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Influenza, ma quanto ci costi?

Terribile mal di testa? Quest’anno gennaio e febbraio sono i mesi in cui l’influenza stagionale – caratterizzata dalla comparsa di sintomi tipici tra i quali in particolare una forte cefalea – mostra il suo picco, arrivando a colpire fino a 5 milioni di italiani. Non c’è da allarmarsi: la guarigione interviene abitualmente nel giro di una settimana. Ma in forma acuta, la malattia può degenerare in una polmonite grave con conseguenze letali. Queste complicazioni, pur potendosi presentare in qualunque soggetto, sono assai più comuni tra le persone anziane o sofferenti di patologie croniche.
Per questo motivo l’Ue, in linea con le raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità, vuole raggiungere una copertura vaccinica del 75% delle persone anziane entro la stagione invernale 2014/15.
Secondo gli ultimi dati dell’Ocse, il nostro Paese è in linea con la media europea (66,2% delle persone over65 sono state vaccinate nella stagione 2008), anche se i progressi segnati nel primo triennio considerato, sono parzialmente svaniti.
All’indubbio impatto sulla qualità di vita del malato e sulla salute pubblica, una visione politica del fenomeno deve considerare gli effetti economici tra costi diretti (visite mediche, farmaci, ospedalizzazioni) e indiretti (perdita di produttività e assenze dal lavoro). Utilizzando i dati di ricerche condotte su singoli Paesi, la Commissione europea ha stimato che il danno complessivo causato da un’influenza può andare dai 6 ai 27 miliardi di euro per l’Ue considerando, per esempio, che circa il 10% delle assenze dal lavoro sono causate dall’influenza stagionale (un costo che per l’Italia, nel 2006, è stato valutato in 2,86 miliardi di euro). La cifra non è irrilevante, soprattutto se si considerano i (flebili) tassi di crescita di molti Paesi europei, anche perché la copertura vaccinale della popolazione attiva, quella con età inferiore ai 65 anni, è largamente inferiore ai valori sopra indicati.
 
Secondo la Commissione europea, un impegno più forte delle autorità sanitarie, una migliore organizzazione delle campagne di vaccinazione e il rimborso delle spese permetterebbero di aumentare il tasso di copertura.
Nonostante una sostanziale convergenza tra i membri Ocse nei livelli di spesa pubblica per welfare, ciascun Paese differisce nell’allocazione in ciascun ambito, per esempio previdenza, disoccupazione, famiglia e salute. Con riferimento a quest’ultimo, l’Italia si differenzia per una bassa spesa in prevenzione e, in particolare, per le vaccinazioni.
In tempi critici per la finanza pubblica, non è facile potenziare politiche che aumentano oggi la spesa (vaccinazione), per ridurre i costi futuri (una malattia che colpirà con probabilità maggiore di zero ma non con certezza assoluta). Tuttavia, proprio la caratteristica della stagionalità permetterebbe una verifica abbastanza veloce dell’efficacia (per la salute dei cittadini) e, soprattutto, dell’efficienza (per
il sistema economico nel suo complesso e per la finanza pubblica in particolare) di una campagna di vaccinazione più estesa.

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