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Metà a me, metà a noi. Il peso della pubblica amministrazione

Sebbene tanto criticato, il settore pubblico è una componente necessaria della società anche nei Paesi tradizionalmente caratterizzati da un’economia di mercato. Quando infatti il mercato non è più un modello teorico votato all’efficienza e diventa modus vivendi, la natura limitata dei soggetti (soprattutto in termini di conoscenza e di razionalità decisionale) determina delle inefficienze.
Un intervento è quindi richiesto tipicamente per erogare o preservare beni pubblici (per es. difesa e ambiente) oppure per controllare ex-ante o ex-post imprese con rilevante potere di mercato se non monopoliste. Nella nostra società, non ci sono soltanto i problemi di efficienza, ma anche una richiesta di equità che implica una redistribuzione delle risorse dai più ai meno fortunati.
Tale intervento deve essere sia guidato che gestito. Sulla guida è univoco il ruolo di un’autorità super partes che trova legittimazione nell’interpretazione della volontà dei cittadini. Per quanto riguarda la gestione, invece, è sempre aperto il dibattito su quale attività deve essere svolta da un soggetto di natura pubblica e cosa può essere delegato a un soggetto privato, comunque controllato da un’autorità pubblica. La storia ci sta dimostrando che per la vita reale un modello perfetto non esiste. Tuttavia bisogna ricordare che l’intervento nel mercato, seppur con intenzioni salvifiche, non è gratuito.
Ogni attività svolta da parte di un’autorità pubblica ha un costo economico che deve essere coperto, in ultima istanza, dai cittadini. I costi sono diretti e indiretti. I primi legati al funzionamento della macchina burocratica, i secondi determinati dall’aggravio dei costi per l’attività delle imprese.
Per quanto riguarda i costi diretti, il grafico costruito su dati Eurostat ci permette di riflettere su dati e tendenze. Il costo della pubblica amministrazione (PA) e delle sue attività (comprendendo tutti i livelli nazionali) è diminuito a ridosso del 2001 per poi risalire velocemente negli ultimi due anni per effetto della crisi soprattutto per effetto degli stabilizzatori automatici e degli interventi di spesa ad hoc per stimolare il rilancio economico.
Leggendo i dati sulla scala a sinistra, si evince come il costo della PA sia sempre in prossimità della metà del PIL e il nostro Paese spende circa l’1 per cento in più dei suoi partner della “vecchia” Europa, ovvero i 15 paesi membri prima degli allargamenti del 2004 e del 2007.
Sulla scala di destra possiamo leggere il valore della deviazione standard, ovvero della dispersione della spesa per la PA nei 15 paesi delle alla loro media. La linea ci mostra che i livelli di spesa in ciascuno dei quindici paesi, sempre in rapporto al rispettivo PIL, convergono anno dopo anno verso il loro valore medio. Si sta pertanto riducendo l’eterogeneità a livello europeo e in questa sede possiamo affermare che gli Stati si comportano in maniera simile (se il valore della deviazione standard fosse zero, avremmo lo stesso livello di spesa per la PA, in rapporto al PIL, in tutti i paesi considerati).
La dimensione e il relativo costo della PA trovano origine nella numerosità delle attività pubbliche condotte. Nel 2009 quasi il 52% della ricchezza transita dalla PA; non possiamo quindi dirci egoisti. Tuttavia esprimere un giudizio in merito alla qualità della spesa – in termini di efficacia ed efficienza – della PA richiede l’utilizzo di modelli complessi. Affrontare il problema dei costi diretti oltre i casi di spreco più noti continua ad essere fondamentale; i costi del nostro sistema pubblico, infatti, trovano sostentamento nella fiscalità (risorse dei contribuenti oggi) e nell’accumularsi del debito (risorse dei contribuenti domani). E risorse che finanziano l’inefficienza del passato, pregiudicando l’efficienza futura.
Per quanto riguarda i costi indiretti, è altrettanto noto che una burocrazia ostica, se rallenta e sfiducia gli investitori domestici, allontana definitivamente quelli stranieri che allocano le proprie risorse altrove. Giusto per citare qualche dato, nel nostro paese le imprese rispetto ai nostri vicini Francia e Germania – devono impiegare il doppio del tempo per espletare tutti i passaggi legati al pagamento delle tasse e almeno il triplo del tempo per risolvere una disputa commerciale in tribunale.
Continuare a ragionare sulla riforma della PA per rendere la sua gestione ispirata ai criteri dell’economicità non solo consentirebbe di alleggerire il peso sul PIL generato ogni anno liberando risorse per altri scopi e lasciando spazio ai privati, ma permetterebbe anche di venire incontro alla crescente domanda di servizi pubblici che caratterizza le dinamiche sociali in tutte le nazioni occidentali.
 
 
 


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