“Questo è il nuovo volto della fame nel mondo”. Cadono come una pietra le parole di Josetta Sheeran, direttore del World Food Program – un’agenzia dell’Onu – costretta a lanciare un accorato appello per oltre 500 milioni di dollari di extrabudget per fronteggiare il problema “fame nel mondo”, che quest’anno è aumentato e tocca altri 73 milioni di persone. Il mercato del cibo è letteralmente impazzito. Nei giorni scorsi le quotazioni del riso sono salite alle stelle, e adesso tocca al grano. Il mais è da tempo sottoscacco, in quanto comincia ad essere utilizzato massicciamente per la produzione di bio-carburanti. Impegno lodevole per ridurre le emissioni, certo, ma se diminuisce il gas-serra ed aumentano gli affamati è come cadere dalla padella nella brace. Grano, riso, mais, sono la base alimentare delle popolazioni di tutto il mondo. Non riuscire a calmierarne i prezzi equivale a creare sacche di popolazione affamata e quindi “agguerrita”, ossia disposta ad azioni violente . La fame può creare condizioni di pesante instabilità politica, e in questo caso non bastano le donazioni o gli sforzi degli attivisti volontari. Bisognerebbe ripensare il sistema dei prezzi dei generi di primo consumo, per proteggere i più deboli e per evitare prevedibili disastri nel prossimo futuro.
Il mondo ha sempre più fame
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