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Ecumenica/ Il Sinodo e quella minoranza creativa da riscoprire

In volo verso la Repubblica Ceca, un anno fa, Benedetto XVI parlò di “minoranza creativa”. Si riferiva ai credenti che, seppure in minoranza nei Paesi secolarizzati, devono uscire allo scoperto, intervenire nel dibattito pubblico, lottare per un “concetto vero di libertà e di pace”.
In fondo c’è un filo rosso che lega Praga a Gerusalemme. In questi giorni (dal 10 al 24 ottobre) i vescovi e i rappresentanti delle chiese del Medio Oriente si riuniscono a Roma per l’assemblea speciale del Sinodo dei vescovi. Durante l’assise si parlerà della situazione dei cristiani nella delicata area geografica. Non solo si considereranno i problemi politici e religiosi, ma l’intento esplicito è quello di dare nuovo coraggio ai cristiani in minoranza in quelle terre.
Padre David Maria Jaeger, francescano, unico sacerdote cattolico al mondo nativo di Israele (i genitori sono di Tel-Aviv) e grande esperto di Medio Oriente, ha indicato nel discorso di Giovanni Paolo II al Convegno romanistico-canonico del dicembre 1993 la fonte ispiratrice di questo atteggiamento. In quell’occasione Papa Wojtyla invitò i cristiani mediorientali a uscire dalla mentalità da minoranza isolata (magari protetta) per passare a quella di chi vuole esercitare la sua libertà contribuendo al bene della società, sentendosene parte a pieno titolo, anche se appartenente a una religione diversa dalla maggioranza.
Non è un caso che l’Instrumentum laboris, il documento di lavoro dell’assemblea, inizi con un paragone tra l’attuale situazione del Medio Oriente e “quella vissuta dalla primitiva comunità cristiana in Terra Santa”. Lì i convertiti al cristianesimo erano perseguitati dal loro stesso popolo e subivano la dominazione del potente Impero romano. Eppure si rivelarono una forza dirompente capace di conquistare e cambiare la mentalità del mondo.
Sarà interessante seguire il Sinodo. Soprattutto in un periodo in cui c’è grande attenzione per i cattolici e la politica. Infatti i cristiani in Medio Oriente non sono poi così distanti da quelli in occidente: se di là infatti i battezzati sono sfidati da ghetti politico-religiosi che li tengono ai margini della società, di qua ci sono altrettanti ghetti intellettual-mediatici pronti a far sentire i cattolici ora minoranza, ora bacino di voti, in ogni caso un gruppo tra gli altri.
È qui che il tandem Wojtyla-Ratzinger invita a ripercorrere a ritroso la strada tornando da Gerusalemme in Europa: finita l’epoca dell’unità politica dei cattolici (se mai c’è stata veramente), finita l’era dei cattolici come “sacca elettorale” pronta ad aderire a chi meglio rispetta gli interessi della Chiesa, sta nascendo una nuova era fatta di cittadini credenti, desiderosi di cambiare la società da dentro. Perché di essa sono parte.


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