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La Russia ribolle, l’Europa trema

La Russia cambierà la propria politica nei confronti  dell’Abkazia e dell’Ossezia del Nord nel caso in cui il Kosovo proclamerà unilateralmente l’indipendenza. Questo annuncio proveniente dagli ambienti del Ministero degli esteri russo, Mid, è stato fatto dopo un incontro tra il Sergej Lavrov e i leader delle due repubbliche non riconosciute dalla comunità internazionale. In particolare il Mid russo potrebbe prendere in considerazione la possibilità di aumentare l’aiuto economico, finanziario e umanitario nei confronti delle due entità che non riconoscono più la sovranità georgiana sul loro territorio. Nonostante i toni duri del presidente russo Putin, ieri alla sua ultima conferenza da capo di Stato, il ministro Lavrov aveva riconosciuto che Mosca non può ostacolare la secessione della provincia serba a maggioranza albanese. Lavrov aveva escluso anche la possibilità di sanzioni russe verso Pristina.

Indubbiamente l’indipendenza unilaterale del Kosovo potrebbe rappresentare un precedente per Abkazia e Ossezia del Nord. Ma Mosca farà molta attenzione a giocare questa carta. Le tendenze secessioniste di Cecenia e Daghestan sono temi ancora scottanti per la federazione. La paura del Cremlino è che la marcia unilaterale del Kosovo possa aprire il vaso di Pandora di etnicismo e nazionalismo anche nel Caucaso russo. Giuridicamente la situazione tra le due istituzioni indipendentiste e la Georgia è regolata dai “cessate il fuoco” del 1992 e 1994. Da allora però incidenti più o meno gravi agitano regolarmente Abkazia e Ossezia del sud con decine di vittime all’anno.

L’opzione proposta dal Parlamento europeo di “un patto di stabilità per il Caucaso del sud” che poggi su un regolamento dei conflitti attraverso l’applicazione larga di opzioni federaliste e d’autonomia, garantito dalla neutralità militare dei tre stati della Transcaucasia e sostenuto da aiuti finanziari della comunità internazionale, non ha riscosso molta eco.

Tutti le parti in contrasto sembrano convinte che le pressioni economiche e militari finiranno per aver ragione dei rispettivi avversari. Ora, come ricordava Javier Solana, le popolazioni di Abkazia e Ossezia del sud, “devono voler continuare a vivere in Georgia, ma anche Tblisi deve compiere sforzi in questo senso”. Non è certo che la retorica bellicista che anima numerosi dirigenti della regione sia il metodo migliore per preparare le popolazioni ai compromessi necessari.


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