È possibile comunicare in una società “multietnica”? In America sì, e grazie ai “media etnici”. Nella “terra della libertà” le comunità di migranti riescono a dire la loro e a comunicarla a grandi interlocutori. Questi media sono diventati i microfoni per le stesse comunità che contribuiscono al decisions making statunitense.
“Quando sono stato in Francia a raccontare la mia esperienza tutti mi hanno guardato male perché ho deciso di adottare l’espressione “etnico” – rivela con un sorriso Sandip Roy, direttore di New America Media, continuando – i miei interlocutori preferivano termini come “media dell’inclusione”, o “alternativi”. Possiamo chiamarli come volete, ma ricordatevi che “etnico” è quella parola che non piace a nessuno ma che racconta meglio di ogni altra parola!”. Lui, che dal suo Paese, l´India, è emigrato, ha trovato nei media etnici la risposta.
Ad introdurre la mattinata romana dal titolo “Comunicare in una società multietnica. L’esperienza americana” è stata Farah Pandith, Consigliere per gli Affari Europei del Dipartimento di Stato Usa. Farah Pandith, che conosce perfettamente e personalmente il tema del dibattito, parte da una questione: come raccontare argomenti non trattati dai media tradizionali.
Anzitutto è necessaria la credibilità presso i policy makers, perché in questo modo saranno proprio questi ultimi ad aprire le porte, offrendo la possibilità di raccontare. E a giudizio di Farah Pandith solo così “si prende parte al gioco del processo decisionale”. Il migrante deve quindi iniziare a non sentirsi “escluso”. E, come sottolineerà più tardi Amanullah Shahed, direttore di Altmuslim.com e fondatore del network di siti islamici Halafire Media, bisogna evitare “l’autoflagellazione” e discorsi improntati eccessivamente all’”apologia”. Attraverso il coretto bilanciamento dei due atteggiamenti, si può trovare la via giusta per sentirsi ed esser considerati “altri”. È perfettamente d’accordo Farah Pandith che afferma apertamente: “Evitare la mentalità della vittima”. Partendo anche dalla convinzione che tutto è possibile e per poter realizzare un progetto di media etnico non bisogna pensare di non farcela.
“Facile, se si parla degli Stati Uniti!”, potrebbe obiettare un italiano. Ma Sandip Roy esorta a non abbattersi. Il segreto per il successo di un media etnico? “Essere l’unico – dice il direttore di New America Media – di quel settore: mai la copia di un altro, ma unico nel proprio genere”.
È il momento delle domande. Un distinto signore prende in mano il microfono e si presenta. È un giornalista pakistano che scrive e dirige un giornale in hurdu. Parla perfettamente l’italiano. Lui chiede: “Come si può fare qui in Italia? Quello che faccio è quel che fate voi. Solo che qui nessuno riconosce la mia professione. Non mi pagano per gli articoli. Di conseguenza non posso esser riconosciuto ufficialmente come giornalista”. Lo sguardo dei relatori è misto tra l’incredulo e lo sbigottito quando pronuncia le parole “ordine dei giornalisti”. E allora come fa a mantenersi? Lavora al mercato.