Skip to main content

Il femminile di ‘politico’? Empatia

Non solo tv. Se ci si dovesse fermare al tubo catodico o al decoder, il
panorama comunicativo dell’Italia all’incrocio del decennio perderebbe
di vista l’esplodere delle comunità sociali virtuali, ovvero di un
nuovo modo di fare informazione da e attraverso la rete. Cambia la
percezione del darsi della politica, “in rete” appunto. L’incontro tra
domanda e offerta è veicolato dal mezzo che si fa contenuto – anzi,
contenuti plurali. E come in ogni passaggio di regime
(energetico-comunicazionale, per usare l’efficace terminologia rifkiniana),
vi è un cambiamento di stato che a sua volta sollecita i mezzi stessi,
le fasi e i criteri ordinativi della mediazione politico-culturale.
 
Il gradiente empatico della coscienza universale sembra oggi risiedere
all’incrocio di molti mezzi, e non tanto nella multimedialità veicolata
e impacchettata dai produttori dei contenuti, quanto nelle
pieghe prismatiche di un universo che vive la propria identità come
processo. Coscienza universale, allargata ad un respiro planetario,
che contrasta però con la dimensione “verticale” delle idee fondative
del prestigio intellettuale, di quel prestigio socioculturale che
rivendica lo spazio sociale come luogo di antitesi tra Sé e Altro. Un
Sé allargato che – per veicolare questo confronto e negare il diritto
di accesso all’arena allargata – ha bisogno di maneggiare un armamentario
simbolico individualista-nichilista, che trova nella lotta al
“mostro mite”, sorta di titanico serpente sfuggito al controllo del
ceto dei custodi – magari per colpa di qualche spregiudicato imprenditore
(in Italia, ovviamente, di Berlusconi & Co) – il proprio
correlativo mitologico, la propria autoconsolatoria e risentita vendetta
postuma. Se dunque la dinamica drammaturgica delle relazioni
umane che sostanziano, convalidano e relazionano il Sé agli altri
è la forma della coscienza corrispondente ad un mondo interconnesso
– tutto ciò non può restare senza conseguenze sul panorama della
produzione politico-culturale. In particolare, su quel ceto che, non
potendo o volendo “credere ai propri occhi” di fronte ad un mondo
che mette in discussione le fonti del proprio prestigio, si abbandona
a visioni apocalittiche di declino, fino a presentire la fine della civiltà.
 
È chiaro: il salto da un’età all’altra del regime comunicazionale non
è, non sarà, non potrà essere indolore. Un regime il cui grado empatico
è salito a livelli mai raggiunti nella storia dell’umanità, dove,
sempre per restare all’ambito concettuale di Rifkin, la collaborazione
sta soppiantando i riti sacri dell’autonomia individuale e – in termini
di referenti mitologici – la via maschile che insegue il progresso per
esclusioni e antinomie è messa in crisi, disgregata, dal regno femminile
dell’inclusione. Ed è su questo quadrante che si gioca la partita
anche in termini politici, se è possibile – come sembra – ripensare la
politica fuori dal tracciato delle narrazioni utopistiche maschili coagulate
dal “rifiuto della madre” (basti pensare al costo inaccettabile
di rifiutare la madre-Terra!). Si gioca e si giocherà una progettualità
diversa, che esiga chiarezza laddove le zone d’ombra del cantiere politico
lasciano intravedere le macerie di psicologie sociali sempre più
attratte dall’ambiguo rifiuto della democrazia rappresentativa
“non-meritocratica”, da cui si auto-esiliano segnalando, in questo “mitologema
luterano”, i limiti dell’individualismo di massa emotivamente
indifferente, dell’autoreferenzialità sociale e dell’impoliticità estremistica,
alimentata al fondo dall’incapacità di elaborare i dilemmi di un
sistema sociale pluralistico e policentrico. E invece questa capacità è
richiesta al massimo livello proprio mentre la disgregazione reticolare
delle strutture psicologiche unidimensionali-maschili conduce verso
nuove soglie di politicità. Che saranno conquistate da chi saprà intercettare
i flussi di surplus empatico, collegandoli alle radici emotive
e mitologiche della “società dell’improvvisazione”, senza lasciarsi pietrificare
dalla sua complessità sfuggente.


×

Iscriviti alla newsletter