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Come uscire dal labirinto

La vicenda della Protezione civile è stata determinata dall’abuso delle procedure di emergenza. Quando sono in  palio grandi quantità di danaro pubblico che si possono spendere al di fuori di ogni  controllo è statisticamente certo che, accanto a persone per bene, spuntino corruttori, corrotti e approfittatori. Chi ha sbagliato pagherà, ma bisogna evitare che di qui a qualche anno ci si ritrovi di fronte ad una nuova analoga dissipazione di danaro pubblico. Si è proposto di aumentare le pene per la corruzione. Il proposito è lodevole, ma temo sia  inutile. Le condizioni disastrose in cui versa il processo penale e la perentorietà dei termini di prescrizione assicurano a corrotti ben difesi,  e lo sono tutti, la ragionevolezza di  uscire indenni dal processo.  Se si vuole intervenire sul piano penale, più che aumentare pene che non verranno mai applicate sarebbe meglio rendere più celeri i processi. Tuttavia  le risposte più efficaci  vanno date su piani diversi, quello dell’etica pubblica, innanzitutto. Le classi politiche dirigenti devono sentire l’essere tali come una responsabilità e non come un privilegio: tenere comportamenti eticamente corretti fa parte di questa responsabilità. Una classe politica dirigente che tenga comportamenti eticamente discutibili non può chiedere agli altri quella correttezza che non riesce a garantire a se stessa.   Sul piano pratico, la riflessione deve partire dalle ragioni per le quali nel corso del tempo si è fatto un ricorso così sistematico  alle procedure derogatorie della Protezione civile, che dovrebbero invece essere limitate agli avvenimenti davvero eccezionali e imprevedibili. L’abuso nasce dalle condizioni catalettiche in cui versano le procedure ordinarie. La loro farraginosità, frutto di una cultura più ispirata alla minuziosità delle procedure che alla realizzazione del risultato, ha spesso giustificato la scelta della via più breve, quella della dichiarazione di grande evento, con la conseguente attribuzione della responsabilità della realizzazione dell’opera alla Protezione civile. A questo punto tutte le deroghe sono ammesse, vige un regime di eccezione, le decisioni vengono prese con ordinanze che non passano né al vaglio del Quirinale né a quello del Parlamento. Il problema principale, quindi,  non è svuotare la Protezione civile, né  minacciare pene draconiane, ma far funzionare le procedure ordinarie per ricondurre le procedure straordinarie ai pochi casi  veramente  eccezionali. Italiadecide, associazione apartisan per la qualità delle politiche pubbliche, www.italiadecide.it, ha studiato il problema ed ha avanzato le sue proposte in un Rapporto 2009, Infrastrutture e Territorio, pubblicato recentemente da Il Mulino.I  criteri cui si ispira il rapporto sono semplici: a)  prima di fare nuove leggi bisogna far funzionare al meglio quelle che già ci sono; b) prima di cambiare l’amministrazione bisogna utilizzarla nel migliore e più efficace dei modi possibili; c) una procedura semplice garantisce di più di una procedura complicata; d) il fine delle procedure è realizzare l’obiettivo, non impedire che venga realizzato. Se si fossero snellite le procedure, come da  tempo chiedevano tanto le amministrazioni pubbliche quanto le imprese costruttrici, non ci saremmo trovati in  questa deprimente situazione. Il Rapporto 2009 di Italiadecide prevede un programma per la completa riorganizzazione della materia; dal  piano completo estraggo le proposte di più semplice applicazione.  Sulla base dell’esperienza comune l’eccesso di norme e di procedure amministrative costituisce la causa principale delle disfunzioni nel campo delle pubbliche amministrazioni e della giustizia amministrativa. Al punto che una grande impresa, per vincere una grossa gara d’appalto, più che di una buona squadra di tecnici, ha bisogno di un buon collegio di avvocati. Innanzitutto è necessario non accrescere la selva di norme, procedure, organi che avvolge, come una  nebbia padana,  il campo dei lavori pubblici. Uno dei problemi più gravi è costituito dal mutamento della normativa in corso d’opera, mutamento che spesso comporta il cambiamento di aspetti non secondari del progetto, lievitazione dei costi, allungamento dei tempi. Sarebbe bene perciò che diventi abituale il vincolo della “stabilità normativa” nell’intera materia dei lavori pubblici; ogni nuova norma, legislativa o amministrativa, deve essere applicabile soltanto alle opere future, non a quelle per le quali sia già in corso la gara di appalto o sia iniziata l’esecuzione, salvo che  agevoli la rapida esecuzione dell’opera o riguardi la tutela della salute. Sarebbe utile, inoltre, affidare l’intera disciplina generale degli appalti, senza ulteriori complicazioni,  alle sole direttive dell’Unione (n. 17 e 18 del 2004), che hanno già consolidato e stabilizzato la normativa europea. Verrebbero così cancellati  una serie di defatiganti barocchismi che sono stati aggiunti in Italia con il nobile scopo di meglio controllare l’esecuzione delle opere e con la conseguenza pratica di paralizzarle.Il ministro per la semplificazione normativa sta procedendo alla cancellazione di norme inutili, desuete o superate. Una parte del lavoro del suo ministero potrebbe essere dedicata proprio al capitolo delle grandi opere intervenendo per comparti omogenei concernenti tipi di opere affini. L’Enel ha raccolto in un solo volume tutte le disposizioni in materia di energie rinnovabili. Il codice è alto circa venti centimetri. Se si ridurrà a un terzo, si potrà aiutare il decollo delle energie rinnovabili.L’esperienza dei commissari straordinari che operano con poteri di emergenza e sostituiscono le Pubbliche amministrazioni competenti va superata introducendo un nuovo modello di funzionamento della Pa per la realizzazione delle opere pubbliche: la Struttura di missione come nuova modalità organizzativa delle Pubbliche amministrazioni  interessate alla realizzazione delle singola opera. Nella Struttura di missione tutte le amministrazioni pubbliche coinvolte nel procedimento per realizzare una grande opera convergono, sotto un’unica direzione, verso l’obiettivo di garantire adeguata istruttoria, tempi, risultati e qualità tecnica della progettazione e realizzazione dell’opera. Le decisioni della Struttura di missione, prese a maggioranza,  vincolano tutte le amministrazioni che sono state invitate a partecipare e sono orientate a garantire il risultato nei tempi previsti.  In tal modo si punta a riportare all’ambito delle ordinarie procedure amministrative il grado di coordinamento ed il vincolo di risultato fin qui ottenuto solo con procedure straordinarie.  Parte integrante della Struttura di missione dev’essere un “soggetto facilitatore”,  responsabile per l’informazione e il corretto svolgimento delle procedure amministrative nei confronti delle imprese e delle associazioni di  cittadini interessate. Questa figura rende  più trasparente e più fluido  il rapporto fra Pa e soggetti esterni superando meccanismi opachi, inefficienti e ipergiuridificati che operano a svantaggio delle imprese più produttive e delle associazioni serie favorendo comportamenti opportunistici che dilatano i tempi di realizzazione delle opere e ne aumentano i costi.
Il contenzioso che interessa la realizzazione di opere pubbliche costituisce spesso la sede in cui “si scaricano” le disfunzioni e le tensioni che riguardano il procedimento di realizzazione delle opere pubbliche. È necessario a) migliorare l’istruttoria tecnica e la qualità della progettazione, per eliminare i presupposti più frequenti del contenzioso;  b) scoraggiare i ricorsi pretestuosi, disciplinando un’analisi preliminare del ricorso da parte dell’autorità giudiziaria alla quale si ricorre; c) potenziare le procedure partecipative e di conseguenza porre come condizione di ammissibilità dei ricorsi giurisdizionali l’aver partecipato al procedimento di consultazione pubblica ed escludendo l’ammissibilità di ricorsi che si fondino sulla mancata considerazione di elementi dei quali non è stata chiesta l’acquisizione durante le fasi istruttorie.
5. Interventi “leggeri”Il complesso delle misure indicate è costituito da interventi che non comportano un massiccio ricorso alla legislazione. Si tratta  di misure che cancellano normative “pesanti” e perciò criminogene o che prevengono il contenzioso strumentale.  Il sistema delle Strutture di missione certamente impegna una quota significativa  del tempo delle diverse strutture della Pubblica amministrazione, prima che l’opera sia decisa e avviata. Ma una volta varata, per i meccanismi delle preclusioni che ho sommariamente indicato, e che sono più puntualmente riportati nel Rapporto 2009, la decisione non deve più attraversare, come oggi, i labirinti delle varianti, delle riserve, delle impugnazioni e dei ricorsi, delle sospensive, che sono un vero supplizio per le imprese serie. Basti considerare che in base a una indagine de Il Sole 24 Ore tra gli appalti superiori ai 15 milioni di euro conclusi tra il 2000 e il 2007 un lavoro su due è stato oggetto di contenzioso. In questi handicap sta una delle principali ragioni della nostra carenza infrastrutturale.
 


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