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Schermaglie/ L’accademia di X-Factor

Il mondo accademico è talmente in crisi che la stessa parola “accademia” è ormai un dispregiativo, sinonimo di vecchio e imbalsamato. C’è però almeno un programma televisivo che paradossalmente rovescia questo assunto: si tratta del noto reality show X-Factor. Il presupposto su cui si basa il format, diffuso ormai in mezzo mondo, è semplice: rovesciare il principio che in tv non si vada per meriti artistici. La trasmissione è costruita come una serie di prove ed esami, con giudici che fanno a gara a mostrare la loro competenza e implacabile severità. Simulare un percorso accademico significa confermare che anche in televisione esiste una valutazione meritocratica nel lanciare giovani promesse e artisti. In più il reality, mostrando i cantanti nel loro percorso di selezione, costruisce una rappresentazione “virtuosa” di quello che dovrebbe essere una gavetta artistica, fatta di determinazione, fatica e buona volontà.
Assistere al presunto processo di trasformazione di un giovane talento in artista completo introduce una nota di trasparenza nelle spesso opache pratiche televisive. Il fatto che recentemente ai vincitori della trasmissione venga riservato un posto in quella kermesse nazionale che è il Festival di Sanremo dimostra poi che X-Factor è stato pienamente inserito nella ciclicità del tempo televisivo. Arrivare a esibirsi a Sanremo ha sempre voluto dire raggiungere l’apice di un lungo cursus honorum che porta diritti fra le fila del professionismo. In effetti il pubblico ha risposto positivamente alle sollecitazioni del reality, premiando con il successo personaggi come Giusy Ferreri, Noemi o Marco Mengoni.
Tuttavia la logica del reality show non può prescindere dal coinvolgimento dei telespettatori. La riproduzione mimetica di un percorso di tipo accademico certamente non avrebbe lo stesso successo. L’accademia infatti, per sua stessa vocazione non è democratica: seleziona e opera da filtro basandosi su parametri apparentemente marmorei, ma soprattutto il meccanismo meritocratico seleziona sulla base delle capacità e non costruisce personaggi televisivi appetibili. Mancherebbe loro proprio il cosiddetto “fattore X”, quel quid di interesse che dà il titolo alla trasmissione. Dare al pubblico, tramite il televoto, la possibilità di mediare con le decisioni dei giudici, eventualmente ribaltandole, inserisce di nuovo un elemento di apparente democrazia nel concorso.
A questo serve filmare non solo gli esercizi, gli allenamenti e il confronto vero e proprio, ma anche le reazioni psicologiche dei singoli aspiranti. Vedere dei giovani alla ricerca del successo spinge all’immedesimazione, crea degli eroi prima ancora che degli artisti. La stessa presenza dei giudici alimenta le reazioni psicologiche più consuete e propedeutiche alla creazione di personaggi televisivi standard: lo spavaldo, la ragazza timida ma brava, la femmina provocante, ecc. Quello che si chiede al pubblico non è di valutare il talento, ambito da cui lo spettatore è comunque escluso, quanto la persona e quindi in un certo senso rovesciare il funzionamento dell’accademia: non vince il più adatto al canone, ma colui che riesce a far breccia nei cuori degli spettatori.
 
_INDICE DELLE COSE NOTEVOLI Il sito ufficiale della trasmissione che va in onda su Raidue  * Un interessante saggio sull’impatto sociale della musica leggera: Marco Bracci, Edoardo Tabasso, Da Modugno a X Factor. Musica e società italiana dal Dopoguerra a oggi, Roma, Carocci, 2010 * Una clip di Youtube che esemplifica l’interazione fra giuria e pubblico a casa * Un libro che ricostruisce la carriera esemplare del più divertente dei giudici di X Factor: Elio e le storie tese, Vite bruciacchiate. Ricordi confusi di una carriera discutibile, Milano, Bompiani, 2006 * Uno degli album più popolari di un’artista lanciata dalla prima edizione italiana di X-Factor: Giusy Ferreri, Gaetana, Sony BMG, 2008 * L’autobiografia del membro di giuria più duraturo e forse più caratteristico del reality: Mara Maionchi, Non ho l’età, Milano, Rizzoli, 2009
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