GIOVANNI FASANELLA E GIOVANNI PELLEGRINO, Il morbo giustizialista, Marsilio, 2010, pp.122, euro 12,50
Ricostruire la genesi della prassi giustizialista italiana è sicuramente un compito importante, che si impone, prima ancora che al politologo, al politico, e in questo caso a due operatori della giustizia con una profonda conoscenza ed esperienza delle dinamiche, anche psicologiche, dei due mondi. Si ripercorrono quindi i passaggi fondamentali, dagli anni Sessanta all’emergenza terroristica, fino alla caduta del Muro di Berlino, con la misteriosa trasmutazione, per cui compito della magistratura, in alcune teorizzazioni di punta, divenne farsi interprete della fine della storia e del trionfo del mercato “neutrale”, governo dell’esistente e delle sue leggi attraverso un’azione rigida e inflessibile, ontologicamente ostile alla discrezionalità della politica. Il punto di vista che emerge sulle questioni concrete è eretico, eterodosso, difficilmente incasellabile in uno qualsiasi degli schieramenti sclerotizzati dai numerosi interessi costituiti.
VALERIO DE LUCA, JEAN-PAUL FITOUSSI, ROGER MCCORMICK (A cura di), Capitalismo prossimo venturo, Università Bocconi Editore, 2010, pp. 566, euro 32
Una raccolta di saggi di altissimo livello, contributi che non si lasciano irretire nella polemica tra mercatismo e antimercatismo, ma vanno ad esplorare le radici etiche, antropologiche e politico-filosofiche della crisi economica. Crisi economica, finanziaria e politica, perché investe la regolamentazione del mercato nazionale ed internazionale, e quindi la cooperazione tra soggetti e istituzioni, interrogando fondamentalmente quella inefficienza individualistica, quel lato oscuro del capitalismo che ha prodotto i noti disastri. Ne esce un variegato formulario per uscire dalla crisi, per riorganizzare i poteri che a quel lato oscuro e a quella inefficienza fondamentale devono in qualche modo fare fronte. Con quale legittimazione, con quale forza cogente, con quali prospettive di successo, è l’oggetto – prezioso e quanto mai futuribile – di queste elaborazioni.
ELEONORA VOLTOLINA, La Repubblica degli stagisti, Laterza, 2010, pp. 201, euro 12
“L’Italia è una Repubblica fondata sugli stagisti” potrebbe essere uno slogan, oltre che efficace, anche estremamente polemico. E infatti questo libro, che prende spunto da e sistematizza l’attività di informazione svolta dal progetto www.larepubblicadeglistagisti.it, mette in luce numerose prassi di super-sfruttamento della forza lavoro giovanile, tutte le pieghe e le contraddizioni della legislazione, l’assenza di controlli, le prassi abusive di molte imprese. Ma non si candida a svolgere una funzione di protesta e condanna negativa di un mondo “che non capisce i giovani”. Sono rari gli accenni in questo senso, mentre prevale l’intenzione di mettere in campo correttivi, interventi puntuali e genuinamente riformisti: mettere ordine nella materia, distinguere le fattispecie, rilanciare il ruolo dell’apprendistato.
MASSIMO LO CICERO, Sud a perdere?, Rubbettino, 2010, pp. 339, euro 16
Chi volesse avventurarsi nella difficile ricostruzione della parabola meridionale, nella ricerca di una risposta alla dolorosa domanda “Perché siamo arrivati a questo punto?”, troverebbe nel libro di Lo Cicero numerose risposte. Spaziando tra economia di impresa, cultura, storia e politica, guarda agli errori compiuti, cercando il più possibile di evitare rimorsi e rancori, puntando a concrete ipotesi di “riprogettazione della morfologia imprenditoriale”. In questo quadro, ampio spazio trova la posizione di Napoli. Una grande città che “non basta a se stessa” ma deve ricavarsi un ruolo come metropoli del Mezzogiorno continentale, aperta all’espansione nei mercati internazionali, con una marcata identità europea.
LUCA VERZICHELLI, Vivere di politica, Il Mulino, 2010, pp. 160, euro 13
Il libro fa la storia del professionismo politico in Italia, attraverso un tentativo di tipizzazione delle figure di riferimento e dei modelli di carriera. La mappatura dei percorsi si accompagna all’analisi delle piramidi istituzionali e partitiche nei diversi periodi, con una particolare attenzione alla rottura di Tangentopoli e ai sottostanti fattori di mutamento. Alla fine, un bilancio in chiaroscuro delle promesse “rivoluzionarie” del 1992-93: se i partiti sembrano aver recuperato terreno, lo hanno comunque fatto su un piano diverso, più permeabile e trasparente che in passato.