’infrastruttura dalla casa madre, come è avvenuto in passato nel gas e nell’energia, e quindi lasciare che le due società si facciano concorrenza: “La prima strada prevede che gli azionisti di Tim decidano che conviene a tutti, non solo al Paese ma anche a loro, liberarsi della rete, che comporta oggi investimenti molto costosi. Open Fiber, o i suoi azionisti, sono in questo caso ben posizionati per acquisire la rete Telecom, potendo sfruttare al meglio le sinergie tra le due reti e accelerare la migrazione di tutti dal rame alla fibra, con vantaggi importanti anche per i clienti finali”.

LA SECONDA OPZIONE DI BASSANINI

E l’altra strada? L’alternativa al passaggio della rete in rame a Open Fiber è semplicemente pura e sana concorrenza. Chi riuscirà ad accumulare più cablaggio avrà vinto la partita. “Continuerà la competizione infrastrutturale e vincerà il migliore”, ha sentenziato Bassanini. A meno che  “le istituzioni non decidano di imporre la separazione societaria della rete come ora in Gran Bretagna. La separazione societaria riduce i rischi di abuso di posizione dominante, e la competizione infrastrutturale continuerebbe tra due società whole sale only. Sarebbe più facile anche arrivare a qualche forma di accordo o di integrazione, che eviti la duplicazione di infrastrutture e consenta di accelerare la costruzione della rete di nuova generazione”.

LE SPINTE DI RENZI E PADOAN

Bassanini ha dunque esplicitato e dettagliato un percorso che il governo non intralcia, anzi. Così come non ci sono opposizioni da parte delle due società che hanno dato vita a Open Fiber, ossia Enel e Cassa depositi e prestiti. Il segretario del Pd, Matteo Renzi, nei giorni ha di fatto auspicato un potenziale intervento della Cassa depositi e prestiti presieduta da Claudio Costamagna e guidata dall’ad, Fabio Gallia, sulla rete fissa di Tim: Renzi ha invocato un “ragionamento attorno a Cassa depositi e prestiti sulla rete, perché la rete è un asset fondamentale per il futuro del Paese”. E pure il titolare del Tesoro, Piercarlo Padoan, pur non essendo per nulla in sintonia con Renzi su molti dossier, ha detto negli scorsi giorni: “Lo scorporo della rete dalla fornitura dei servizi è un discorso molto generale e noto: è una configurazione che aumenta l’efficienza e la competizione, va applicato dove possibile”.

IL PIANO SVELATO DAL SOLE

D’altronde anche se politicamente la direzione di marcia appare segnata, modalità e tempistica dell’operazione sono tutte da definire. Da tenere conto che pure Tim, do poche settimane, è disposta a valutare un percorso con il governo sul tema: tanto che ha un piano svelato dal Sole 24 Ore per scorporare la rete, quotarla e dunque aprire la newco a partner industriali del settore (Open Fiber?).

IL NO DI POMPEI

Un accordo quindi non è vicino, eppure il governo già lo benedice. Tutti sarebbero d’accordo a celebrare le nozze del secolo, tranne uno: Tommaso Pompei, padre e ideatore di Open Fiber, scrive Lettera 43, che aggiunge: “All’ex amministratore delegato e fondatore di Wind non sono piaciute le dichiarazioni rilasciate al quotidiano La Stampa da Bassanini. Il quale, sul futuro alla rete, avrebbe spiegato che l’ipotesi più percorribile «prevede che gli azionisti di Tim decidano che conviene a tutti, non solo al Paese ma anche a loro, liberarsene, poiché comporta oggi investimenti molto costosi, soprattutto una volta che il colosso dei telefoni non sarà più monopolista. Naturalmente cercando di valorizzare al massimo l’asset che hanno»”.

L’OPINIONE DI DEBENEDETTI

Non tutti gli addetti ai lavori comunque concordano con la prospettiva indicata da Bassanini. Da notare l’opinione di Franco Debenedetti, economista vicino al pensatoio liberista Istituto Bruno Leoni, che sul Foglio ha scritto: “Il valore della rete Tim e stimato intorno ai 15 miliardi, quasi un punto di pil. È opinione degli analisti che la divisione dei profitti tra fornitori di contenuti e fonditori della connettività con cui scambiarli sia in prospettiva nettamente a vantaggio dei primi. Vivendi intende utilizzare Tim per facilitare la distribuzione dei contenuti che ha e di quelli che cerca di acquisire”.



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