Gli Stati Uniti avranno per la prima volta nella storia una propria base militare permanente nel territorio di Israele. L’obiettivo? Rafforzare la difesa aerea del Paese e rinvigorire un’alleanza che negli ultimi anni appariva indebolita.
L’INCONTRO TRA TRUMP E NETANYAHU
La notizia è arrivata d’altronde proprio il giorno dell’incontro tra il presidente americano Donald Trump e il primo ministro d’Israele Benjamin Netanyahu, entrambi a New York per partecipare oggi all’assemblea generale delle Nazioni Unite. Se ad avere maggiore risonanza sui media di tutto il mondo sono state le dichiarazioni ottimistiche sulla possibilità di trovare “presto” un accordo duraturo di pace con la Palestina, non sono mancati i riferimenti all’alleanza militare tra i due Paesi. “Sotto la tua leadership l’alleanza tra l’America e Israele non è mai stata più forte, mai più profonda”, ha detto il premier israeliano.
L’INAUGURAZIONE
Il taglio del nastro della base americana non poteva così arrivare in un momento più simbolico. Essa infatti, “dimostra la lunga alleanza tra Usa e Israele e ci consente di aumentare le nostre difese, nella ricognizione, nell’intercettazione e nella capacità di reagire”, ha detto il comandante della Difesa aerea israeliana Zvika Haimovich presenziando, insieme al generale americano John Gronski, alla cerimonia di inaugurazione. “È un messaggio che dice che Israele è meglio preparata. È un messaggio che dice che Israele sta potenziando la risposta alle minacce”, ha aggiunto il generale israeliano.
LA STRUTTURA
La nuova base, collocata nei pressi della città di Be’er Sheva, nel cuore del deserto del Negev, a sud del Paese, ospiterà “qualche dozzina di soldati dei nostri alleati americani”, ha spiegato Haimovich. La struttura, seppur collocata all’interno di una base israeliana e per quanto affidata a una logica cooperativa tra le forze aeree dei due Paesi, opererà in piena indipendenza nell’Us European Command (EuCom). “L’obiettivo di questa presenza non sono le esercitazioni; si tratta piuttosto di una parte dello sforzo congiunto americano e israeliano a sostenere e rafforzare le capacità di difesa”, ha rimarcato Gronski.
UN PRIMATO STORICO
La base rappresenta un primato nella storia della collaborazione militare tra Stati Uniti e Israele per due ragioni. Primo, perché è la prima ad essere “co-located” in una struttura militare israeliana. Secondo perché è la prima su cui gli Usa dispiegheranno i propri missili intercettori. Come ricorda DefenseNews, in passato l’Esercito americano ha già operato con una propria base nel territorio israeliano per quasi un decennio, ma senza la presenza delle Forze armate di Tel Aviv e ospitando il radar a banda X An/Tpy-2, integrato nel sistema di early warning di Israele contro i missili balistici.
UN MESSAGGIO PER TEHERAN
Oggi come allora – sebbene i generali non lo abbiano voluto specificare durante l’inaugurazione –, il messaggio del potenziamento dell’alleanza Usa-Israele sembra avere come primo destinatario l’Iran, Paese che per Tel Aviv resta una minaccia esistenziale. La nuova base Usa arriva difatti dopo l’entrata in operatività del sistema Arrow 3, specializzato nella difesa contro i missili balistici e ideato appositamente per proteggere il Paese da eventuali velleità di Teheran. Lo scorso aprile è entrato in servizio anche il primo sistema David’s Sling, progettato per intercettare minacce aeree di medio-lungo raggio che includono aerei, droni e missili da crocera. Contestualmente, il Paese continua a espandere il programma Cupola di Ferro (Iron dome) contro le minacce a corto raggio. Solo poche settimane fa – ha ricordato lo stesso generale Haimovitch –, Israele ha dispiegato un nuovo battaglione Iron Dome, “responsabile per più sistemi” con l’obiettivo di garantire “migliore prontezza contro le minacce dalle arene a nord e a sud” (leggasi le minacce che arrivano dal Libano e da Gaza).
L’INTESA RITROVATA
Con la base appena inaugurata, il sistema di difesa israeliano, uno tra i più avanzati al mondo, si dota di un ulteriore tassello dall’importante valore simbolico. Le divergenze con l’amministrazione Obama, legate per lo più all’accordo nucleare iraniano, sembrano ormai un lontano ricordo. La muscolarità dichiarata con cui Donald Trump ha invertito il trend di allontanamento Usa dalla regione e l’avversione del tycoon all’accordo con Teheran, rendono la nuova presidenza estremamente più rassicurante. E le parole al miele dell’incontro di ieri lo hanno dimostrato. Già lo scorso aprile, la visita a Tel Aviv del segretario dalla Difesa Usa James Mattis (a cui a maggio seguì quella di Trump) aveva delineato i contorni del rinnovamento dell’alleanza: “L’Iran continua a minacciare Israele a i suoi vicini con missili balistici, attività marittime e cibernetiche, e attraverso i propri proxy e surrogati come gli Hezbollah libanesi, un’organizzazione terroristica che aiuta Bashar al Assad a mantenere il potere in Siria. Gli Stati Uniti mantengono un assoluto e deciso impegno a favore della sicurezza di Israele e del suo vantaggio militare qualitativo sull’Iran e sulle altre minacce”.