Ogni anno gli organizzatori hanno il loro bel daffare a bacchettare quei testoni che si ostinano a guardare il dito delle alchimie politiche dentro il Meeting mentre si perderebbero la luna di quanto rappresenta davvero la settimana riminese. Anche se chi cura l’agenda della kermesse forse qualche pretesto lo dà. Così è per la 38esima edizione che si apre domani. È narrazione diffusa: “Sarà il Meeting delle larghe intese”. Che è poi anche il titolo ricorrente sui giornali dell’anno scorso, di quello prima e dell’altro ancora. Le puntuali interviste della vigilia alle ammiraglie dei quotidiani italiani confermano e smentiscono. Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la sussidiarietà, al Corriere della Sera dice: “Io vorrei larghe intese alla tedesca, basate sui contenuti”. Stesso giorno, a Repubblica, la presidente del Meeting, Emilia Guarnieri, spiega che “le grandi intese non ci interessano. Lo dico una volta per tutte, non abbiamo da fare alcun governo qui”. A chi dar retta? Probabilmente a tutti e due. Basta scorrere l’elenco degli invitati, giocando a individuare chi c’è e chi non ci sarà, per rendere ragione a Guarnieri quando afferma: “Da sempre cerchiamo il confronto con le istituzioni”. In tutti i sensi, politico ed ecclesiale. È quello il punto. Difatti apre il premier Paolo Gentiloni e chiude il segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin. Larghe intese anche tra le due sponde del Tevere, dopo la benedizione della Cei al codice Minniti sulle Ong (che Vittadini approva)?
CHI COMANDA NELLA CHIESA? AL MEETING LO SANNO
Nel 2015 in Fiera c’era il segretario Cei voluto da Francesco, Nunzio Galantino. Quest’anno il monsignore più alto in grado invitato è il cardinale Parolin, unanimemente considerato sempre più uomo chiave del pontificato di Jorge Mario Bergoglio (es: qui). A Rimini ci arriverà sabato, di rientro dalla missione in Russia, dopo incontri col presidente Vladimir Putin e il patriarca ortodosso Kirill. Alla Russia Cristiana e all’ortodossia, il Meeting ha sempre guardato con attenzione. Prima e più di tutti. Non avrà il peso diplomatico di una Comunità di Sant’Egidio, ma a Mosca Cl ha un suo uomo: arcivescovo della comunità cattolica è Paolo Pezzi, formato alla scuola della Fraternità San Carlo. I preti missionari del movimento.
GESUITI NEL CUORE
Il Meeting torna a diffidare dei gesuiti come sembrava a qualcuno facesse nel pre-pontificato di Francesco? Niente affatto. Quest’anno non ci sarà la passerella per uno dei consiglieri più vicini a Bergoglio, il direttore di Civiltà Cattolica, Antonio Spadaro, applauditissimo nel 2014 e nel 2016. Dopo l’elezione di Francesco. Ma a Spadaro è stato comunque affidato il compito di presentare il Meeting a Roma qualche settimana fa. Un dettaglio studiato. E non va dimenticato che padre Francesco Occhetta, fine analista politico della stessa rivista, parlerà due volte: martedì, poi giovedì, con Marta Cartabia, vicepresidente della Corte costituzionale e ciellina doc.
SEI MINISTRI IN RIVIERA E UN POLETTI AVVERTITO
Il parterre de rois politico per il Meeting è una novità del 1980. Il primo anno. Conferma 2017: a Rimini oltre a Gentiloni ci va mezzo governo. Compie dieci presenze Angelino da Agrigento. Meeting a fine agosto e Alfano ministro sono una certezza: ci è stato quando era alla Giustizia, ci è tornato quando era agli Interni, ci risbarca ora che è agli Esteri. Sesta volta per Giuliano Poletti, amico del braccio economico di Comunione e liberazione, la Compagnia delle opere (Cdo), dai tempi di Legacoop. Il ministro del Lavoro si attenda qualche buffetto. Il fondatore della Cdo, Vittadini, sul Corsera ha chiarito: “Il Jobs Act non ha aiutato chi crea lavoro”. La mostra in Fiera “Ognuno al suo lavoro”, curata dallo stesso Vittadini, detta l’agenda delle priorità. Terza volta per Graziano Delrio (Trasporti e Infrastrutture). Poi ci sono i debuttanti. Carlo Calenda (Sviluppo economico), Andrea Orlando (Giustizia) e Valeria Fedeli (Istruzione). Fatta la somma, son sei ministri (uno in più rispetto al 2016). Abbastanza per incoronare Gentiloni.
L’ENDORSEMENT PER GENTILONI
Il lancio Gentiloni, difatti, Vittadini si premura di dichiararlo preventivamente. Il presidente della Fondazione per la sussidiarietà è l’uomo chiave che supervisiona e calibra gli inviti economico-politici. “Anche troppo”, si è andato borbottando da qualcuno nella galassia Cl. Tant’è. Al Corsera il docente di Statistica tratteggia così: “Gentiloni smentisce l’idea dell’uomo solo al comando che risolve tutti i problemi. Segna lo stacco con i Renzi, i Grillo, i Berlusconi, i Monti”. Gentiloni è l’erede del conte Vincenzo Ottorino Gentiloni Silveri, quello che nel 1931 siglò con il liberale Giolitti la fine dell’esilio politico dei cattolici in politica. Certe cose rimangono nel sangue. E il conte Paolo non è uno da incaponirsi sulle battaglie culturali. Per dire: nel 2005 ignora il non expedit del cardinale Camillo Ruini che invito all’astensione, e va a votare per abolire la legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita. Si era anche schierato a favore dei Pacs, i patti dei solidarietà tra omosessuali conviventi. Tentativo di regolare le unioni civili naufragato, fino all’approvazione della legge Cirinnà dell’anno scorso. Dibattito infuocato da cui Cl si è tenuta in disparte dai toni più accesi. Così come dal family day, con seguito di minor interventismo tramite quei quartini di giudizio su ogni avvenimento pubblico di spessore tanto cari al fondatore Luigi Giussani. La linea del successore Julian Carron è quella della bellezza disarmata. Ma il Meeting non esaurisce Cl. Come non lo facevano in passato le riviste Il Sabato e 30 Giorni, o oggi Tempi e il Sussidario.net.
SCARICARE RENZI? ANCORA NO
Dal vittadiniano dare del personalista a Renzi al passare ad affermare che Cl è diventata antirenziana è titolo frettoloso. Vitta (come lo chiamano nel movimento per l’inguaribile attitudine di attribuire vezzeggiativi), precisa: “Né con; ne anti”. Del resto ammette di avere votato Sì al referendum costituzionale, anche se più per la stabilità che per sincera convinzione.
COMUNQUE VADA, C’È TANTO PD
Soprattutto, anche nel 2017, di renziani a Rimini ce ne sono parecchi. Oltre a qualcuno dei ministri, torna Dario Nardella. Il sindaco di Firenze così fa otto presenze. E concede il bis: lunedì dialoga di Mediterraneo con il sindaco di Tunisi, martedì è protagonista di un “Workshop con sindaci italiani”. Sette i tricolori invitati. Praticamente tutti Pd. Ci sarà il renziano Andrea Gnassi di Rimini, quello che contestò l’intitolazione di una rotonda a don Giussani e nemmeno si presentò al taglio del nastro nel 2014. Ma cinque giorni dopo era sul palco del Meeting. Poi Matteo Biffoni (Prato), Giorgio Gori (Bergamo) e Matteo Ricci (Pesaro). Più complesso il percorso politico di Francesco Nelli (Cittareale). A proposito di larghe intese variamente articolate: è lui ad avere depositato il marchio del “Partito della nazione”. Lo voleva offrire a Renzi. Eletto coi voti centrodestra al workshop c’è di fatto solo il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro. Che però ha votato Sì al referendum costituzionale.
INCONTRO E ISTITUZIONE
Il Meeting istituzionale presenta Antonio Tajani, nona volta in Fiera, oggi in veste di presidente del Parlamento europeo. E ci sarà il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco. Lega Nord arriva, ma solo di governo, con Roberto Maroni (nona partecipazione anche per lui). Regione Lombardia pure quest’anno si è assicurata uno stand negli spazi del Meeting, staccando un assegno da 130mila euro. Politici per un dialogo culturale, descrivono al Meeting, sono due ex presidenti della Camera, Luciano Violante (due incontri quest’anno, otto in tutto) e Fausto Bertinotti (c’era già stato una volta da relatore e una da collaboratore). Non mancherà Enrico Letta (un altro affezionato: otto partecipazioni, una da premier).
LA NOVITÀ: I BIG DELLA POLITICA VANNO A RIMINI. DA 38 ANNI
In 38 anni, presidenti del Consiglio e della Repubblica, ministri, segretari di partito sono sempre stati di casa. Politici italiani e dal mondo. Elenco infinito, irriportabile. Salve rare occasioni, il popolo ciellino ha accolto tutti con calore. Tra i recenti fischi, si rammentano quelli al grillino Mattia Fantinati. Era il 2015, accusò Cl di essere una lobby di denaro e di potere. Di Cinque stelle non se ne sono più visti.
DALLE OLA PER ANDREOTTI AGLI INQUILINI DEL QUIRINALE
Gli archivi ricordano le ola per Andreotti, al Meeting già nel 1980, poi, quasi ininterrottamente, fino al 2009, per una festa per i novant’anni di zio Giulio. Nell’81 ci va il premier Giovanni Spadolini (replica nell’88 da presidente del Senato). Cartoline da Rimini le hanno spedite Romano Prodi e Pierluigi Bersani (undici volte, una per presentare un libro di Giussani, incontro clou del Meeting 2006). Ci sono passati Piero Fassino e Massimo D’Alema, Ciriaco De Mita, Walter Veltroni e Francesco Rutelli. Giulio Tremonti stava scalando la classifica degli habitué, ma dopo il 2011 non risulta più. Silvio Berlusconi ci va tre volte, una da capo del governo. E fu sempre tanto, tanto affetto. Quattro presidenti della Repubblica sono approdati a Rimini. Nel 1983 era atteso Sandro Pertini, l’incontro saltò all’ultimo minuto. Ricompensa col botto da Francesco Cossiga, che nel 1991 si presenta in Fiera indossando la maglietta dei volontari. Il ’93 è l’anno di Oscar Luigi Scalfaro. Niente Meeting per Carlo Azeglio Ciampi. Giorgio Napolitano è un amico. Manda messaggi, concede videosaluti e nel 2011 va di persona. Anno scorso c’era Sergio Mattarella.
UN PREMIER FA SEMPRE KERMESSE
Stando solo agli ultimi anni, i premier a Rimini hanno tagliato più di un nastro. Nel 2012 a Palazzo Chigi c’è Mario Monti, e difatti è lui a inaugurare la kermesse. L’anno dopo è per Enrico Letta premier. Il 2014 sarebbe di Matteo Renzi. Invitato, preferisce un incontro scout e dà buca. Rimedia nel 2015 a metà settimana, e incassa l’entusiasmo del popolo di Cl. Vittadini detta: “Il Pd ora è votabile”. Nell’agosto 2016, Renzi è ancora a Palazzo Chigi, ma salta. Ubi maior: al Meeting arriva Mattarella. Ma c’è un gran lavorìo intorno al referendum. Per il Sì, come documentano i profili di tanti ospiti. Il Vitta dichiara: il voto è un fatto personale. Ma protagonista è il grand commis dell’avvicinamento di Cl al Giglio renziano, Andrea Simoncini, costituzionalista e di fatto numero tre di Comunione e liberazione.
DENTRO IL MOVIMENTO
Simoncini quest’anno prende parte a tre incontri. Il suo nome, insieme a quello di Davide Prosperi, è tra i segni del cambiamento interno al movimento. Questioni anagrafiche, avvicendamenti naturali o meno che siano, di fatto si è oscurata la stella di Giancarlo Cesana, un tempo braccio destro di Giussani. Dopo 93 incontri pubblici, ufficialmente non partecipa come relatore dal 2014. Manca dalla scena anche lo storico dell’arte Marco Bona Castellotti. Iniziò a collaborare col Meeting alla fine degli anni ’80. Suoi erano le suggestioni dei titoli delle kermesse passate. Dal 2012 non figura più nei dibattiti.
UN INVITO AL MEETING NON È PER SEMPRE
Al Meeting, un invito non è per sempre. Vale per tutti. Politici in primis. Dal 2012 non prende parola una figura storica della kermesse e di Cl come Roberto Formigoni. Maurizio Lupi che pure si è visto alla presentazione romana dell’edizione 2017, non interviene dal 2013. Eclissato John Waters, giornalista e scrittore irlandese. Nel 2013 gli affidano l’incontro principale, per spiegare il titolo dell’edizione “Emergenza uomo”. Il settimanale Tempi gli dedica una copertina da consacrazione a intellettuale di riferimento: “Il Meeting in persona”. Passano pochi mesi e in patria lo tacciano di omofobia per le sue idee sul matrimonio omosessuale. Ad agosto 2014 Waters torna a Rimini (era già in programma). Ma, da allora, nessun microfono.
NON C’È MEETING SENZA POLEMICA
Scommessa facile: anche l’edizione 38 del Meeting scalerà le prime pagine dei giornali con polemiche più o meno fondate. Retroscenismi bene o male origliati, dichiarazioni da ritagliare e titolare. Operazioni di donchisciottesca tenerezza, ché ai piani alti della Fiera si dan di gomito. Se la raccontano così: ci abbaiano Sancho, è segno che stiamo cavalcando. Verso dove, è meta che il Meeting non svela mai fino in fondo. Figurarsi in anticipo. Come dimostrano le interviste di Guarnieri e Vittadini. Apparentemente contraddittorie. E invece no.