Nel contrapporre al primato dell’individuo quello del “noi-tutti”, all’impresa capitalistica la no-profit, allo scambio il dono, la Caritas in veritate ha ridefinito gli orizzonti dell’economia di mercato e il suo fondamento di legittimità: la civilizzazione dell’economia, mediante l’ibridazione delle forme storiche dell’agire economico, si atteggia ad altra faccia della restaurazione del “politico”. «La Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire e non pretende – scrive il Papa – minimamente d’intromettersi nella politica degli Stati. Ha però una missione di verità da compiere, in ogni tempo ed evenienza, per una società a misura dell’uomo, della sua dignità, della sua vocazione».
L’Enciclica disconosce la validità della concezione ideologica nella quale si alimenta il capitalismo del XXI secolo: quella dell’individuo che, sgravato da vincoli morali e legami sociali, è libero di perseguire il proprio particulare e, con ciò stesso, realizza il bene comune. “La sfera economica non è né eticamente neutrale né di sua natura disumana e antisociale. Essa appartiene all’attività dell’uomo e, proprio perché umana, deve essere strutturata e istituzionalizzata eticamente” in quanto “non va dimenticato” che lo stesso mercato “trae forma dalle configurazioni culturali che lo specificano e lo orientano” e “il profitto è utile se, in quanto mezzo, è orientato ad un fine che gli fornisca un senso tanto sul come produrlo quanto sul come utilizzarlo. L’esclusivo obiettivo del profitto, se mal prodotto e senza il bene comune come fine ultimo, rischia di distruggere ricchezza e creare povertà”. In questa prospettiva, è affermata la necessità di per-formare l’agire economico in funzione del bene dell’uomo che costituisce suo fine e misura, riconoscendo il primato della politica, che torna ad essere luogo e non già mera rappresentazione della decisione, lasciata alle tecnocrazie.
La Caritas in veritate, nel prendere posizione a favore dell’economia di mercato, vi innesta una propria prospettiva
teorica indicando nella “ibridazione” dei comportamenti economici lo strumento per la civilizzazione dell’economia. «Accanto all’impresa privata orientata al profitto, e ai vari tipi di impresa pubblica, devono potersi radicare ed esprimere quelle organizzazioni produttive che perseguono fini mutualistici e sociali – osserva Benedetto XVI – è dal loro reciproco confronto sul mercato che ci si può attendere una sorta di ibridazione dei comportamenti d’impresa e dunque un’attenzione sensibile alla civilizzazione dell’economia». È significativo che il discorso della Caritas in veritate, con la sua gerarchia di fini e valori che diventano criteri di giudizio, professi l’esigenza di raccogliere in unità le diverse esperienze e forme che connotano l’agire economico. L’Enciclica non propone la sostituzione di un paradigma con un altro – profit verso no-profit – ma apre ad un ordinamento strutturato sulla concorrenza delle forme storicamente assunte dall’intrapresa economica. Così l’impresa capitalistica (orientata al profitto) è chiamata a convivere con quella pubblica e quella mutualistica e sociale che agiscono per il tramite dei contratti di scambio, ma anche del dono e della cooperazione.
Nel pensiero del Papa, è proprio questo “reciproco confronto” che è destinato a determinare, favorendo “lo scambio e la formazione reciproca tra le diverse tipologie di imprenditorialità, con travaso di competenze dal mondo no-profit a quello profit e viceversa, da quello pubblico a quello della società civile”, quella “sorta di ibridazione” che costituisce il terreno vivificante per la civilizzazione dell’economia. Nella Caritas in veritate, il riconoscimento del primato della politica è anche appello affinché quest’ultima si assuma le proprie responsabilità nella guida dei processi sociali. Non si tratta di tornare al dirigismo economico, ma di lavorare alla creazione della einaudiana “cornice” che consenta ai singoli e ai gruppi di intraprendere secondo i propri bisogni e ideali. Anche chi non accetta che l’economia venga strutturata eticamente, non potrà non condividere che la rivitalizzazione degli attori del terzo settore, del no-profit e delle professioni consentirebbe di meglio fronteggiare gli squilibri sociali che la crisi del turbo capitalismo ha aggravato. Ma, in Italia, perché questi soggetti possano diventare protagonisti del mercato sono necessari interventi legislativi e finanziari che riequilibrino il sistema che, come dimostrano gli studi di L. Bruni e S. Zamagni, è troppo orientato verso l’impresa capitalistica. Dice, però, la sentenza Extra ecclesiam, nulla salus…